Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5111 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 17/10/2016, dep.28/02/2017),  n. 5111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21941-2011 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VODICE 7,

presso lo studio dell’avvocato MAURO MALTESE, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA (OMISSIS) in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2011 della COMM. TRIB. REG. di Lazio

depositata il 04/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/10/2016 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MALTESE che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. P.M. propone ricorso per cassazione fondato su due motivi, avverso la sentenza della CTR del Lazio, meglio indicata in epigrafe, che in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, ha riformato la prima decisione e dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione una plusvalenza non dichiarata per l’anno di imposta 2001.

2. L’atto in questione era motivato dal rilievo che il contribuente aveva venduto l’intera proprietà di un terreno edificabile per il prezzo di Euro 150.000,00, valore che era stato rettificato sulla scorta di una stima dell’Agenzia del Territorio, senza che il corrispondente valore fosse stato indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi Mod. Unico 2002. Il recupero operato dall’Agenzia era stato quantificato nella differenza tra il prezzo della cessione, quale accertato dall’Amministrazione finanziaria, ed il valore di acquisto del bene opportunamente rivalutato e decurtato della somma corrispondente alla parte di terreno assoggettato a procedura espropriativa.

3. Il secondo giudice ha ritenuto legittimo l’accertamento anche sotto il profilo dell’imposta recuperata.

4. L’Agenzia resiste con controricorso e il contribuente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Collegio ha deliberato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

2.1. Primo motivo – Contraddittoria ed insufficiente motivazione circa la dedotta inammissibilità della domanda dell’ufficio per violazione del principio di jus novorum in appello, violazione del giudicato interno, vizio di ultra petizione ed omessa valutazione della documentazione probatoria in atti.

2.2. Il motivo, che cumulativamente prospetta violazioni motivazionali e vizi in procedendo, è inammissibile per molteplici ragioni.

2.3. Innanzi tutto va ricordato che nel ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili (cfr. Cass. n. 19443/2011).

2.4. Va inoltre considerato che la motivazione svolta dalla CTR in merito all’infondatezza della eccezione di violazione del principio dello jus novorum non appare affatto come contraddittoria in quanto mette in evidenza il collegamento tra la difesa svolta dall’Amministrazione in primo grado e quella di secondo grado, conformata sul decisum impugnato, laddove il motivo di ricorso appare del tutto carente sul piano dell’autosufficienza in quanto non riporta il motivo di appello, ma si limita ad interpretarlo, con evidenti ricadute sull’ammissibilità.

2.5. Per la stessa carenza di autosufficienza è inammissibile anche la denuncia per violazione di un giudicato interno che, a dire della ricorrente, si sarebbe formato sul vizio formale dell’accertamento induttivo pronunciato dal primo giudice, e quella conseguentemente, per ultra petizione. Invero, al contrario, dalla sentenza impugnata si evince che l’Agenzia con l’appello aveva eccepito l’assoluta carenza di motivazione della prima decisione poichè nessuna spiegazione era stata fornita circa la dichiarata insussistenza del presupposto impositivo: a fronte di ciò, ancora una volta non risulta riprodotto l’atto di appello, nè la sentenza di primo grado, necessaria ad apprezzare la eventuale fondatezza della doglianza.

2.6. La carenza di autosufficienza ricorre altresì in merito alla denuncia di omessa valutazione di documentazione, a cui il ricorrente fa riferimento sempre in modo astratto e non circostanziato, omettendo qualunque trascrizione.

3.1. Secondo motivo – Contraddittorietà della sentenza su un punto decisivo della controversia. Secondo il ricorrente la CTR contraddittoriamente ha affermato di poter e dover provvedere alla determinazione del tributo nel merito, per poi limitarsi a considerare legittimo l’operato dell’Ufficio.

3.2. Il motivo è infondato. Invero la decisione impugnata sul punto non appare contraddittoria, ed il ricorrente inopinatamente sovrappone l’affermazione in diritto, contenuta in sentenza, circa la sussistenza del potere del giudice tributario di scendere nel merito e di quantificare la pretesa tributaria, senza limitarsi solo ad annullare l’atto impositivo, con la successiva concreta disamina delle emergenze processuali e dei complessivi elementi confluiti nel calcolo compiuto dall’Amministrazione e delle contestazioni mosse dal contribuente, sulla scorta della quale la CTR è giunta alla conclusiva conferma in toto dell’atto impositivo.

3.3. Quanto alle questioni relative alla effettiva estensione del terreno espropriato al fine del computo dell’imposta, si deve osservare che sollecitano una revisione del merito inammissibile in sede di legittimità e che sono prospettate in modo del tutto carente sul piano dell’autosufficienza.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte di cassazione;

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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