Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5130 del 16/02/2022

Cassazione civile sez. I, 16/02/2022, (ud. 02/12/2021, dep. 16/02/2022), n.5130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28411/2015 proposto da

BANCA DELLE MARCHE S.P.A., in Amministrazione straordinaria (CF

(OMISSIS)), in persona dei commissari straordinari p.t., rapp.ta e

difesa per procura in calce al ricorso, dagli avv. Antonio

Coaccioli, ed Antonio Rizzo, elettivamente domiciliati presso

quest’ultimo in Roma alla via Toscana n. 10;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, (CF (OMISSIS)), in

persona del curatore p.t., rapp.to e difeso per procura in calce al

controricorso dall’avv. Fabrizio Iacopini, elettivamente domiciliato

presso lo studio dell’avv. Annamaria Santini, in Roma alla v.

Raffaele Caverni n. 6;

– controricorrente –

avverso il decreto del 26 ottobre 2015, del Tribunale di Macerata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 2 dicembre 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto del 26 ottobre 2015 il tribunale di Macerata ammetteva la Banca delle Marche s.p.a. in amministrazione straordinaria al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in chirografo per Euro 199.811,11, oltre interessi.

Osservava il tribunale, per quanto ancora rileva, che la questione dell’erogazione del mutuo fondiario utilizzato un tutto o in parte per l’estinzione di un precedente debito del mutuatario verso il mutuante e conseguente mutamento del credito chirografario in credito ipotecario, ipotesi ricorrente nel caso in esame, non poteva essere risolta né applicando le coordinate in tema di simulazione del contratto, trattandosi di un’operazione realmente voluta dalle parti, né applicando la sanzione della nullità, dovendosi piuttosto prendere in esame l’eccezione di revocabilità della garanzia sollevata dal curatore per la prima volta in sede di opposizione al passivo. Ricorrendo nel caso in esame tutti i presupposti richiesti ai fini della azione revocatoria ordinaria, il credito vantato dalla banca doveva perciò essere ammesso al passivo senza la garanzia ipotecaria richiesta.

Avverso tale decreto la Banca delle Marche s.p.a., in amministrazione straordinaria, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste la curatela fallimentare mediante controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente si osserva che la curatela ha eccepito il difetto di legittimazione della Banca delle Marche s.p.a., evidenziando che, alla data della notifica del ricorso per cassazione (avvenuta il 24.11.2015), era già entrato in vigore (in data 23.11.2015) il D.L. n. 183 del 2015 costitutivo dell’ente c.d. ponte denominato Nuova Banca delle Marche s.p.a.; ciò sulla scorta del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 22.11.2015 che aveva approvato il provvedimento di avvio della risoluzione della Banca delle Marche s.p.a. in a.s., di cui alla deliberazione del 21.11.2015 della Banca d’Italia (che, a sua volta, aveva disposto la cessione di tutti i diritti, le attività e le passività costituenti l’azienda bancaria della Banca delle Marche in a.s. a favore della Nuova Banca delle Marche s.p.a.).

1.1. Tale questione va risolta verificando se, nel caso di specie, si sia verificato un fenomeno estintivo della Banca ricorrente (non più esistente, dunque, al momento dell’introduzione di questo giudizio, con conseguente improcedibilità dello stesso), ovvero un’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, sicché, in tal caso, il processo proseguirebbe tra le parti originarie.

1.2. Il D.L. n. 183 del 2015, pubblicato il 21 novembre 2015, dopo aver costituito alcune c.d. società ponte (tra cui anche la Nuova Banca delle Marche), ha previsto, all’art. 1, comma 2, che “Alle società di cui al comma 1 possono essere trasferiti azioni, partecipazioni, diritti, nonché attività e passività delle banche in risoluzione di cui al comma 1, ai sensi del D.Lgs.16 novembre 2015, n. 180, art. 43”.

1.3. Con provvedimento del giorno precedente (22 novembre 2015), la Banca d’Italia aveva disposto la cessione di tutti i diritti, le attività e le passività costituenti l’azienda bancaria della Banca delle Marche s.p.a. in a.s. in favore della Nuova Banca di Marche, prevedendosi ulteriormente che “L’ente ponte succede, senza soluzione di continuità, all’ente in risoluzione nei diritti, nelle attività e nelle passività ceduti ai sensi del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, art. 43, comma 4”.

1.4. Nessun argomento di carattere testuale autorizza a sostenere che nel caso in esame ci si trovi al cospetto di un fenomeno estintivo: il fatto che l’art. 1, comma 2, faccia riferimento alle banche “in risoluzione” non significa affatto che tali istituti abbiano cessato di esistere solo per effetto di tale disposizione, tanto più che la Banca delle Marche s.p.a, al momento dell’entrata in vigore del suddetto provvedimento, era posta in amministrazione straordinaria e dunque la chiusura di tale procedura avrebbe dovuto seguire le regole dettate dal Titolo IV del T.u.b., non derogato dal richiamato intervento normativo.

1.5. Da queste norme si ricava, semmai, con evidenza come ci si trovi al cospetto di un fenomeno successorio, atteso il chiaro riferimento operato alla “cessione” dei diritti, delle attività e delle passività in favore del nuovo ente costituito; ne consegue che, trattandosi di un’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, intervenuta evidentemente nel corso del processo (cfr. Cass. n. 20856/2019), il processo stesso prosegue fra le parti originarie (art. 111 c.p.c.).

2. Con il primo motivo la Banca ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., art. 66,artt. 2901,2697,2740 c.c. e art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), avendo il giudice di merito omesso di verificare, nella prospettiva dell’eccezione di revocabilità ex art. 2901 c.c. proposta dalla curatela, l’esistenza dell’eventus damni, non essendo stato dimostrato che, al momento della concessione del mutuo ipotecario, vi fossero creditori precedenti, danneggiati dall’atto che si assumeva essere pregiudizievole.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Il tribunale ha, infatti, più volte rimarcato che l’erogazione del finanziamento fondiario, diretto a munire un preesistente credito chirografario in garanzia ipotecaria, poneva l’istituto in condizioni migliori rispetto agli altri creditori e che la situazione della società era già fortemente compromessa a causa dell’elevato indebitamento per le obbligazioni assunte.

2.3. La ricostruzione operata dal ricorrente, basata sul fatto che nessuna documentazione attestava l’esistenza di debiti pregressi, mira dunque inammissibilmente a contrastare un esplicito accertamento di fatto compiuto dal tribunale, oltre ad essere una deduzione del tutto nuova che non risulta in alcun modo trattata nel corso del giudizio di merito.

3. Il secondo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., artt. 66 e 67, artt. 2901,2697,2727,2729 c.c. e art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), nonché l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., n. 5), in quanto – da un lato – il tribunale avrebbe erroneamente confuso i presupposti della revocatoria ordinaria con quelli della revocatoria fallimentare, ponendo l’accento sulla necessità della conoscenza in capo alla banca dello stato di insolvenza del soggetto poi fallito (dovendo, al contrario, servire la più pregnante dimostrazione della conoscenza del pregiudizio per gli altri creditori); dall’altro, il giudice di merito avrebbe errato nel desumere la prova dell’elemento soggettivo dalla qualifica professionale della banca, giungendo alla parimenti errata conclusione che essa non poteva non essere consapevole dello stato di grave difficoltà finanziaria della società nel far fronte agli impegni assunti.

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. Esaminando il decreto impugnato, le conclusioni alle quali è dato pervenire sono esattamente contrarie a quelle proposte dal ricorrente: il tribunale ha, infatti, chiaramente affermato che ai fini dell’azione revocatoria ordinaria “appare del tutto irrilevante che la banca mutuante non fosse consapevole della situazione irreversibile di crisi o di insolvenza” in cui si trovava la società fallita, ” essendo per contro sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo della revocatoria ordinaria che la banca fosse consapevole che la complessa operazione economica realizzata (…) la ponesse in posizione migliore ed avvantaggiata rispetto agli altri creditori”.

3.3. Tale consapevolezza (dell’eventus damni e quindi del pregiudizio arrecato agli altri creditori) è stata, poi, correttamente ricavata dalla circostanza che un soggetto qualificato non poteva ignorare che, al momento della concessione del mutuo, i bilanci rivelavano un forte indebitamento e dunque lasciavano chiaramente trapelare l’esistenza di un ceto creditorio danneggiato dalla trasformazione del finanziamento da chirografario a privilegiato.

3.4. La valorizzazione, da parte del giudice di merito della qualità professionale della banca, ancorata alle emergenze di tali dati dai bilanci, si traduce, del resto, in un legittimo utilizzo di elementi indiziari caratterizzati dagli ordinari requisiti della gravità, precisione e concordanza, in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 c.c.

4. Le considerazioni che precedono impongono, in definitiva, il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022

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