Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5130 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 24/10/2016, dep.28/02/2017),  n. 5130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18559-2011 proposto da:

V.B., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato ALESSANDRO REALE con studio in PALERMO VIA AMM.

GRAVINA 95 (avviso postale ex art. 135), giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

SERIT SICILIA SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 31/2010 della COMM.TRIB.REG. della SICILIA,

depositata il 19/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/10/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per i controricorrenti l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto per inammissibilità e infondatezza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 31 del 19 maggio 2010 la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado, confermava la legittimità della cartella di pagamento emessa nei confronti di V.B. seguito di controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2001, recante l’iscrizione a ruolo di una maggiore imposta dovuta per disconoscimento del credito IVA portato in detrazione nel predetto anno di imposta, sostenendo che in base al disposto di cui dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 1, non è consentita la detrazione dell’eccedenza del credito IVA oltre l’anno successivo a quello in cui lo stesso è maturato.

Avverso tale statuizione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia intimata con controricorso.

2. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze (ex multis, Cass. n. 19111 del 2016, n. 22992 del 2010, n. 9004 del 2007) che, peraltro, non ha neanche assunto la posizione di parte processuale nel giudizio di appello (Cass. S.U. n. 3118/2006; n. 3116/2006; n. 20781/2016).

In difetto di difese svolte dal Ministero, non occorre disporre sulle spese di lite.

2. Con i tre motivi di ricorso proposti nei confronti dell’Agenzia delle entrate, dedotti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta che la commissione di appello aveva violato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, per non aver considerato che il disconoscimento del credito d’imposta, implicando una valutazione giuridica, doveva essere preceduto da avviso di rettifica (primo motivo), il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, per avere negato la detrazione di un credito “indicato nelle dichiarazioni precedenti” (secondo motivo), nonchè la L. n. 212 del 2000, art. 8 che consente l’estinzione per compensazione di qualsiasi obbligazione tributaria (terzo motivo).

3. Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili perchè la ricorrente ha ivi prospettato questioni mai proposte nei pregressi giudizi di merito, non deducibili per la prima volta in sede di giudizio di legittimità (ex multis, Cass. n. 27143 del 2016). Era onere della contribuente, in ossequio al principio di autosufficienza, riprodurre le parti degli atti dei pregressi giudizi di merito in cui aveva introdotto le questioni sollevate nei due motivi di ricorso per cassazione in esame, peraltro a fronte di una sentenza di appello che nella parte – davvero succinta – dedicata allo svolgimento del processo non riporta i motivi di impugnazione della cartella proposti dalla società contribuente nell’originario ricorso, nè i motivi di impugnazione della sentenza di primo grado diversi da quello che costituisce oggetto del secondo motivo del ricorso qui vagliato.

4. Il secondo motivo è, invece, fondato alla stregua del principio recentemente affermato dalle sezioni unite di questa Corte (n. 13378 del 2016), secondo cui “in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonchè da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54-bis e 60, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”.

4.1. Tale ultima affermazione si pone in contrasto con quella fatta dal giudice di appello nella sentenza gravata, laddove ha sostenuto che la limitazione all’anno successivo posta dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30 alla facoltà di operare la detrazione del credito maturato nel precedente anno di imposta, “implica che la detrazione non può essere operata oltre detto anno”.

4.2. Al riguardo deve osservarsi che le Sezioni Unite di questa Corte, con pronuncia n. 17757 del 2016, coeva a quella sopra citata, risolvendo il contrasto giurisprudenziale in ordine alla necessità del riscontro dichiarativo dell’eccedenza di imposta per poter beneficiare della detrazione della stessa, ha affermato il principio secondo cui la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”.

Nel caso di specie, quindi, non è ostativa alla detrazione dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto la violazione, della disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, rilevata dal giudice di appello, che invece, sulla base degli elementi probatori forniti dal contribuente, avrebbe dovuto accertare, in sequenza, se l’eccedenza risultava da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno, se era stata dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto era sorto (D.P.R. n. 322 del 1998, ex art. 8) ed infine se sussistevano in capo al contribuente le condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione (Cass. Sez. 5, n. 11168 del 2014 e n. 18924 del 2015; conf. Cass. Sez. 6-5, n.17815 del 2015), ovverosia che il contribuente in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. Sez. 5, n. 7576 del 2015). Si tratta di circostanze che restano riservate a quell’accertamento in fatto da parte del giudice di merito (Cass. Sez. 5, n. 5072 del 2015), che è da compiersi con la latitudine suggerita, in tesi generale, dalla stessa Corte di giustizia (v. in causa Reisdorf) (C-85/95).

5. Conclusivamente, quindi, vanno dichiarati inammissibili il primo e terzo motivo di ricorso, va accolto il secondo motivo e conseguentemente cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che rivaluterà la vicenda alla stregua dei principi di diritto sopra enunciati, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, inammissibili il primo e terzo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 24 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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