Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5125 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 03/03/2010), n.5125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINIO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO

34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASTORELLI ERNESTO,

giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1971/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/01/2006 r.g.n. 1207/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato ROMANELLI GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Torino – riformando la decisione del Tribunale di Aosta che aveva respinto nel merito la domanda di G.G., collocato in pensione presso il Fondo di previdenza del personale di volo (cd.

fondo volo), intesa ad ottenere la rideterminazione della quota di pensione in capitale, ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34, mediante applicazione del coefficiente previsto dal D.M. 19 febbraio 1981, anzichè di quello applicato dall’INPS – riteneva la decadenza dall’azione giudiziale, così come eccepita dall’INPS mediante appello incidentale.

Rilevava la Corte territoriale che la decadenza opera anche per la domanda diretta alla rideterminazione della prestazione pensionistica e per il suo decorso è irrilevante la presentazione di un ricorso amministrativo dopo la scadenza dei termini previsti per l’esaurimento del procedimento.

2. Di questa sentenza il pensionato domanda la cassazione deducendo tre motivi di impugnazione, illustrati con memoria. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i tre motivi di ricorso si censura la sentenza impugnata denunciandosi vizi di procedimento e violazione delle norme sulla decadenza dall’azione in giudizio e si sostiene che la decadenza era stata eccepita con appello incidentale tardivamente notificato, e perciò inammissibile, e, comunque, in virtù della disciplina prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, la stessa decadenza non poteva operare, in ragione del contenuto della domanda proposta, riguardante non la prestazione in sè, ma la sua esatta determinazione, e in mancanza della avvenuta indicazione – nel provvedimento di reiezione della domanda amministrativa – dei termini e delle modalità di opposizione, che aveva comportato la presentazione, da parte del pensionato, di un ricorso amministrativo tardivo.

1.1. Tali motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti delle seguenti considerazioni.

1.2. Nella specie trova applicazione il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – che ha disciplinato ex uovo tutta la materia della decadenza dall’azione giudiziale in materia di prestazioni previdenziali. La decadenza, ivi prevista, può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in ragione della sua piena compatibilità con il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr. Cass., sez. un., n. 26019 del 2008): al riguardo, si osserva che il ricorrente, nella relativa censura di ordine processuale circa l’inammissibilità dell’eccezione di decadenza, non deduce specificamente l’esistenza dell’onere dell’Istituto di proporre appello incidentale in presenza di un esplicito rigetto della pregiudiziale eccezione di decadenza (cfr. Cass., sez. un., n. 6324 del 2009, e altre conf.), limitandosi a rilevare l’improcedibilità dell’appello incidentale per inosservanza del termine di notifica, con una censura che si rivela perciò inammissibile stante la predetta rilevabilità d’ufficio della decadenza in assenza di statuizione espressa.

1.3. La decadenza opera anche in mancanza della avvenuta indicazione – nel provvedimento di reiezione della domanda – dei mezzi di gravame e dei relativi termini, e il suo decorso non è interrotto dalla proposizione di un ricorso amministrativo tardivo (cfr. Cass., sez. un., n. 12718 del 2009).

1.4. Nondimeno, in relazione alla domanda proposta nella controversia qui in esame la decadenza non può operare. Infatti, come le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nella giurisprudenza di legittimità, la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, art. 47, non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale (cfr. Cass., sez. un., n. 12720 del 2009). Tale principio torna applicabile nella specie, essendosi accertato nel giudizio di merito che il ricorrente aveva chiesto in via amministrativa la capitalizzazione di una quota di pensione ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34 e che l’Istituto, nel provvedere sulla domanda, aveva liquidato la prestazione in misura inferiore a quella richiesta, applicando coefficienti di capitalizzazione diversi da quelli pretesi dall’interessato; ne consegue che ai fini della proposizione della domanda giudiziale intesa al riconoscimento del diritto alla riliquidazione della prestazione non poteva operare la decadenza, che riguarda solo la domanda di prestazione previdenziale, e non già il suo adeguamento.

2. Va perciò cassata la sentenza impugnata, che ha erroneamente applicato la decadenza alla domanda di riliquidazione proposta; e la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, perchè provveda alla definizione della controversia attenendosi al principio sopra enunciato.

3. Lo stesso giudice di rinvio provvederà sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

 

 

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