Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5120 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 25/02/2020), n.5120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 36214/2018 R.G. proposto da:

T.R. e D.G.A.M., rappresentati e difesi

dall’Avv. Sergio Calcamo, con domicilio eletto in Roma, via Damiano

Macaluso, n. 23, presso lo studio dell’Avv. Gianluigi Casabona;

– ricorrenti –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 2118/2018,

depositata l’11 ottobre 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 novembre

2019 dal Consigliere Iannello Emilio.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., aveva dichiarato inopponibile nei confronti della predetta società l’atto con il quale, in data 23/1/2012, i coniugi T. – D.G. avevano costituito in fondo patrimoniale, ex art. 167 c.c., immobile di loro proprietà, così sottraendolo alla garanzia patrimoniale del debito da essi anteriormente contratto quali fideiussori della SI.RA.R. S.r.l..

2. Avverso tale decisione T.R. e D.G.A.M. propongono ricorso per cassazione con unico mezzo. L’intimata non svolge difese nella presente sede.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2901 c.c., per avere la Corte d’appello confermato l’accoglimento della svolta azione revocatoria in difetto del presupposto della scientia damni.

Sostengono al riguardo, iterando eccezione disattesa dalla Corte di merito, che il credito della banca risultava già ampiamente garantito dalla iscrizione sui beni di proprietà della debitrice principale di ipoteca di primo grado; che pertanto nessun pregiudizio la banca aveva subito dalla costituzione in fondo patrimoniale dell’immobile già costituente residenza familiare dei coniugi; che questi ultimi, essendo di ciò consapevoli, ritenevano che detto atto dispositivo non avrebbe arrecato alcun pregiudizio al credito della Banca.

2. Il ricorso si appalesa inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte d’appello deciso la controversia in conformità a principi assolutamente consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, senza che il ricorso prospetti argomenti in alcun modo idonei a condurre ad un diverso opinamento.

2.1. Ed invero, quanto in particolare alla rilevanza dell’ipoteca iscritta su beni di diverso soggetto obbligato in solido (nella specie la società debitrice principale), costituisce principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, puntualmente richiamato nella sentenza impugnata, l’affermazione secondo cui in tema di azione revocatoria proposta nei confronti del fideiussore la verifica dell’eventus damni deve essere compiuta con riferimento esclusivamente alla consistenza patrimoniale e alla solvibilità del fideiussore e non a quella del debitore garantito (Cass. 19/10/2006, n. 22465; 22/03/1990 n. 2400).

2.2. Quanto poi alla scientia damni costituisce principio altrettanto consolidato quello secondo cui, in tema di condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, allorchè l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, non è richiesto l’intento fraudolento, nè è necessaria una specifica conoscenza, nel debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del titolare dei credito, essendo sufficiente la consapevolezza del carattere pregiudizievole del proprio comportamento in quanto comunque comportante la riduzione della consistenza del proprio patrimonio, in pregiudizio dei creditori complessivamente considerati (Cass. 29/07/2004, n. 14489; 26/02/2002, n. 2792; 01/06/2000, n. 7262).

3. Con riferimento a quest’ultimo profilo, peraltro, il ricorso si espone ad ulteriore rilievo di inammissibilità poichè fondato su circostanze (la titolarità, in capo alla debitrice principale, di un cospicuo patrimonio e l’essere i coniugi, per tal motivo, “perfettamente consapevoli che la costituzione in fondo patrimoniale del loro unica casa… non avrebbe arrecato alcun pregiudizio al credito”) che non risultano accertati nel giudizio d’appello.

4. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Non avendo l’intimata svolto difese in questa sede, non v’è luogo a provvedere in ordine regolamento delle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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