Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5104 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 25/02/2020), n.5104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 34482-2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1619/05/2018 della Commissione tributaria

regionale della SICILIA, Sezione staccata di CATANIA, depositata il

13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

Che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un diniego di istanza di autotutela avanzata dalla contribuente con riferimento ad un avviso di accertamento di maggiori redditi di fabbricati per l’anno d’imposta 2004, la CTR con la sentenza impugnata accoglieva l’appello della contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo illegittimo il diniego opposto dall’amministrazione finanziaria “in considerazione del mancato esperimento del contraddittorio preventivo, della presentazione dell’istanza prima della definitività dell’atto, delle argomentazioni contenute nel diniego, delle ragioni del contribuente, dell’affidamento dell’Amministrazione finanziaria”;

– avverso tale statuizione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di un unico motivo, cui non replica l’intimato;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio; Considerato che:

– con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21 e del D.M. n. 37 del 1997, art. 2, nonchè dei principi in materia di autotutela, per avere la C.T.R. considerato ammissibile – ed accolto – il ricorso contro il rifiuto di esercizio dell’autotutela per ragioni attinenti alla fondatezza della pretesa tributaria (già oggetto di un provvedimento divenuto definitivo per mancata impugnazione);

– il motivo è fondato e va accolto alla stregua del consolidato e condivisibile principio giurisprudenziale secondo cui “In tema di contenzioso tributario, il sindacato giurisdizionale sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’Amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto inammissibile l’impugnazione, da parte del contribuente, del diniego di annullamento di alcuni atti impositivi in sede di autotutela in virtù del passaggio in giudicato di una sentenza che aveva operato una ricostruzione incompatibile con quella compiuta in detti atti ormai inoppugnabili, poichè i vizi prospettati erano quelli originari, che il contribuente avrebbe potuto far valere impugnando i relativi atti)” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 7616 del 28/03/2018, Rv. 647518 – 01); principio ribadito da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21146 del 24/08/2018 (Rv. 650057 – 01) secondo cui “Nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” (in termini oltre a Cass., Sez. U., n. 2870 del 2009 e n. 3698 del 2009, anche Cass. n. 17374 del 2017 nonchè Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21146 del 24/08/2018, Rv. 650057; Ordinanza n. 4937 del 20/02/2019, Rv. 652951; Ordinanza n. 5332 del 22/02/2019, Rv. 652959; Ordinanza n. 24032 del 26/09/2019, Rv. 655055);

– ed invero, la Corte Costituzionale, nella citata sentenza oltre ad avallare la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il carattere discrezionale dell’autoannullamento tributario “non costituisce un mezzo di tutela del contribuente” – ha espressamente affermato che “Anche in un contesto così caratterizzato, tuttavia, nel quale l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto acquista specifica valenza e tende in una certa misura a convergere con quello del contribuente, non va trascurato il fatto che altri interessi possono e devono concorrere nella valutazione amministrativa, e fra essi certamente quello alla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico, inevitabilmente compromessa dall’annullamento di un atto inoppugnabile. Tale interesse richiede di essere bilanciato con gli interessi descritti – e con altri eventualmente emergenti nella vicenda concreta sulla quale l’amministrazione tributaria è chiamata a provvedere secondo il meccanismo proprio della valutazione comparativa. Sicchè si conferma in ogni caso, anche in ambito tributario, la natura pienamente discrezionale dell’annullamento d’ufficio”;

– i giudici di appello non si sono attenuti a tali principi avendo proceduto all’annullamento dell’atto impositivo, divenuto definitivo per difetto di impugnazione, sulla base di valutazioni di merito sulla pretesa tributaria, rilevando il difetto di preventivo contraddittorio con il contribuente e affermando di aver tenuto conto, nell’accoglimento del ricorso, “delle ragioni del contribuente” posto che “Le motivazioni addotte nell’istanza erano chiare sulla infondatezza dell’atto impositivo”; a ciò aggiungasi che, anche a voler prescindere dal rilievo che nella specie il termine per impugnare l’avviso di accertamento scadeva il 14/11/2009, ovvero in data successiva all’invio, in data 5/11/2009, del provvedimento di diniego di autotutela, nessun rilievo può attribuirsi, diversamente da quanto invece fatto dai giudici di appello, alla circostanza che l’Agenzia delle entrate abbia provveduto sull’istanza di autotutela successivamente alla scadenza dei termini di impugnazione dell’avviso di accertamento, i cui termini quell’istanza non erano idonei a sospendere;

– in sintesi, il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata, senza necessità di rinvio potendo la causa essere decisa nel merito, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente che, in applicazione del principio della soccombenza, va condannata al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, e con compensazione delle spese dei gradi di merito anche in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente che condanna al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre ai rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese processuali dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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