Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5122 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. III, 26/02/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16405-2018 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE

49, presso lo studio dell’avvocato SVEVA BERNARDINI, rappresentato e

difese dall’avvocato PIETRO VILLARI;

– ricorrente –

e contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, L.R.E., WINTHERTHUR

ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 942/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 27/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

P.P. convenne in giudizio L.R.E. e la sua assicuratrice Unipol-Sai Assicurazioni s.p.a. per sentirli condannare al risarcimento dei danni conseguiti ad un sinistro stradale avvenuto in Firenze, in data 10.8.2000, allorquando, mentre si trovava alla guida del proprio motociclo, era stato investito da altro motoveicolo di proprietà del L.R. che, procedendo nell’opposta direzione di marcia, aveva oltrepassato la linea di mezzeria;

il L.R. resistette e propose domanda riconvenzionale per il risarcimento di danni alla persona e al veicolo;

il Tribunale di Firenze accertò l’esclusiva responsabilità del L.R. e lo condannò, in solido con la Fondiaria Sai Assicurazioni, al risarcimento dei danni non patrimoniali (liquidati in complessivi Euro 241.568,91, in moneta attuale, oltre interessi al tasso legale sul detto importo devalutato al 10.8.2000 e rivalutato anno per anno) e dei danni patrimoniali, liquidati in Euro 2.044,00 a titolo di danno emergente e in Euro 162.735,10 (oltre rivalutazione monetaria dal 31.12.2010 alla data della pubblicazione della sentenza) a titolo di lucro cessante;

pronunciando sul gravame del P., la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado;

ha proposto ricorso per cassazione P.P., affidandosi a cinque motivi; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 1219 c.c. in relazione alla liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante: dato atto che la sentenza impugnata ha affermato che era “in re ipsa il diritto alla corresponsione” degli accessori del credito, il ricorrente assume che la Corte ha travisato il motivo di appello con cui il P. “lamentava la falsa applicazione dell’art. 1219 c.c. per avere il Giudice di primo grado calcolato la rivalutazione monetaria dal 31.12.2010 alla data della pubblicazione e non già dal 10.8.2000, cioè dalla data di verificazione dell’incidente”; conclude pertanto che “sia il Tribunale che la Corte di Appello errano quindi sul punto, prima facendo decorrere la rivalutazione monetaria dal 31.12.2010 anzichè dalla data di verificazione del sinistro (10 agosto 2000), poi omettendo, inspiegabilmente, di riconoscere al ricorrente gli interessi legali sull’importo liquidato a titolo di danno patrimoniale”;

il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la ratio della sentenza, omettendo di considerare che la Corte di Appello ha dato atto che “la contestata data del 31 dicembre 2010 non è stata acriticamente determinata dal Tribunale, ma è il frutto di un accordo conciliativo con il quale il CTU e gli intervenuti CTP hanno inteso stabilire il punto nel quale “cristallizzare e attualizzare” la data di stima della perdita patrimoniale”, risultando pertanto la data del 31.12.2010 “il giorno nel quale stabilire, sotto il profilo del quantum, il danno in esame, attualizzandolo nella somma di 274.735,10”; a fronte di una siffatta indicazione, il ricorrente non ha specificamente contestato la scelta di tale modalità liquidatoria nè i criteri utilizzati per attualizzare la stima del danno, anche in relazione al fatto che detta stima tenesse conto o meno degli interessi compensativi;

il secondo motivo (“violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 3, per travisamento della prova”) censura la sentenza per avere omesso “di riconoscere l’ulteriore credito vantato dall’appellante con riferimento ai livelli retributivi che la Croce Rossa avrebbe riconosciuto per gli avanzamenti di carriera”;

il motivo è inammissibile in quanto non individua specificamente le norme di diritto che sarebbero state violate, ma si limita a contestare un apprezzamento di merito (senza peraltro ottemperare all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6) in funzione di una diversa e non consentita valutazione delle prove;

il terzo motivo (che denuncia “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 3, – perdita di chance” e lamenta il mancato riconoscimento del risarcimento per la mancata possibilità del P. di partecipare a missioni all’estero effettuate dalla Croce Rossa Italiana) è anch’esso inammissibile in quanto, al pari del precedente, non individua specifici errori di diritto, ma sollecita un non consentito accertamento di merito circa la spettanza del risarcimento delle chances perdute (salvo quanto si dirà in relazione al quinto motivo, in punto di novità della domanda);

parimenti inammissibile è il quarto motivo (“violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 3, presumibile età pensionabile”) poichè, senza individuare specificamente le norme violate, si limita a svolgere considerazioni di merito non prospettabili in sede di legittimità;

col quinto motivo (“violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., commi 3 e 5”), il ricorrente lamenta che la Corte di Appello “erra anche quando, con il richiamo del motivo sub 4) e sub 5) rigetta le domande del sig. P. in quanto considerate “nuove””; richiama, al riguardo, i precedenti di legittimità che consentono la liquidazione di importi superiori a quelli inizialmente richiesti laddove la clausola “o la somma maggiore o minore ovvero altra somma ritenuta di giustizia” sia correlata alla originaria incertezza sulla esatta determinazione del quantum;

il motivo – da riferire alla sola statuizione di inammissibilità, per novità della domanda, del quarto motivo di appello- è inammissibile in quanto i richiami giurisprudenziali e le considerazioni svolte non sono pertinenti rispetto alla ratio della decisione, che ha evidenziato l’originaria mancanza di una “analitica ed efficace prospettazione dei danni invocati”, facendo pertanto riferimento al difetto di allegazione della tipologia di danno e non semplicemente alla quantificazione di un pregiudizio comunque allegato;

in difetto di attività difensiva da parte degli intimati, non deve provvedersi sulle spese di lite;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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