Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5116 del 05/03/2018


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Cassazione civile, sez. I, 05/03/2018, (ud. 08/11/2017, dep.05/03/2018),  n. 5116

Fatto

1.- D.N.D.M., nella quaità di erede di D.N.M.A., ricorre per cassazione nei confronti della Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c.r.l., sviluppando un motivo avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Salerno in data 5 marzo 2013, in via di riforma della pronuncia emessa nel primo grado del giudizio dal Tribunale di Salerno, n. 1386/2006.

Con tale decisione, la Corte territoriale ha respinto la domanda di pagamento di una somma di danaro formulata dall’attuale ricorrente nei confronti della Banca Popolare, quale cessionaria dell’azienda trasferitale dal Credito Commerciale Tirreno in liquidazione coatta amministrativa, soggetto originariamente debitore della pretesa passività relativa. In proposito, la Corte ha rilevato che – verificatasi nel corso del procedimento di primo grado la messa in liquidazione coatta del Credito Commerciale e così interrotto il giudizio in essere lo stesso non avrebbe potuto essere riassunto, secondo quanto era invece stato fatto nei confronti della Banca Popolare; per fare valere le propria pretesa nei confronti della detta Banca Popolare, l’attuale ricorrente non avrebbe potuto che insinuarsi nello stato passivo del detto Credito Commerciale, posto che ai sensi dell’art. 90, comma 2 TUB “il cessionario risponde delle sole passività risultanti dallo stato passivo della liquidazione”.

Nei confronti del ricorso resiste la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, che ha depositato apposito controricorso. La stessa ha anche depositato memoria.

2.- Il motivo di ricorso è stato intestato nei termini che qui di seguito vengono trascritti: “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 90 e 86 del TUB, art. 2560 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, omissione di pronuncia. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., art. 1322 c.c., art. 1273 c.c., art. 1372 c.c., art. 1374 c.c., art. 1410 c.c., art. 1411 c.c., art. 2700 c.c., art. 93 ante riforma 2006, art. 111 c.p.c., art. 112 c.p.c., art. 115 c.p.c., art. 116 c.p.c., art. 91 c.p.c., art. 99 c.p.c., art. 100 c.p.c., art. 339 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., artt. 58,83,90 e 54 TUB, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

3.- Nel concreto del suo svolgimento il motivo portato dal ricorrente rileva che la normativa di legge, che regola la cessione di aziende bancarie in generale e nel contesto della liquidazione coatta amministrativa, non esclude l’eventualità di casi di “responsabilità convenzionale” dell’impresa cessionaria. “L’art. 90 TUB e l’art. 2560 c.c.” – così si osserva – ” tendono a definire l’ambito della responsabilità ex lege del cessionario per i debiti del cedente, ma non anche l’ambito negoziale della cessione e, quindi, le responsabilità da questa derivanti”.

Fissata questa premessa, nel prosieguo il ricorso segnala che l’atto pubblico di cessione, a suo tempo intercorso tra il Credito Commerciale in liquidazione e la Banca Popolare, prevede tra l’altro che “per effetto della cessione ogni diritto, ragione, azione ed obbligo… spettante a qualsiasi titolo alla cedente in liquidazione coatta amministrativa viene trasferita alla cessionaria, ivi compresi i giudizi attivi e passivi in corso”. E ne deduce che ha errato la sentenza della Corte territoriale nel limitarsi a richiamare la norma dell’art. 90, comma 2 TUB, secondo cui il “cessionario risponde delle sole passività risultanti dallo stato passivo della liquidazione”.

La riportata previsione negoziale indica – così viene ancora ad esplicitare il ricorrente – che nella specie l’oggetto della cessione è assai più ampio, ricomprendendo “tutte le posizioni sostanziali e processuali attive e passive, senza nessun margine”. Di conseguenza, “la pronuncia del giudice di seconde cure esula, a dispetto dell’espresso richiamo all’atto per la sola applicabilità dell’art. 90 TUB, dall’accollo da parte della cessionaria Banca Popolare dell’Emilia Romagna di altre passività e attività, di giudizi attivi e passivi pendenti, anche di natura tributaria (art. 2, commi 1 e 2 citato atto di cessione”.

4.- Il motivo di ricorso non può essere accolto.

Al di là di ogni altro rilievo, appare evidente che lo stesso si concentra – ivi pure esaurendo la postata sua propria – sull’oggetto della cessione di azienda che intervenne tra il Credito Commerciale in liquidazione e la Banca Popolare: su quantità e qualità delle passività e attività da ritenere interne al perimetro di quanto venne trasferito da una banca all’altra. Tuttavia, la questione che è stata sottoposta all’esame della Corte territoriale – e nei cui confronti non può non appuntarsi e misurarsi la censura di cui al ricorso – non attiene a questo profilo.

Attiene invece alle modalità di accertamento dell’effettiva esistenza e validità dei crediti che dell’avvenuta cessione facciano, in thesi, parte. A questo diverso profilo della materia fa, in effetti, specifico riferimento la disposizione dell’art. 90, comma 2 del Testo Unico Bancario: che per l’appunto viene a dettare un percorso vincolato di accertamento del diritto dei pretesi creditori della banca cessionaria della azienda, come conformato dalla necessaria insinuazione di questi nello stato passivo della banca cedente.

Non risulta, d’altro canto, che il motivo sviluppato dal ricorrente abbia altresì assunto che il contratto di cessione concretamente stipulato tra il Credito Commerciale e la Banca Popolare sia venuto a derogare alle modalità di accertamento contemplate dalla norma dell’art. 90, comma 2 TUB. Secondo una prospettiva, peraltro, che comunque non potrebbe essere condivisa, in ragione della sicura indisponibilità convenzionale del procedimento previsto dalla norma medesima.

5.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 4.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018

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