Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5128 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. II, 03/03/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 03/03/2011), n.5128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17099/05) proposto da:

C.P. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.

GOBBI Vittorio e domiciliato “ex lege” presso la cancelleria della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DELLA PROVINCIA DI FIRENZE;

– intimato –

Avverso la sentenza del Giudice di pace di Firenze n. 1747/2004,

depositata il 29 aprile 2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’11

gennaio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato presso la cancelleria del giudice di pace di Firenze in data 15 dicembre 2003, C.P. proponeva opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Firenze del 15 ottobre 2003 (e notificata il 15 novembre 2003), con la quale – sulla scorta di apposito verbale di accertamento della polizia municipale di Sesto Fiorentino del 22 aprile 2003 relativo all’accertata violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9 – gli era stata irrogata la sanzione amministrativa di Euro 697,02, oltre spese di notifica. Il suddetto giudice di pace adito, con sentenza n. 1474/2004 (depositata il 29 aprile 2004 e non notificata) accoglieva la formulata opposizione limitatamente all’invocata modificazione della sanzione irrogata, che veniva ridotta nella misura di euro 353,67, rigettandola nel resto, e compensando le spese del giudizio.

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (notificato al Prefetto di Firenze il 14 giugno 2005) il C. P., basato su sette motivi. L’intimato Prefetto non si è costituito in questa fase.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la falsa applicazione dell’art. 204 C.d.S. e della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, e art. 10, comma 1, lett. b, nonchè l’illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (n relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), avuto riguardo alla supposta esplicazione insufficiente della motivazione dell’ordinanza-ingiunzione impugnata.

1.1. Il motivo è infondato e deve, perciò, essere rigettato.

Questa Corte, a Sezioni unite (v. sent. 28 gennaio 2010, n. 1786) ha, sul punto, recentemente statuito che, in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative – emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo della L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 18 – i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto. E’ stato, peraltro, ulteriormente specificato (cfr. Cass. 10 maggio 2010, n. 11280) che il provvedimento con cui la competente P.A., disattendendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’ultimo una sanzione amministrativa è censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza-ingiunzione risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente (o meramente succinta, come nella fattispecie), atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, essendo oggetto dell’opposizione non il provvedimento della P.A., ma il rapporto sanzionatorio ad esso sotteso.

Nel caso di specie, il giudice di pace, nella sentenza in questa sede impugnata, ha dato adeguata contezza con argomentazioni logiche della sufficienza della motivazione addotta dai Prefetto di Firenze, il quale – ancorchè con forme sintetiche ma appropriate ed inequivoche – aveva ritenuto irrilevanti le doglianze relative alla contestazione differita (siccome legittimamente applicabile con riferimento alla violazione contestata) ed affermato la piena idoneità dello strumento di rilevamento elettronico adottato in occasione dello specifico accertamento.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata prospettando, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 (conv., con modif., nella L. n. 168 del 2002), nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti.

In sostanza, con tale motivo il C. lamenta l’illegittimità dell’accertamento eseguito nei suoi confronti (e il vizio di motivazione sul punto) sul presupposto che lo stesso era stato effettuato con strumento di rilevazione elettronica (appartenente al modello autovelox tipo 105 SE) omologato il 14 giugno 2000 (per quanto risultante dal verbale di contestazione), ovvero in data antecedente all’entrata in vigore del cit. D.L. n. 121 del 2002, art. 4 (conv,, con modif., nella L. n. 168 del 2002), che, invece, avrebbe dovuto trovare applicazione nel caso di specie in considerazione dell’epoca di contestazione della violazione (risalente all’aprile 2003).

2.1. Anche questo motivo è infondato e deve, quindi, essere respinto. Osserva, in primo luogo, il collegio che la necessità dell’omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, deve essere riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume – sul piano logico e letterale – dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (v., da ultimo, Cass. 27 ottobre 2010, n. 21983, ord.). Ciò posto, si rileva che il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima – donde tale operatività, una volta omologato il modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura – ma ad un intervallo temporale durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore.

Orbene, alla stregua di tali argomenti, bisogna evidenziare che, nel D.L. n. 121 del 2002, art. 4 (conv., con modif., nella L. n. 168 del 2002), venne ridisciplinata l’attività di accertamento delle violazioni a distanza e con contestazione differita relative alle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148, prescrivendosi che il Prefetto era legittimato ad individuare, con apposita procedura, i tratti stradali presidiati dai relativi strumenti di rilevazione elettronica e sancendosi che, in caso di utilizzazione di tali dispositivi senza la presenza degli agenti preposti, essi avrebbero il dovuto essere approvati od omologati ai sensi dell’art. 45 C.d.S., comma 6. Da ciò si ricava che, in presenza di apposita autorizzazione od omologazione intervenute ai sensi della citata norma del codice della strada, gli apparecchi di rilevazione automatica si sarebbero dovuti considerare idonei all’accertamento delle violazioni in materia di velocità stradale, ancorchè accertate successivamente all’entrata in vigore del menzionato D.L. n. 121 del 2002, come convertito nella L. n. 168 del 2002, almeno fino a quando non fosse stato necessario sottoporre l’apparecchio ad una nuova verifica di funzionalità e ad una successiva omologazione.

Nella fattispecie, nella sentenza impugnata viene dato correttamente conto che il Prefetto aveva attestato la piena idoneità della strumentazione impiegata, ragion per cui non si sarebbero potute ritenere fondate le lamentele dell’opponente sulla supposta carenza di funzionalità dello strumento di rilevazione elettronica per assunta mancanza di nuova omologazione, essendo, peraltro, rimasto accertato (v. pag. 14 della sentenza impugnata) che, in effetti, l’autovelox adoperato per l’accertamento nel caso specifico aveva ricevuto un’approvazione del Ministero dei LL.PP. in data 5 febbraio 2003 (come poteva evincersi dalle deduzioni tecniche e dagli allegati versati in atti dalla Polizia municipale del Comune di Sesto Fiorentino). In proposito, è opportuno ricordare (v., sul punto, ancora Cass. 27 ottobre 2010, n. 21983, che richiama Cass. 15 dicembre 2008, n. 29333) che, in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada (art. 142, comma 6) nè il regolamento di esecuzione (di cui al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo o costante durante l’uso, giacchè, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ai sensi dell’art. 142 C.d.S..

Inoltre, si deve porre in risalto come – secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 25 giugno 2008, n. 17361) – in tema di sanzioni amministrative conseguenti alla violazione dei limiti di velocità previsti dall’art. 142 C.d.S., il legislatore non ha adottato, in relazione alle apparecchiature di controllo automatico (c.d. “autovelox”) in dotazione alle Forze di polizia, nessuna disposizione che commini la decadenza delle omologazioni rilasciate; ne consegue che, nel giudizio di opposizione alla relativa sanzione amministrativa, non sussiste alcun ulteriore onere probatorio, a carico dell’Amministrazione, relativo alla perdurante funzionalità delle predette apparecchiature.

3. Con il terzo motivo lo stesso ricorrente ha impugnato la sentenza in questione per falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 (conv., con modif., nella L. n. 168 del 2002), della L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E, con conseguente violazione degli artt. 200 e 201 C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

3.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento. Con tale doglianza, il ricorrente ha, in effetti, censurato la sentenza del giudice di pace sulla base del mancato rilievo del supposto eccesso di potere ascrivibile al Prefetto di Firenze nella classificazione come extraurbana (anzichè urbana) della strada sulla quale era stato effettuato l’accertamento della violazione di cui all’art. 142 C.d.S., comma 9.

Al riguardo il collegio pone in risalto che, in questa materia, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 30 ottobre 2007, n. 22894, e, da ultimo, Cass. 22 febbraio 2010, n. 4242) l’assunto secondo cui, in materia di circolazione stradale, il D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4 (convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2002, n. 168) nel demandare al prefetto l’individuazione delle strade (o di singoli tratti di esse), diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni, senza che venga recato pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico od all’incolumità degli agenti operanti o dei soggetti controllati, subordina tale provvedimento a una pluralità di valutazioni non solo strettamente tecniche, ma anche ampiamente discrezionali, che, in quanto attinenti al merito dell’attività amministrativa, non sono suscettibili di sindacato da parte dell’autorità giudiziaria, ordinaria od amministrativa, il cui potere di valutazione, ai fini della disapplicazione per l’una o l’annullamento per l’altra, è limitato all’accertamento dei soli vizi di legittimità dell’atto (che, nella specie, il giudice di pace ha ritenuto, con congrua motivazione, insussistenti, dovendosi far valere, eventualmente, il dedotto vizio di merito dell’eccesso di potere dinanzi all’autorità giurisdizionale amministrativa).

4. Con il quarto motivo il ricorrente la prospettato la falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 (conv., con modif., nella L. n. 168 del 2002), della L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E, con conseguente violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

4.1. Anche questo motivo si prospetta infondato e deve, perciò, essere respinto. Con la riportata doglianza, il ricorrente afferma, in sostanza, che per la legittimità dell’accertamento sarebbe stato necessario, in relazione alle modalità indicate dal citato D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 3 (conv., con modif., nella L. n. 168 del 2002), che l’apparecchio utilizzato fosse stato in grado di sviluppare due fotografie riferibili a due distinti momenti, con disapplicazione del decreto n. 1122 del 16 maggio 2005 del Direttore Generale della Motorizzazione che (quand’anche si fosse voluto ritenere applicabile retroattivamente) doveva considerarsi illegittimo nella parte in cui aveva approvato l’utilizzo dell’autovelox 105 SE in modalità automatica ed a prescindere dal rispetto, da parte della Polizia municipale, delle cautele e modalità di impiego indicate nel verbale di accertamento.

Rileva il collegio che, in merito al motivo in questione, non sussiste, innanzitutto, il dedotto vizio di motivazione, avendo il giudice di pace sufficientemente spiegato che, nel caso di specie, era stato verificato che lo strumento utilizzato era dotato di apposito sistema di autocontrollo interno tale da scartare automaticamente – in ipotesi di rilievo di una qualsiasi causa di imprecisione – la relativa lettura; inoltre, nella motivazione della sentenza impugnata, risulta univocamente attestato che lo stesso strumento utilizzato per il rilievo della specifica violazione non produceva una singola fotografia, bensì due immagini che consentivano di individuare senza incertezze il veicolo mediante il quale era stata commessa l’infrazione (con l’osservanza, quindi, di una modalità rispettosa dell’esigenza individuata dalla predetta norma del D.L. n. 121 del 2002, conv., con modif., nella L. n. 168 del 2002).

5. Con il quinto motivo il ricorrente la dedotto la falsa applicazione della L. n. 273 del 1991, nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) in ordine alla rilevata idonea taratura dell’apparecchio utilizzato per la misurazione elettronica della velocità.

5.1. Anche questo ulteriore motivo è privo di pregio e deve, conseguentemente, essere rigettato.

Oltre alla sufficiente attestazione che, nel caso considerato, il giudice ha compiuto, sulla scorta degli elementi emersi dall’istruttoria, in ordine alla rilevazione che l’apparecchio in questione era stato regolarmente e periodicamente controllato nel suo corretto funzionamento (spettando al ricorrente dimostrare, eventualmente, l’emergenza di prove contrarie), bisogna sottolineare che, con riferimento all’aspetto della taratura, questa Corte (cfr.

Cass. 21 giugno 2007, n. 14566; Cass. 19 novembre 2007, n. 23978, e, di recente, Cass. 24 aprile 2010, n. 9846) ha statuito che la richiamata L. n. 273 del 1991 (istitutiva del sistema nazionale di taratura) è inapplicabile alle apparecchiature elettroniche di controllo della velocità, attenendo ad una materia diversa, ovvero a quella metrologica, con attribuzione della relativa competenza ad autorità amministrative diverse (rispetto a quelle deputate al controllo degli autovelox). Ancor più incisivamente un’ulteriore condivisibile pronuncia di questa Corte (v. Cass. 15 dicembre 2008, n. 29333) ha rilevato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, prospettata con riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., relativa all’art. 45 C.d.S., comma 6, D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 3 (conv. in L. n. 168 del 2002), art. 142 C.d.S., comma 6, e art. 345 reg. C.d.S., nella parte in cui non prevedono, per gli strumenti elettronici di misurazione dei limiti di velocità nella circolazione stradale, l’adozione dei sistemi di controllo, preventivi e periodici, previsti dalle relative normative (soprattutto dalla L. n. 273 del 1991), per tutti gli altri sistemi di misurazione (pesi, misure, età). Si è ritenuto, al riguardo, che non vi è, infatti, alcuna violazione dell’art. 3 Cost., in quanto l’esistenza di evidenti difformità nei fini e negli oggetti delle discipline prese in considerazione impediscono di istituire un corretto raffronto fra le normative medesime, da cui poter desumere una disparità di trattamento rilevante ai fini della conformità alla norma costituzionale. Inoltre, la previsione, nel sistema normativo, di complessi sistemi di controllo – preventivi, in corso di utilizzazione e successivi – dei misuratori della velocità delle autovetture garantisce pienamente il cittadino, assoggettato all’accertamento, dalle possibili disfunzioni delle apparecchiature medesime ed esclude, quindi, ogni possibile lesione al diritto di difesa dei cittadini (art. 24 Cost.) ed alla legittimità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost), non esistendo norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocità dei veicoli e di pertinenti apparecchiature.

6. Con il sesto motivo il ricorrente ha assunto la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 8, 9 e 10, dell’art. 385 reg. att. C.d.S., comma 3, nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), con specifico riferimento alla reiezione della censura dedotta in primo grado con riferimento alla nullità dell’atto di contestazione, dovuta alla sua omessa sottoscrizione ovvero alla mancanza di conformità all’originale, sul presupposto che, nel caso specifico, la Polizia municipale aveva osservato tutte le prescrizioni del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3.

6.1. Anche questo ulteriore motivo non coglie nel segno e deve, quindi, essere respinto.

Infatti, con la sentenza impugnata il giudice di pace, ha adeguatamente motivato sull’avvenuto riscontro che il verbale di contestazione originale era debitamente sottoscritto dall’agente che aveva proceduto all’accertamento dell’infrazione e al ricorrente era stato inviato il modello fornito dal centro meccanizzato, con indicazione nel corpo dello stesso del numero di matricola di colui che aveva effettuato l’accertamento e del nome del responsabile del procedimento di immissione dei dati, con conseguente conformazione dell’atto di contestazione notificato alle prescrizioni imposte dal citato D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, risultando, in ogni caso, dimostrata, in modo non equivoco, la provenienza dell’atto dall’ufficio competente.

Pronunciandosi in tal senso, il giudice di pace si è uniformato al principio, ormai consolidato, affermato da questa Corte (v., tra le tante, Cass. 6 marzo 1999, n. 1923; Cass. 14 settembre 2006, n. 19780; Cass. 12 ottobre 2006, n. 21918, e, da ultimo, Cass. 7 aprile 2010, n. 8269), secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative, inflitte per violazioni del codice della strada, la notifica del verbale di accertamento privo della sottoscrizione autografa degli accertatori deve ritenersi legittima se il verbale risulta redatto con sistema meccanizzato o di elaborazione dati, come previsto dall’art. 383 reg. att. C.d.S., comma 4, e art. 385 reg. att. C.d.S., commi 3 e 4, e dal D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, comma 2, alla stregua del quale, nella redazione di atti amministrativi, la firma autografa è sostituita, a tutti gli effetti, dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile dell’atto (che può coincidere anche con il verbalizzante). Tale indicazione consente di affermare la sicura attribuibilità dell’atto al soggetto che, secondo le norme positive, deve esserne l’autore.

7. Con il settimo ed ultimo motivo i ricorrente ha censurato l’impugnata sentenza per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 8, 9, 10 e 14, degli artt. 148 e 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, artt. 2 e 3, nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

7.1. Anche questo ennesimo motivo è da ritenersi infondato con il suo conseguente rigetto.

Pure con riferimento a tale doglianza il giudice di pace di Firenze, nella motivazione della sentenza impugnata, ha dato sufficientemente conto dell’accertata ritualità della notificazione del verbale a mezzo del servizio postale che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – risultava contenere i dati previsti dalla notifica ed era stato inviato dall’ufficio postale di Rimini, al quale era stato trasmetto idoneamente mediante via telematica. Del resto, il ricorrente, al di là della supposta irregolarità dell’eseguita notificazione, ha dimostrato, con la formulazione del tempestivo ricorso in sede amministrativa dinanzi al competente Prefetto di Firenze, di aver, comunque, avuto idonea conoscenza del verbale impugnato, con la verificazione dell’effetto del raggiungimento dello scopo della sua notificazione e la conseguente sanatoria di ogni vizio da cui fosse eventualmente inficiata.

Solo per completezza si segnala (v. Cass. 15 settembre 2008, n. 23588) che, in tema di infrazioni al codice della strada, alla notifica del verbale di accertamento eseguita da un appartenente alla polizia municipale, ai sensi dell’art. 201 C.d.S., comma 3, non si applicano le prescrizioni previste dal D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107, che prevedono limiti di competenza territoriale, riferibili ai soli ufficiali giudiziari e non estensibili agli altri pubblici ufficiali che, volta per volta, la legge autorizza ad eseguire notificazioni, perchè la loro competenza è disciplinata dall’ordinamento che li riguarda o dalle norme che li abilitano alla notifica, con la conseguenza che deve escludersi la nullità della notifica effettuata a mezzo posta da un appartenente alla polizia municipale, solo perchè eseguita mediante la spedizione del plico da un ufficio postale ubicato in un comune diverso da quello cui appartiene l’organo notificatore.

8. In definitiva, il ricorso proposto nell’interesse di C. P. deve essere integralmente rigettato. In virtù della mancata costituzione dell’intimato Prefetto consegue il non luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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