Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5127 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 24/10/2016, dep.28/02/2017),  n. 5127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6296-2011 proposto da:

EURODISTILLATI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2/2010 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 20/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/10/2016 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI LUCIO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI GIOIA che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’inammissibilità e l’infondatezza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 2 del 20 gennaio 2010 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dalla Eurodistillati avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla predetta società contribuente avverso l’avviso di accertamento ai fini IRPEG, IRAP ed IVA in relazione all’anno di imposta 1999. annullando la ripresa a tassazione di componenti positivi di reddito (ovvero. per omessa dichiarazione di ricavi per 1.697.776.313 delle vecchie Lire), ma confermando quella dei componenti negativi (nella specie, per costi non di competenza, non inerenti e per ammortamenti indeducibili), sostenendo che dalle scritture contabili della società contribuente risultava che gli acquisti risalivano al 1993, mentre le quote di ammortamento portate in deduzione si riferivano a beni non annotati sui registri dei beni ammortizzabili.

La società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui replica l’intimata.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, ante riforma del 2004 (ora art. 109 TUIR), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è inammissibile perchè viene censurata come violazione di legge quella che è. all’evidenza. vizio di motivazione. lamentando che la CTR era incorsa nell’erronea valutazione degli elementi dimostrativi dell’epoca in cui si era verificato l’effetto traslativo della merce. piuttosto che nell’erronea applicazione della disposizione censurata.

E’ noto il principio giurisprudenziale, costantemente ribadito da questa Corte, secondo cui “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è. invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione” (Cass. n. 195 del 2016: id. n. 26110 del 2015) ed è altrettanto noto che costituisce causa di inammissibilità del ricorso per cassazione l’erronea sussunzione del vizio, che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, nell’una o nell’altra fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 21165 del 2013; conf. n. 1615 del 2015).

2. Con il secondo motivo deduce la medesima questione posta nel primo mezzo di impugnazione ma sotto il profilo del vizio logico di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che la CTR non aveva tenuto conto “di tutti i numerosi elementi addotti dalla Eurodistillati con l’atto di appello”.

2.1. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che ha codificato il principio di autosufficienza del ricorso (Cass. n. 14784 del 2015, n. 26489, n. 19306 e n. 14541 del 2014). avendo la ricorrente omesso di indicare specificamente gli elementi cui ha fatto ferimento nel mezzo di impugnazione in esame, ovvero di indicare, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, “gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura, oppure attraverso una riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (cfr. Cass. n. 1142 del 2014).

3. Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 16 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, ante riforma del 2004 (ora art. 109 TUIR). sostenendo che aveva errato la CTR nel disconoscere la deduzione della quota di ammortamento dei beni per la mancata annotazione dei registri dei cespiti ammortizzabili, da effettuarsi, ai sensi del citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16, entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, atteso che al momento della verifica della G.d.F., iniziata in data 14 settembre 2000, non era ancora scaduto il termine per la presentazione della relativa dichiarazione e, quindi, era ancora possibile effettuare quell’annotazione.

3.1. Il motivo è infondato in quanto la CTR ha fatto corretta applicazione delle predette disposizioni, peraltro nel senso prospettato dal ricorrente nel motivo di ricorso, ma ha accertato che la società contribuente non aveva annotato i cespiti ammortizzabili nel relativo registro “entro la data di presentazione della dichiarazione” e che ciò risultava “certificato dal P.V. della Guardia di Finanza in atti”.

4. Con il quarto motivo deduce la medesima doglianza posta nel terzo mezzo di impugnazione ma sotto il profilo del vizio logico di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che la CTR non aveva tenuto conto “delle analitiche deduzioni inerenti il fatto che alla data della verifica era ancora possibile effettuare le annotazioni sul registro dei cespiti ammortizzabili”.

4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza. in quanto la ricorrente anche in questo caso, così come rilevato in relazione al secondo mezzo di impugnazione, ha trascurato di indicare specificamente la sede in cui ha formulato quelle “analitiche deduzioni” e di riprodurne il contenuto nel ricorso, non essendo all’uopo sufficiente la circostanza che l’accesso della G.d.F. sia iniziato il 14 settembre 2000. e cioè antecedentemente la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. posto che nel controricorso l’Agenzia delle entrate ha dato atto che il processo verbale di constatazione è stato redatto il successivo 18 dicembre 2000 e cioè quando quel termine era ormai decorso.

5. Conclusivamente, quindi. il ricorso va rigettato in quanto il primo e terzo motivo sono infondati ed il secondo e quarto sono inammissibili.

6. In applicazione del principio della soccombenza la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. Giustizia n. 55 del 2014 e al rimborso in favore dell’Agenzia delle entrate delle eventuali spese prenotate a debito.

PQM

La Corte dichiara infondato il terzo motivo di ricorso, inammissibili il primo, il secondo ed il quarto e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in 7.300.00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5^ sezione civile, il 24 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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