Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5101 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. II, 03/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 03/03/2010), n.5101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19476-2006 proposto da:

M.A. (OMISSIS) vedova S., S.B.

C. (OMISSIS), S.G.P.

(OMISSIS), S.F. (OMISSIS) S.

E.F. (OMISSIS), nella qualità di eredi di

S.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GALLONIO 18,

presso lo studio dell’avvocato FREDIANI MARCELLO, rappresentati e

difesi dall’avvocato BAFFA ANTONIO;

– ricorrenti –

contro

S.E. (OMISSIS), SC.FR.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA

30, presso lo studio dell’avvocato LEPORE NOEMI, rappresentati e

difesi dall’avvocato AZZINNARO VINCENZO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 733/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato FREDIANI con delega depositata in udienza

dell’Avvocato BAFFA Antonio, difensore dei ricorrenti che ha chiesto

accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato AZZINNARO Vincenzo, difensore dei resistenti che ha

chiesto di riportarsi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 2 luglio 1997 S.E. e Sc.Fr. citavano in giudizio S.G. e premesso di avere acquistato da quest’ultimo con atto pubblico in data (OMISSIS) un fabbricato per civile abitazione sito nel comune di (OMISSIS) corrispondendo la somma di L. 100.000.000; di essersi obbligati in data (OMISSIS) a vendere lo stesso immobile a P.B. per la somma di L. 170.000.000 ma che quest’ultimo, successivamente aveva preteso ed ottenuto la restituzione del doppio della caparra versata, in quanto aveva scoperto che l’immobile in parola era stato costruito abusivamente essendo privo di concessione edilizia e della prescritta licenza di abitabilità. Ciò posto, poichè gli esponenti avevano dovuto restituire ai promissario acquirente il doppio della caparra ricevuta pari a L. 20.000.000;

ritenuto l’inadempimento del convenuto S.G. per avere ad essi alienato un immobile privo di certificato di abitabilità e costruito in carenza di concessione edilizia; tutto ciò premesso chiedevano che l’adito tribunale di Cosenza dichiarasse la risoluzione del contratto di compravendita de quo, con la condanna de convenuto alla restituzione della somma di L. 100.000.000 corrisposta quale prezzo di acquisto, maggiorata degli interessi e della rivalutazione monetaria dalla data dell’atto pubblico fino al soddisfo, nonchè al risarcimento del danno nella misura da accertarsi in corso di causa o da determinarsi via equitativa.

S.G., costituitosi in giudizio, contestava la domanda attrice, deducendo che l’immobile era stato invece realizzato con regolare concessione edilizia e che, quanto al certificato di abitabilità, i rilascio dello stesso era stato successivamente richiesto al Comune in data (OMISSIS) con domanda corredata da tutta la documentazione di legge, di talchè – stante il silenzio successivamente mantenuto dallo stesso comune nei successivi 45 giorni – l’abitabilità doveva ritenersi assentita in forza del D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, art. 4 con la conseguenza che l’iniziale inadempimento era venuto meno fin da (OMISSIS) ( cioè prima della promozione del giudizio stesso). Conseguentemente de tutto infondata appariva – ad avviso del convenuto – la richiesta di risarcimento del danno, per cui chiedeva l’integrale rigetto della domanda degli attori. Il Tribunale di Cosenza con sentenza n. 1728/00 depositata in data 12 ottobre 2000 dichiarava la risoluzione del contratto stipulato tra le parti in data (OMISSIS), condannando conseguentemente S.G. al pagamento della somma di L. 100.000.000, oltre gli interessi legali dalla domanda, nonchè dell’ulteriore somma di L. 10.000.000, con rivalutazione monetaria ed interessi.

Avverso tale pronuncia proponeva appello S.G., chiedendo la riforma della stessa con il rigetto della domanda originaria, rilevando che l’immobile era certamente conforme alle norme d’igiene a prescindere del mancato formale rilascio del certificato di abitabilità, atteso i disposto di cui al D.P.R. n. 425 del 1994, art. 4. Rilevava poi che era irrilevante la modesta – ma in realtà insussistente – irregolarità urbanistica riscontrata dell’immobile (edificato in piccola parte sull’area di sedime di una stradella comunale, che peraltro aveva da tempo perduta la sua destinazione pubblica). Contestava inoltre la data di decorrenza degli interessi legali così come stabilita dal primo giudice.

Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’impugnazione e proponendo appello incidentale con riguardo al riconoscimento degli interessi legali con decorrenza dalla domanda, anzichè dalla data di stipulazione del rogito o, in subordine, dalla data di messa in mora.

L’adita Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 733/05, depos. 29.9.2005 rigettava l’appello principale; accoglieva quello incidentale ed in parziale riforma della sentenza impugnata, disponeva che gli interessi – stante la loro natura di interessi compensativi – dovevano decorrere dal (OMISSIS) al soddisfo (cioè dalla data del rogito); con la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del grado. La Corte di merito ribadiva che l’immobile era privo del necessario certificato di abitabilità, mentre riteneva illegittime le concessioni edilizie rilasciate in sanatoria dal comune di (OMISSIS). Confermava altresì la liquidazione del danno in via equitativa con riferimento alla perdita dell’occasione di vendita dell’immobile in questione.

Per la cassazione di tale pronuncia, propongono ricorsi gli attuali esponenti nella qualità di eredi di S.G. sulla base di n. 3 censure; l’intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso gli esponenti denunziano la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 425 del 1994, art. 4:

art. 1453 c.c., comma 3 e art. 1455 c.c.; artt. 112, 113 e 116 c.p.c.; nonchè dell’art. 183 c.p.c.; L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E; nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.

Si censura la sentenza impugnata nelle parti in cui era stato ritenuto che il certificato di abitabilità non poteva essere assentito in considerazione del fatto che l’immobile era in contrasto con la normativa urbanistica in quanto in parte costruito su una stradella comunale. In realtà, ad avviso dei ricorrenti, siffatta asserita irregolarità avrebbe potuto avere rilievo solo sotto il profilo edilizio-urbanistico, ma non ostava al rilascio del certificato d’abitabilità. Peraltro neppure era configurabile tale irregolarità edilizia in quanto la stradella comunale, su cui in piccola parte insisteva l’immobile, era stata in realtà sdemanializzata – come accertato dal CTU – trattandosi di “un reliquato stradale comunale in disuso” da tempo, sul quale erano sorte da molti anni altre costruzioni, “La Corte d’Appello – sottolineano gli esponenti – non ha tenuto conto di tale rilevante circostanza. Se lo avesse fatto non avrebbe comunque potuto giungere aia conclusione – che quindi, anche per questo si appalesa erronea – che l’occupazione dell’area de qua si configurava come assolutamente preclusiva al rilascio del certificato di abitabilità e quindi alla formazione della fattispecie permissiva per silenzio D.P.R. n. 425 del 1994, ex art. 4”.

Deducono inoltre i ricorrenti che S.G. aveva chiesto ed ottenuto in data (OMISSIS) una seconda concessione in sanatoria “con cui, per sanare l’eccesso di cubatura realizzato (rispetto al lotto originario) venivano asservite la succitata particella n. (OMISSIS) … e la particella n. (OMISSIS) (…) anch’essa di proprietà di S.G.”. Su tale concessione il CTU si era solo limitato ad esprimere “un dubbio” in ordine alla sua legittimità, che il giudice ha trasformato in certezza “senza tuttavia chiarire quali fossero le ragioni di fatto e di diritto che fondassero tale conclusione e che quindi consentissero di elevare il dubbio espresso dal ctu in certezza”.

La doglianza è fondata. Appare infatti evidente il vizio motivazionale denunciato, in quanto la Corte d’Appello non ha preso in esame siffatta rilevante questione – quindi un punto decisivo della controversia – circa l’avvenuta cessazione della demanialità della stradella comunale sulla cui area era stato in piccola parte costruito il fabbricato. E’ questo l’argomento principe su cui si fonda la tesi dell’illegittimità delle concessione edilizia e delle successiva concessioni in sanatoria, illegittimità che riverbererebbe sul mancato rilascio del certificato di abitabilità anche con riferimento alla specifica procedura di cui alla richiamato D.P.R. n. 425 del 1994, art. 4. La questione peraltro era stata espressamente affrontata dal C.T.U. il quale nella sua relazione dava atto che il Comune di (OMISSIS) con Delib. G.C. 27 luglio 1988, n. 990 (costituente allegato 41 della ctu) “ribadiva la sdemanializzazione di detta stradella”.

Rileva ancora il Collegio che appare all’evidenza carente la motivazione anche a proposto della supposta illegittimità della 2^ concessione in sanatoria del (OMISSIS) in forza della quale il fabbricato realizzato verrebbe ad essere definitivamente e integralmente “sanato”; su tale rilevante questione appare completamente ignorata dal giudice a quo, che non ha tenuto conto peraltro neppure delle ragioni militanti a favore della legittimità del detto provvedimento.

La censura predetta dunque dev’essere accolta; ciò che – previo l’assorbimento dei residui motivi – comporta l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.

PQM

la Corte accoglie il 1^ motivo ricorso, assorbiti gli altri motivi;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

 

 

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