Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5129 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 03/03/2010), n.5129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliate in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROMO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, sez. 15^, n. 126, depositata il 5

giugno 2007.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che l’Agenzia propone ricorso per cassazione, in cinque motivi, avverso la decisione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe, che, in accoglimento dell’appello della società contribuente ed in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto l’illegittimità della cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, notificata alla società contribuente per Irpeg, Iva ed Irap relative all’anno 2000;

– che la società contribuente non si è costituita;

rilevato:

che, nei suoi tratti salienti la decisione impugnata risulta così motivata: “… Si ritiene peraltro fondata la eccezione della mancata legittimazione processuale dell’Ufficio essendo stato firmato l’atto di costituzione anzichè dal Direttore dell’Agenzia, da un funzionario non munito di procura generale e/o speciale, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale richiamato dal contribuente, che ne fa derivare l’inammissibilità della costituzione in giudizio e delle deduzioni svolte, potendo la questione essere rilevata ex officio in ogni stato e grado del giudizio, attenendo ad un presupposto della regolare costituzione del rapporto processuale. Talchè non si può tener conto delle difese svolte dall’Ufficio in 1^ e 2^ grado. Nel merito, …. si ritiene che le numerose censure all’atto impugnato, non espressamente valutate dal primo giudice, ne validamente contraddette dagli atti difensivi non ammissibili, siano tali da inficiarne gravemente la legittimità.

Ciò sia in relazione alla illegittimità del procedimento ex art. 36 bis, in presenza di una complessa situazione contabile che richiedeva un puntuale accertamento che valutasse l’esistenza dei presupposti impositivi e dei pagamenti già effettuati, sia per la mancata comunicazione alla parte ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, che rende nullo l’atto emesso in dispregio di tale adempimento, sia per le numerose irregolarità anche formali dell’atto in questione che determina incertezza e indeterminatezza della pretesa fiscale, inficiando la validità della cartella esattoriale ai fini impositivi”;

– che, tale essendo la motivazione della decisione impugnata, l’Agenzia denunzia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, nonchè nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, in varia prospettiva;

che le doglianze, in quanto strettamente connesse, possono essere congiuntamente esaminate;

osservato:

– che questa Corte ha già affermato il principio che, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2 – attribuendo la rappresentanza processuale dell’Amministrazione all’Ufficio, senza che assuma rilievo determinante chi lo rappresenta – consente di presumere, fino a prova contraria, che l’atto processuale proveniente dall’Ufficio rappresenti ed esprima la volontà di quest’ultimo (v. Cass. 12768/06);

– che, peraltro, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, rende obbligatorio l’interpello del contribuente, nella procedura di liquidazione di tributi in base alla dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, solo in presenza di incertezze, nella specie non evocate nella decisione impugnata;

che, tanto premesso, deve rilevarsi che il convincimento dei giudici del gravame risulta, in ogni caso e per tutti gli aspetti, affermato, nella sentenza impugnata, in termini di assoluta apoditticità, che, privi di qualsiasi riferimento ad elementi di concreto riscontro dell’assunto – ad eccezione di un rinvio meramente adesivo ed acritico, e perciò inidoneo (v. Cass. 2268/06, 24580/05, 11488/04, 2196/03, 18.296/02, 3066/02, 4510/00), alla motivazione della pronunzia del giudice penale (non vincolante in questa sede) – non offrono alcuna possibilità identificare e controllare la ratio decidendi;

considerato:

– che, nei termini sopra evidenziati, il ricorso dell’Agenzia si rivela manifestamente fondato, sicchè va accolto, nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

ritenuto:

– che la decisione impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

PQM

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

 

 

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