Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5126 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 25/02/2021), n.5126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21817-2019 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUIGI PICCINNO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 353/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 22/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Lecce confermava la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto la domanda avanzata da Ivan Sport s.r.l. nei confronti dell’Inps (cui era subentrato nel processo, a seguito di cancellazione della società dal registro delle imprese, il socio C.D.), dichiarando parzialmente prescritto il credito azionato dall’Inps per il pagamento dei contributi previsti dalla L. n. 233 del 1991, art. 5 comma 4, in relazione a procedure di mobilità;

con l’appello principale l’Inps aveva rilevato l’erroneità della statuizione nella parte in cui il primo giudice aveva ritenuto applicabile il termine quinquennale di prescrizione, dovendosi ritenere applicabile quello decennale, mentre C.D., oltre a difendersi, aveva proposto appello incidentale chiedendo la riforma della sentenza in relazione alla condanna al pagamento della residua somma richiesta a titolo di contributi, in ragione dell’intervenuta prescrizione, e, in subordine, la riforma della sentenza nella parte in cui non era stato riconosciuto il pagamento dei contributi al 50%, come previsto da intercorsi accordi sindacali;

a fondamento della decisione la Corte territoriale rilevava, quanto all’appello incidentale, che l’eccezione relativa al pagamento della metà della contribuzione ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 4, perchè oggetto di accordi sindacali, era stata proposta tardivamente in appello;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.D. sulla base di tre motivi;

l’Inps ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente deduce omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 4, osservando che la corte territoriale, omettendo di valutare le prove documentali (era stata depositata la documentazione giustificativa della richiesta di sgravio al 50% dei contributi a titolo di indennità di mobilità e, in particolare, l’accordo sindacale 23 dicembre 2006), aveva dichiarato inammissibile perchè tardivamente proposta in appello l’eccezione di riduzione dell’importo dovuto ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 4, rilevando, altresi, che la motivazione era contraddittoria e illogica;

deduce, inoltre, omesso esame di un fatto decisivo, consistente nel suddetto accordo sindacale, non avendo la Corte territoriale preso in considerazione la documentazione prodotta al riguardo dalla società;

lamenta, infine, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., perchè la Corte non aveva tenuto conto della contestazione relativa alla presenza di errori di calcolo delle somme asseritamente dovute a titolo di indennità di mobilità, rigettando senza adeguata motivazione la richiesta di ammissione di consulenza tecnica formulata in appello;

il primo motivo è inammissibile, sia perchè, in difetto del rispetto dell’onere di autosufficienza, non localizza adeguatamente i documenti che assume essere stati trascurati, sì da dimostrarne la tempestiva produzione, sia perchè non coglie, omettendo di censurarla, la ratio decidendi sottesa alla decisione, costituita dall’affermazione secondo la quale l’eccezione relativa alla riduzione dell’importo dovuto dal datore di lavoro ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 4, è stata formulata per la prima volta in sede di appello incidentale, non essendo contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio, nè assumendo valore a tali fini il mero richiamo alle disposizioni della L. n. 223 del 1991, mentre, in relazione ai profili di censura attinenti alla motivazione, gli stessi sono inammissibili perchè già nella loro formulazione esorbitano dai parametri fissati dall’art. 360, n. 5, novellato, nell’interpretazione offerta da Cass. 8053/2014, ravvisandosi un iter motivazionale idoneo a rendere comprensibile la ratio decidendi;

il rilevato difetto di autosufficienza inficia anche il secondo motivo di censura, mentre il terzo motivo è privo dell’allegazione in ordine a tempi, modi e contenuti dell’avvenuta proposizione della richiesta di consulenza tecnica in appello, indispensabile ai fini della valutazione della doglianza;

sulla base delle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono

liquidate come dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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