Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 512 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 11/01/2017, (ud. 11/11/2016, dep.11/01/2017),  n. 512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 783-2012 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA CENTRO – BACINO SALINE, PESCARA, ALENTO E FORO

(C.F./P.I. (OMISSIS)), successore a titolo universale del soppresso

Consorzio di Bonifica Alento – Destra Pescara, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ORAZIO 3, presso l’avvocato ENRICO ZACCARETTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIERLUIGI MARIA TENAGLIA, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C. (c.f. (OMISSIS)), C.A. (c.f. (OMISSIS)),

nella qualità di eredi di C.I., nonchè della C. I.

di C.C. E C. S.A.S., già C.I. S.A.S., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, Via PAOLO EMILIO 34, presso l’avvocato PAOLA

D’INNOCENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI

D’ORSOGNA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 968/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2016 dal Consigliere Dott. VALITUTTI ANTONIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ARABELLA TENAGLIA MARIA RITA,

con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 7 ottobre 1995, la C.I. s.a.s. e C.I. in proprio, proprietari di terreni ricompresi nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Alento – Destra Pescara convenivano quest’ultimo in giudizio dinanzi al Tribunale di Chieti, chiedendo dichiararsi non dovuti i contributi di bonifica pretesi dall’ente e condannarsi il medesimo al rimborso, in favore degli istanti, delle somme indebitamente percette, oltre agli accessori di legge. Il Tribunale adito, con sentenza n. 786/2003, accoglieva la domanda.

2. L’appello proposto dal Consorzio di Bonifica Centro – Bacino Saline, Pescara, Alento e Foro (succeduto al Consorzio di Bonifica Alento – Destra Pescara) veniva, del pari, rigettato dalla Corte di Appello dell’Aquila, con sentenza n. 968/2010, depositata il 16 novembre 2010, secondo la quale il fatto che le proprietà degli appellati fossero ricomprese nel perimetro del comprensorio consortile non comportava, in assenza di opere finalizzate ad arrecare un vantaggio diretto e specifico ai singoli fondi, l’assoggettamento dei medesimi al potere impositivo dell’ente, ai sensi dell’art. 860 c.c. e del R.D. n. 215 del 1933, art. 10.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso il Consorzio di Bonifica Centro – Bacino Saline, Pescara, Alento e Foro nei confronti della C.I. s.a.s. e di C.I., affidato a due motivi.

4. C. e C.A., eredi di C.I. – deceduto nelle more del giudizio – e la C. di C.C. e C. s.a.s. hanno replicato con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Co in due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – il Consorzio di Bonifica Centro – Bacino Saline, Pescara, Alento e Foro denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, (nel testo applicabile ratione temporis).

1.1. Si duole il ricorrente del fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto – peraltro con motivazione del tutto incongrua ed inadeguata che l’onere di provare la ricorrenza dei presupposti per la debenza dei contributi consortili in discussione, da parte della C.I. s.a.s. e di C.I. in proprio, incombesse a carico dell’ente e che lo stesso non fosse stato adempiuto, laddove l’inserimento dei fondi degli odierni resistenti nel perimetro consortile – risultante dalle planimetrie della zona – e la realizzazione di opere di sistemazione idraulica e fluviale, nonchè di collegamento interpoderale, con indubbio aumento del valore dei beni in questione, avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale a ritenere che la prova del beneficio per i terreni degli originari attori fosse stata acquisita in causa.

1.2. Di più, la chiesta e non disposta c.t.u. avrebbe potuto accertare, sulla scorta della documentazione prodotta, “lo specifico beneficio che veniva apportato ai fondi della ditta C. e del sig. C.I. dalla funzionalità idraulica dei canali che evitavano ed evitano l’impaludamento dell’intera area e, in particolare, degli immobili degli appellati”.

2. Le doglianze sono fondate.

2.1. Va osservato al riguardo che, secondo un indirizzo assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo di contribuire alle opere eseguite da un consorzio di bonifica e, quindi, l’assoggettamento al potere impositivo di quest’ultimo, postulano, ai sensi dell’art. 860 c.c. e R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che tragga vantaggio da quelle opere. Il vantaggio in parola, peraltro, deve essere “diretto e specifico”, conseguito o conseguibile a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una “qualità” del fondo, mentre è ininfluente la destinazione agricola o extra agricola del bene. Non è, pertanto, sufficiente un'”utilitas” che risulti in rapporto di derivazione causale con l’attività consortile e che si concreti in un beneficio relativo al complessivo territorio, riverberandosi solo per riflesso, a causa dell’inclusione in esso del bene, a favore del proprietario di uno di detti immobili, per converso occorrendo che tale utilitas si traduca in un concreto vantaggio di tipo fondiario, cioè strettamente e specificamente incidente sull’immobile stesso (cfr., ex plurimis, Cass. 4144/1996; Cass. S.U. 8960/1996; Cass. 8770/2009; Cass. 8554/2011; Cass. 15607/2011; Cass. 9146/2014; Cass. 17900/2015; 20303/2015).

2.2. Tanto premesso in via di principio, deve osservarsi che nel caso concreto il Consorzio ricorrente ha dedotto, nei due gradi del giudizio di merito (come si evince, in particolare, dall’atto di appello, trascritto nel ricorso, pp. 16 e 17), ed ha ribadito in questa sede, che gli immobili dei resistenti erano ricompresi nel comprensorio dell’ente, e che dalle opere di bonifica e di sistemazione idraulica, nonchè di collegamento interpoderale eseguite sarebbe derivato ai fondi stessi un evidente e specifico beneficio, in termini di maggiore sicurezza e redditività dei diversi terreni ricompresi nel perimetro del comprensorio consortile, essendo stato, in tal modo, evitato l’impaludamento dei fondi stessi. Ebbene, a fronte di tali specifiche allegazioni, l’impugnata sentenza ha, per contro, valorizzato esclusivamente – sul piano motivazionale – le deposizioni dei testi escussi ( B., I., D.P. e V.), che si sarebbero limitati ad affermare che “la copertura del fosso realizzato dal Consorzio era stata realizzata a spese dei proprietari confinanti, interessati all’opera”, mentre l’unico teste che era stato direttore tecnico del Consorzio ( L.G.) – il quale pure aveva confermato che l’intera zona era stata bonificata – non sarebbe stato in grado di ricordare “chi avesse realizzato la strada che insisteva sul fondo consortile”, nè di indicare “opere idonee ad incrementare il valore degli immobili soggetti a contributo” (pp. 3 e 4 dell’impugnata sentenza.

2.3. Ciò posto, è di tutta evidenza che la Corte territoriale non ha in alcun modo preso in considerazione le planimetrie riproducenti lo stato dei luoghi, dalle quali si sarebbe potuto trarre (p. 20 del ricorso) l’indicazione della localizzazione delle opere di sistemazione idraulica e di trasformazione agraria, onde inferirne se le stesse fossero, o meno, a servizio della particelle in questione e fossero, quindi, idonee a produrre un concreto e specifico vantaggio fondiario per i terreni di proprietà C.. Nè la sentenza impugnata ha tenuto conto della missiva in data 8 maggio 1976 – trascritta nel ricorso e la cui produzione nei giudizi di merito non risulta contestata – dalla quale si desumeva che il C. aveva richiesto l’autorizzazione ad avvalersi, per gli scarichi provenienti dal capannone di sua proprietà, proprio del succitato fosso realizzato dal Consorzio.

2.4. Per tali ragioni non è, pertanto, condivisibile l’assunto argomentativo della sentenza di secondo grado circa la mancata ammissione della chiesta c.t.u., fondata esclusivamente sulla pretesa natura esplorativa della stessa, conseguente alla mancanza di altri elementi probatori in atti. D’altro canto va altresì osservato che, se è bensì vero che la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, pertanto il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. E tuttavia, al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative è consentito derogare quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al c.t.u. anche acquisire ogni elementi necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza (cfr. Cass. 9060/2003;3191/2006; 10202/2008).

Per il che tenuto conto degli elementi probatori desumibili dai documenti suindicati, nonchè della natura e delle finalità dell’indagine (come ritenuto da questa Corte nelle succitate decisioni in materia), la chiesta c.t.u. non poteva essere tout court denegata dalla Corte di merito.

2.5. I motivi suesposti vanno, pertanto, accolti.

3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello dell’Aquila in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia facendo applicazione dei seguenti principi di diritto: “l’obbligo di contribuire alle opere eseguite da un consorzio di bonifica e, quindi, l’assoggettamento al potere impositivo di quest’ultimo, postulano, ai sensi dell’art. 860 c.c. e R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che tragga vantaggio da quelle opere, sempre che tale vantaggio sia “diretto e specifico”, conseguito o conseguibile a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una “qualità” del fondo”; “al limite costituito dal divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative è consentito derogare quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al c.t.u. anche acquisire ogni elementi necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza”; “nei giudizi finalizzati all’accertamento dell’obbligo dei proprietari di immobili ricompresi nel territorio di un Consorzio di bonifica di corrispondere i contributi consortili per le opere di bonifica e di sistemazione idraulica, il provvedimento del giudice di ammissione, o di diniego, della consulenza tecnica di ufficio va adottato tenuto conto degli elementi probatori desumibili dalla documentazione in atti, nonchè della natura e delle finalità dell’indagine”.

4. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello dell’Aquila in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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