Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5100 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 25/02/2021), n.5100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10062-2020 proposto da:

A.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MICHELE CAROTTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso.

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4949/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/11 /2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. A.I., nato in Nigeria, cittadino dell’Edo State, ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui la Corte di appello di Venezia, rigettando l’impugnazione, ha confermato l’ordinanza del locale tribunale che ne aveva disatteso la richiesta di protezione sussidiaria e di riconoscimento di un permesso per gravi ragioni umanitarie e con essa il giudizio, espresso dal primo giudice, di non credibilità del racconto e di insussistenza dei presupposti legittimanti l’accesso alle misure richieste.

Il Ministero dell’interno si e costituito tardivamente al dichiarato fine di partecipare alla discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

2. Nel racconto reso il ricorrente aveva dichiarato di essere stato costretto a lasciare il proprio Paese per un conflitto familiare insorto con lo zio paterno circa la proprietà di un terreno conteso tra gli eredi ed in esito al quale il padre era deceduto, un fratello rimaneva ucciso in un incidente stradale e l’altro scompariva misteriosamente.

3. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione di legge sostanziale e processuale per nullità della sentenza dovuta a motivazione apparente e la nullità del procedimento oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 116 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere il giudice violato i criteri di interpretazione degli elementi istruttori ed avere omesso un fatto decisivo per il giudizio. La corte di appello aveva ripreso la valutazione del tribunale e della commissione territoriale senza fare applicazione degli indici di affidabilità di cui al citato D.Lgs. n. 251 del 2007 art. 3, comma 5, non valutando, in punto di coerenza intrinseca, la scarsa scolarizzazione del richiedente e l’influenza subita da credenze e tradizioni locali, dovendo la morte del padre e dei fratelli riferirsi a maledizioni inflitte dallo zio, e guanto alla coerenza estrinseca del racconto, non avendo la corte accertato le condizioni del paese di origine spettando ai giudici colmare, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3, le eventuali lacune del racconto.

Easo Coi della Nigeria dell’HRW del 17 agosto 2010 ed il report del gor.uk-foreign-travel riferivano quanto al Paese di provenienza di recrudescenza di violenze, di zone a forte tasso di criminalità e della diffusione di violenza politica, di corruzione e di attacchi terroristici.

4. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per difetto di motivazione, o motivazione apparente, e quindi nullità del procedimento ed omesso esame di un fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, comma 3 e del D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non avere il giudice valutato richiedente in relazione alla allegata condizione di vita e per avere omesso l’esame di un fatto decisivo. Il racconto era attendibile ed in Italia il richiedente, presente dal 2016, si era integrato frequentando corsi di lingua italiana e di formazioni professionale e lavorando con costanza e regolarità.

5. Il primo motivo è inammissibile perchè è generico e non si confronta con la motivazione impugnata nella parte in cui la corte territoriale, confermando il giudizio di primo grado, rileva l’inammissibilità del motivo ex art. 342 c.p.c. in quanto reiterativo dell’iniziale versione dei fatti e, ancora, non illustra la dedotta contraddittorietà in cui sarebbe incorso il primo giudice nel ritenere la non credibilità del racconto.

La corte conferma in tal modo, perchè non contrastato nell’atto di appello, lo scarto logico rilevato dal tribunale tra la versione in cui il richiedente da una parte si afferma vittima di angherie perpetrate dal zio paterno e dall’altra riferisce di essere ricercato dalla polizia, e siffatta motivazione, che di per sè non rivela la mancanza assoluta o apparenza qui denunciata dovendosi così lasciare ferma la motivazione impugnata anche nel giudizio di legittimità.

Il ricorso denuncia, del tutto genericamente, l’errata valutazione del racconto perchè non rispettosa delle norme di governo del giudizio sulla sua credibilità non credibilità senza confrontarsi con i vari passaggi logici svolti dai giudici di appello e che del primo sostengono il contentato, in tal modo incorrendo nella deduzione di un “non motivo”, nullo per mancato raggiungimento dello scopo (vd.: Cass. n. 22478 del 24/09/2018; Cass. n. 17330 del 31 08/2015).

La pure dedotta omessa valutazione di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 difetta del tutto di indicare quale fatto storico non sia stato valutato ed il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza, non potendo ilprimo tradursi , pena l’inammissibilità stessa del motivo stesso perchè di diretta rivisitazione del merito, in contestazione sulla valutazione della singola fattispecie (ex multis: Cass. n. 13578 del 02/07/2020).

Il giudizio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, richiede infatti e comunque una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamenti di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. n. 11925 del 19/06/2020).

6. Il secondo motivo è ancora generico perchè manca di allegare le condizioni personali di vulnerabilità su cui la corte di merito non avrebbe pronunciato ai fini del riconoscimento dei presupposti di riconoscimento di un permesso per ragioni umanitarie (Cass. n. 13573 del 02/07/2020; Cass. n. 9304 del 03/04/2019).

7. Entrambi i morivi, inoltre, nella conformità dell’esito decisorio a quello di primo grado sono inammissibili quanto al pure dedotto vizio di motivazione ex art. 348-ter c.p.c., comma 4, non evidenziando i contenuti sui quali la sentenza di appello si discosta dalle motivazioni adottate dal primo giudice.

8. Il ricorso è pertanto inammissibile.

Nulla sulle spese nella tardività ed irritualità della costituzione dell’amministrazione intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 298 del 2012, art. 1, comma 17, si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis,.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

 

 

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