Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5117 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. III, 03/03/2011, (ud. 31/01/2011, dep. 03/03/2011), n.5117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 691/2009 proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ACHILLE PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato LUCERI

Giorgio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZILIOLI

CLAUDIO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI in

persona del Ministro p.t. e per la COMMISSIONE CENTRALE PER GLI

ESERCENTI LE PROFESSIONI SANITARIE, PREFETTO PROVINCIA BERGAMO,

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE BERGAMO,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;

CONSIGLIO ORDINE PROVINCIALE MEDICI CHIRURGHI ODONTOIATRI PROVINCIA

BERGAMO (OMISSIS) in persona del Dott. P.E., Presidente

e legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA APPENNINI 60, presso lo studio dell’avvocato DI ZENZO

CARMINE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AMATI

MARIO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

COMMISSIONE ODONTOIATRI PROVINCIA BERGAMO;

– intimata –

avverso la decisione n. 69/2007 della COMM. CENTR. ESERC. PROFESSIONI

SANITARIE di ROMA, emessa il 12/11/2007, depositata il 17/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

31/01/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato CARMINE DI ZENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con decisione n. 69/2007, depositata il 17.10.2008, la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie ha respinto il ricorso del Dott. C.G., odontoiatra, avverso la deliberazione del 30.3.2004 con la quale la Commissione odontoiatri dell’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della provincia di Bergamo, a conclusione del procedimento disciplinare iniziato in suo confronto il 20.1.2004, gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per due mesi, avendolo ritenuto responsabile del seguente addebito: “avere, nella sua qualità di coniuge della socia del Centro medico odontostomatologico San Martino s.r.l. di Alzano Lombardo, consentito che è (n.d.e.: fosse) effettuata pubblicità del centro sulle schede di dimissioni dell’Ospedale (n.d.e.: di Alzano Lombardo, il cui reparto di ortognatodonzia era affidato alla direzione dello stesso Dott. C.), con riferimento all’applicazione di tariffe scontate, indipendentemente dalla.

complessità e difficoltà della patologia da trattare, al fine di acquisizione di clientela a favore della Società e quindi traendo indiretto vantaggio, così in violazione degli artt. 24, 52, 53, 54, 61 e 13 del Codice di deontologia e della L. n. 175 del 1992”.

2.- Avverso la decisione ricorre per cassazione C. G. affidandosi a sei motivi.

Resistono con controricorsi il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e l’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della provincia di Bergamo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.- Col primo motivo di ricorso è denunciata nullità del provvedimento della Commissione odontoiatri per aver deliberato con la presenza di tre componenti su cinque.

2.1.- La censura è manifestamente infondata alla luce del principio secondo il quale l’organo, che non integra un collegio perfetto, è validamente costituito se sia presente la metà più uno dei suoi componenti (cfr, ex multis, Cass., sez. un., n. 3195/89, nonchè Cass., nn. 9376/03 e 7765/05).

3.- Col secondo, terzo e quarto motivo, che possono congiuntamente esaminarsi per la connessione tra le questioni che pongono, sono denunciate violazioni di legge e vizi di motivazione per avere la Commissione – ravvisando la responsabilità disciplinare del ricorrente in un contesto nel quale era stata legittimamente (pur senza l’osservanza delle regole della pubblica evidenza, come ritenuto nel procedimento svoltosi a carico del direttore sanitario dell’ente ospedaliero) stipulata una convenzione tra l’azienda ospedaliera e la San Martino s.r.l. per l’erogazione ai pazienti di prestazioni che la struttura pubblica non poteva o non poteva adeguatamente offrire – (a) ritenuto illegittimi o disapplicato atti amministrativi adottati da una diversa autorità amministrativa, (b) deciso in contrasto con le conclusioni raggiunte nel diverso procedimento disciplinare nei confronti del direttore sanitario, (c) in realtà imputato al C. di non essersi rivolto al Consiglio dell’ordine per segnalare la particolarità della situazione, così violando anche il principio di necessaria correlazione fra addebito contestato ed affermazione della responsabilità.

3.1.- Le censure sono infondate.

Quanto al primo profilo, poichè non è stata in alcun modo sindacata l’attività amministrativa dell’ente pubblico, ma solo valutato il comportamento del sanitario sotto l’aspetto deontologico, che ben può venire in rilievo pur se si inserisca nell’ambito di un’attività, sua o di altri, legittima sotto il profilo amministrativo, stante la diversità sia delle disposizioni applicabili che dei sottesi valori di riferimento.

Quanto al secondo, poichè è del tutto irrilevante la circostanza che un diverso procedimento disciplinare si sia diversamente concluso nei confronti di altri, tra l’altro incolpati di diversa violazione disciplinare e vertenti in diversa situazione di fatto (nell’incolpazione in scrutinio, determinante valenza è assegnata alla circostanza che la moglie dell’incolpato e quella di altro sanitario che lavorava nello stesso reparto erano titolari di quote societarie del Centro medico privato verso il quale venivano indirizzati i pazienti dimessi dal reparto ospedaliere).

Quanto al terzo, poichè il riferimento della decisione impugnata al dovere del C. di sollecitare l’intervento dell’Ordine non è operato in funzione dell’affermazione della sua responsabilità per non averlo fatto, ma di inconferenza delle allegazioni difensive che ne prospettavano la formale legittimità del comportamento, predicato come doveroso alla luce della convenzione in atto e della redazione della scheda di dimissione, non da lui stesso direttamente predisposta.

4.- Col quinto motivo è denunciata assoluta carenza di motivazione in relazione al motivo di ricorso col quale s’era prospettata l’eccessività della sanzione, in relazione al ritenuto carattere colposo della condotta ed al ridottissimo lasso temporale in cui potesse mai dirsi realizzato lo sviamento di clientela determinato dalla pubblicità, essendo stato sollecitamente modificato lo stampato della scheda di dimissione sin dal 7.2.2003 (n.d.e.: in relazione alla convenzione deliberata il 10.12.2002).

4.1.- Il motivo è infondato poichè l’affermazione della Commissione centrale (“valutate tutte le circostanze e considerate le doglianze proposte dal ricorrente, questo Collegio ritiene congrua la sanzione irrogata”) integra senz’altro una motivazione alla luce delle caratteristiche del caso, quali ampiamente si evincono dal corpo della decisione.

Nè il ricorrente afferma di aver prospettato quali specifiche tipologie di comportamento meritassero una sanzione inferiore, ovvero che la sospensione dall’esercizio dalla professione per un tempo superiore al minimo edittale sia compatibile solo con violazioni connotate da dolo.

5.- Col quinto motivo di ricorso la decisione è censurata per violazione del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 51, per essere stata la sanzione irrogata benchè fosse nelle more spirato il termine prescrizionale di cinque anni, decorrente dalla data alla quale era cessato il comportamento deontologicamente censurato (7.2.2003).

5.1.- La doglianza è manifestamente infondata, essendosi reiteratamente affermato che la prescrizione quinquennale dell’azione disciplinare nei confronti degli esercenti professioni sanitarie, prevista dal D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, art. 51, è interrotta con effetto istantaneo ai sensi dell’art. 2945 cod. civ., comma 1, dal promovimento della detta azione disciplinare in sede amministrativa, mentre per la fase giurisdizionale davanti alla Commissione centrale è applicabile il secondo comma del menzionato art. 2945 che prevede l’effetto permanente dell’interruzione (così, ex coeteris, Cass., nn. 13396/01, 12892/03, 13771/06).

6.- Il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che per il Ministero liquida in Euro 4.000,00 oltre alle spese prenotate a debito e per l’Ordine in Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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