Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5120 del 03/03/2010
Cassazione civile sez. lav., 03/03/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 03/03/2010), n.5120
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele – Presidente –
Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.L.R., già elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
EGEO 137, presso lo studio dell’avvocato OLIVIERI MARIA CONCETTA,
rappresentato e difeso dall’avvocato DI GASPARE ANTONIO, giusta
mandato a margine del ricorso e da ultimo domiciliato d’ufficio
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI
GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, DI MEGLIO ALESSANDRO, giusta mandato in
calce alla copia notificata del ricorso;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 683/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 06/04/2006 r.g.n. 58/04;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
14/01/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l’Avvocato ANTONINO SGROI per delega TRIOLO VINCENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte, premesso che con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato l’8 maggio 2001, D.L.R., dipendente di ruolo dell’Amministrazione statale dal 1^ settembre 1998, aveva chiesto al Tribunale di Teramo la condanna dell’INPS ad erogargli per l’anno 1998, relativamente al periodo precedente all’assunzione, “il trattamento ordinario di disoccupazione con requisiti ridotti di cui alla L. 20 maggio 1988, n. 160, e, a regime, L. 1 giugno 1991, n. 169”;
che tale domanda era stata respinta dal Tribunale con sentenza del 4 febbraio 2003, confermata, su appello del D.L., dalla Corte d’appello de L’Aquila con sentenza depositata il 6 aprile 2006 e notificata il successivo 13 giugno;
che, in particolare, la Corte territoriale, invocando il combinato disposto del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, artt. 38 e 40, commi 8 e 9, nonchè D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 7, comma 3, convertito in L. 20 maggio 1988, n. 160, ha ritenuto che il trattamento richiesto spettasse, quanto ai pubblici dipendenti, unicamente a quelli non di ruolo e pertanto ha confermato il rigetto della domanda, rilevando che il D.L. non poteva far valere, per la parte dell’anno 1998 diversa da quella di assunzione in ruolo, rapporti di lavoro soggetti all’assicurazione contro la disoccupazione;
rilevato che avverso tale sentenza D.L.R. ha proposto ricorso per Cassazione con un unico motivo;
che l’INPS, intimato il 4 agosto 2006, ha depositato la procura al difensore, che ha discusso la causa all’odierna pubblica udienza;
che col ricorso D.L.R. censura la sentenza della Corte d’appello per violazione e falsa applicazione del D.L. 21 marzo 1988 n. 86, art. 7, comma 3, convertito nella L. 20 maggio 1988 n. 160, per violazione e falsa applicazione di circolari dell’INPS – Direzione generale di Roma n. 139 del 20 giugno 1988 e n. 505 del 22 novembre 1979;
rilevato altresì che nonostante fosse applicabile al ricorso per cassazione in esame, in quanto proposto avverso una sentenza depositata successivamente al 1^ marzo 2006, la disciplina di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ai sensi del combinato disposto del decreto citato, artt. 6 e 27, comma 2, l’unico motivo di ricorso (di violazione di legge anche alla luce di circolari interpretative dell’INPS), non conclude con la formulazione di un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., all’epoca vigente;
ritenuto che ai sensi della norma del codice di rito da ultimo citata, tale omissione comporta la inammissibilità del motivo e con essa, nel caso di specie, del ricorso in quanto sostenuto da un unico motivo;
che nessuna pronuncia è dovuta per le spese di questo giudizio, a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010