Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5123 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. II, 03/03/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 03/03/2011), n.5123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17485/2005 proposto da:

ZOOTECNICA GROUP SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, R.R. anche in proprio e R.F. in

proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo

studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, rappresentati e

difesi dall’avvocato VALMORI Giovanni;

– ricorrenti –

contro

ASL PAVIA, in persona del Direttore pro tempore Dott. D.M.

S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOTERA 29, presso

lo studio dell’avvocato ALLOCCA Giorgio, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CAZZOLA CLELIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 337/2004 del TRIBUNALE di VOGHERA, depositata

il 06/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/01/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato ROMANELLI Guido Francesco con delega depositata in

udienza dell’Avvocato VALMORI Giovanni, difensore dei ricorrenti che

ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ALLOCCA Giorgio, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 24/10/2001 il NAS di Cremona elevava verbale di contestazione della violazione del D.Lgs. n. 119 del 1992, art. 3, comma 1 a carico di Zootecnica Group S.p.A. (d’ora innanzi semplicemente Zootecnica) nonchè degli obbligati in solido Dr. R.R. quale Presidente del Consiglio di amministrazione e Dr. R.F. quale Consigliere delegato.

Ai predetti era contestato di avere commercializzato, tramite il dipendente M., medicinali veterinari non autorizzati all’immissione in commercio.

La ASL di Pavia, sentiti gli interessati e ritenute infondate le loro difese, emetteva ordinanza ingiunzione applicando la sanzione di Euro 30.996.33.

Con distinti ricorsi depositati il 20/11/2003 i predetti chiedevano al Tribunale di Voghera l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione.

Si costituiva l’ASL di Pavia chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale, con sentenza 6/7/2004, rigettava l’opposizione e compensava la spese di lite.

Osservava il Tribunale (per quanto rileva in questa sede):

– che agli opponenti era stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 119 del 1992, della prescrizione di cui all’art. 3, comma 1 per la quale “nessun medicinale veterinario può essere immesso in commercio senza aver ottenuto una autorizzazione dal Ministero della sanità oppure dalla Commissione europea a norma del Regolamento (CEE) 2309/93”;

– che erano tenuti all’osservanza di tale prescrizione sia il farmacista sia l’impresa di deposito e di commercio all’ingrosso (quale era la Zootecnica);

– che la prova che i medicinali non autorizzati fossero commercializzati proprio dalla Zootecnica si ricavava dal fatto che erano trasportati da un dipendente dell’azienda e con il furgone di proprietà della stessa azienda, già contravvenzionata, in precedenza, per analoga violazione;

– che i due testi S. e M., i quali avevano riferito di un favore personale fatto dal M. al S. (al quale sarebbe rimasta estranea l’azienda) non erano credibili perchè la dichiarazione “liberatoria” non comportava un aggravio delle loro responsabilità in quanto già incolpati per lo stesso fatto e perchè non si comprendeva per quale motivo l’agente di commercio S. avrebbe dovuto chiedere proprio al M. prodotti vietati, quando il normale canale di approvvigionamento era la Zootecnica; inoltre il M., richiesto dal giudice di indicare dove avesse acquistato le confezioni, non aveva dato risposta;

che, quanto alla richiesta di riduzione della sanzione, i numerosi precedenti specifici dei R. non autorizzavano l’applicazione di una sanzione di lieve entità; peraltro osservava anche che la sanzione era stata applicata nel minimo.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso gli opponenti, in forza di tre motivi; resiste con controricorso l’ASL di Pavia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre premettere che nel ricorso, nella parte di diritto, vengono articolati 4 punti, ma il primo punto contiene una mera elencazione di norme senza indicazione dei motivi per i quali sarebbero violate, salvo il precedente riferimento ad una eccezione di incompetenza territoriale sulla quale aveva già correttamente deciso il giudice del merito osservando che la competenza era radicata presso il giudice del luogo in cui la violazione era stata commessa, ossia Verrua Po che ricade, appunto nell’ambito della competenza territoriale del Tribunale di Voghera.

1. Con il primo motivo (al punto indicato con il n. 2 della parte di diritto del ricorso) i ricorrenti denunciano l’omesso o inadeguato esame delle risultanze istruttorie e una motivazione apodittica circa il ritenuto coinvolgimento della Zootecnica Group S.p.A. nella condotta contestata.

Il motivo è del tutto infondato perchè il giudice ha ampiamente e adeguatamente motivato il suo convincimento rilevando che i medicinali non autorizzati viaggiavano su un veicolo della società ingiunta, condotto da un suo dipendente ( M.) e che la deposizione di quest’ultimo, favorevole al suo datore di lavoro, non gli avrebbe comportato alcun pregiudizio perchè già incolpato per quel fatto (in altre parole, il giudice correttamente rileva che il M. scagionava il suo datore di lavoro senza costi personali aggiuntivi).

Nè vale opporre che il giudice avrebbe inserito, nell’apparato motivazionale, una circostanza (il fatto che il M., richiesto di dire dove avesse comprato i medicinali, non avrebbe risposto) smentita dalla testimonianza dello stesso teste il quale, invece, avrebbe detto di averli comprati in Svizzera: l’assoluta genericità della risposta, che esclude in modo assoluto ogni possibilità di verifica, equivale effettivamente a mancata risposta.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che il giudice avrebbe erroneamente ritenuto applicabile all’impresa di deposito la prescrizione (che si assume violata) del D.Lgs. n. 119 del 1992, art. 3, comma 1, che, invece, sarebbe applicabile esclusivamente ai fabbricanti di medicinali.

Anche questo motivo è totalmente destituito di fondamento perchè l’art. 3, comma 1 vieta l’immissione in commercio di medicinali non autorizzati all’immissione in commercio e non richiede una particolare qualità dell’autore della condotta vietata; ciò è confermato dal successivo art. 4, comma 1 laddove stabilisce che “Per ottenere il rilascio della autorizzazione alla commercializzazione, da parte del Ministero della sanità, il responsabile dell’immissione in commercio, che deve essere stabilito nel territorio comunitario, è tenuto a presentare al Ministero stesso domanda corredata con le informazioni ed i documenti seguenti:

a) nome o ragione sociale e domicilio o sede sociale propri e del fabbricante o dei fabbricanti interessati nonchè le località nelle quali ha luogo l’attività produttiva…”.

La norma, dunque, distingue il fabbricante dal responsabile dell’immissione in commercio il quale, appunto, commette la violazione dell’art. 3, comma 1 se immette in commercio medicinali non autorizzati. L’art. 3, comma 1 è inserito nel capo 2^ (intitolato “Autorizzazioni alla immissione in commercio.

Somministrazione”) del D.Lgs. n. 119 del 1992, che disciplina le autorizzazioni all’immissione in commercio e la somministrazione, mentre solo nel capo 3^ (intitolato “Fabbricazione dei medicinali veterinari. Importazione ed esportazione dei medicinali veterinari”) è contenuta una disciplina specifica per i fabbricanti.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano che il giudice avrebbe respinto la richiesta di riduzione della sanzione sull’erroneo presupposto che la sanzione sarebbe stata già irrogata nel minimo.

Dall’esame della motivazione si evince, invece, che il giudice dapprima osserva che è stata irrogata la sanzione di Euro 30.986,00 (aggiungendo la frase, errata, “pari al minimo della pena”) e poi così motiva: “comunque i numerosi precedenti specifici dei R. non avrebbero certo autorizzato l’applicazione di una sanzione di lieve entità”.

Deve ritenersi che la frase “pari al minimo della sanzione prevista” sia un semplice refuso che, all’evidenza, non appartiene all’apparato motivazionale perchè, se vi appartenesse, non vi sarebbe stata alcuna necessità di spiegare che i numerosi precedenti specifici dei R. non avrebbero autorizzato l’applicazione di una sanzione di lieve entità: la circostanza che la sanzione fosse stata applicata nel minimo avrebbe escluso la necessità di qualsiasi altra motivazione; la motivazione, invece, è stata data e sono stati considerati i numerosi precedenti specifici come impeditivi dell’applicazione di una sanzione di lieve entità, con implicito riconoscimento che la sanzione applicata non era lieve, ma giusta per il suddetto motivo.

Pertanto non sussiste il denunciato vizio di erronea quantificazione della sanzione.

In conclusione, il ricorso deve essere integralmente rigettato con la condanna dei ricorrenti a pagare all’Azienda Sanitaria Locale di Pavia le spese del giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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