Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5112 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 17/10/2016, dep.28/02/2017),  n. 5112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18818 del ruolo generale dell’anno 2012,

proposto da:

s.a.s. Club Costa Cilento M.P., in persona del legale rappresentante

pro tempore, M.G., M.A., M.W.,

tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale in calce al

ricorso, dall’avv. Gennaro Stellato, col quale elettivamente si

domiciliano in Roma, alla via Oslavia, n. 40;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sede di Salerno, sezione 9, depositata in

data 28 giugno 2011, n. 344/9/11;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

17 ottobre 2016 dal Consigliere Perrino Angelina – Maria;

udito per i contribuenti l’avv. Gennaro Stellato;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità

e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

L’Agenzia delle entrate ha rettificato le dichiarazioni modello unico presentate dalla società Club Costa Cilento Maria Piccola per gli anni 2003 e 2004 in relazione all’espletata attività di campeggio, facendo leva sull’indebita detrazione dell’iva su fatture passive non ancora pagate per intero al momento della loro registrazione, sulla violazione degli obblighi di autofatturazione, cui la società era tenuta per regolarizzare le fatture in questione, nonchè sulla revoca dei rimborsi iva annuali per mancanza del requisito della strumentalità all’attività in questione delle prestazioni in oggetto.

Società e soci hanno impugnato gli avvisi e la Commissione tributaria provinciale, previa riunione dei ricorsi, li ha parzialmente accolti, dichiarando detraibile l’iva sulle fatture ricevute e non pagate alla fine dell’esercizio e dovuto il rimborso iva in relazione alle spese relative ai beni ammortizzabili. Quella regionale ha respinto l’appello dei contribuenti, identificando l’unica questione ancora controversa con quella concernente il rimborso dell’iva. Sul punto, ha ribadito che il rimborso non è configurabile quanto all’imposta assolta in relazione a beni meramente detenuti o anche posseduti, ma non ammortizzabili. A tanto ha aggiunto che a queste considerazioni, già svolte in primo grado, i contribuenti non hanno mosso contestazioni, mostrandosi acquiescenti ex art. 346 c.p.c..

Avverso questa sentenza propongono ricorso società e soci per ottenerne la cassazione, che affidano a tre motivi, cui l’Agenzia reagisce con controricorso.

Diritto

1. – Il collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata, giusta il decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016.

2.- Con i tre motivi di ricorso i contribuenti lamentano la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, per violazione del contraddittorio nei confronti delle società di assicurazioni Atradius e Sara (primo motivo), la nullità della sentenza per l’incongruenza del dispositivo, che manda all’ufficio di determinare l’importo dell’imposta rimborsabile ragguagliandola a quella assolta per i beni ammortizzabili (secondo motivo) e l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine al fatto controverso e decisivo dell’avvenuta sottoscrizione di un contratto di comodato in relazione ai beni in questione (terzo motivo).

3. – Le doglianze comportano l’inammissibilità del ricorso. Ciò in quanto non censurano l’autonoma e concorrente ratio sulla quale si fonda la sentenza impugnata, basata sull’intervenuta acquiescenza dei contribuenti alla sentenza.

4. – Non può allora che essere ribadito il principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo il quale il qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., sez. un., 7931/13; 4293/16).

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i contribuenti alla rifusione delle spese, liquidate in Euro 4500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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