Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5101 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 21/05/2019, dep. 25/02/2020), n.5101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26922-2018 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CERIO ENNIO;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (C.F. (OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 2138/2017 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 09/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Campobasso con cui è stato negato che al ricorrente, Alasan Nyang, potessero essere riconosciuti lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria o quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un motivo. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. L’istante lamenta che il giudice di prime cure abbia valutato in maniera apodittica e superficiale la situazione della propria regione di provenienza; la carenza di indagine si ravviserebbe, ad avviso dell’istante, nella genericità delle informazioni relative alle condizioni generali del Gambia: e viene rimarcato, in proposito, come, ai fini del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non sia necessaria la rappresentazione di un quadro individuale di esposizione al pericolo. Con riguardo alla protezione umanitaria il ricorrente deduce, poi, che il Tribunale avrebbe mancato di apprezzare l’impossibilità di rimpatrio a causa delle condizioni di insicurezza del paese o della zona di origine.

2. – Il motivo è inammissibile.

La censura attinente alla mancata spendita dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere anzitutto connotata da assoluta genericità e appare, per conseguenza, priva di decisività: il ricorrente manca finanche di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso. Se è vero, poi, che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, oltre a sancire un dovere di cooperazione del richiedente consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, pone a carico dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti (Cass. 10 aprile 2015, n. 7333; Cass. 16 dicembre 2015, n. 25319), nella fattispecie che interessa il giudice del merito ha operato correttamente, escludendo, sulla base di una ricognizione della situazione in atto documentata da una fonti informative accreditate (e le cui risultanze, oltretutto, non sono state nemmeno contestate), che il paese da cui proveniva il ricorrente fosse interessata a una situazione di violenza indiscriminata.

Quanto alla protezione umanitaria, la deduzione svolta, oltre a risultare in contrasto con l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito (che non sarebbe in questa sede censurabile), è comunque priva di decisività, giacchè l’accertamento della vulnerabilità, rilevante per il riconoscimento della invocato diritto, va condotto prendendo in considerazione elementi legati alla vicenda personale del richiedente, apprezzata nella sua individualità e concretezza, e non la situazione del paese d’origine di detto soggetto in termini del tutto generali ed astratti (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455).

3. – Non vi sono spese da liquidare in favore della parte vittoriosa in giudizio.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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