Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 51 del 03/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 03/01/2017, (ud. 06/10/2016, dep.03/01/2017),  n. 51

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14131-2(7.11 proposto da:

B.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA TILLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SABATINO CIPRIETTI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

GIUNTI GRUPPO EDITORIALE S.P.A., (già GIUNTI EDITORE S.P.A.) C.F.

(OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

GIUNTI GRUPPI EDITORIALE S.P.A., (già GIUNTI EDITORE S.P.A.) C.F.

(OMISSIS); in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANDREA DEL RE, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.A. (OMISSIS), (in proprio e nella qualità di legale

rappresentante della BLE S.R.L. e della B.A. & C.

S.N.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso

lo studio dell’avvocata, LETIZIA TILLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SABATINO CIPRIETTI, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 584/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/05/2010 r.g.n. 938/2009;

udita la relazione iella causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA;

udito l’Avvocato DEL RE ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbimento ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Chieti in data 26.11.2003 B.A., premesso di avere svolto attività di agente per la GIUNTI spa dal gennaio 1983 al 31 agosto 2001, data di recesso della mandante, in forza di tre distinti contratti (rispettivamente in data 16.2.1982, 14.1.1985, 2.2.1988) agiva nei confronti della GIUNTI spa per il pagamento:

– della indennità di cessazione del rapporto (ed in subordine del trattamento FIIR);

– della indennità suppletiva di clientela;

– della indennità di mancato preavviso;

– della somma ancora dovuta per provvigioni in base ai libri contabili della società (da valutarsi anche equitativamente);

– del saldo delle provvigioni dell’anno 2000.

Agiva altresì per il risarcimento del danno derivato dal recesso della mandante.

Il Giudice del Lavoro rigettava la domanda (sent. nr. 712/08).

La Corte d’Appello di L’AQUILA, con sentenza del 29.4 – 25.5.2010 (nr. 584/2010), rigettava l’appello del B..

La Corte territoriale osservava che tra le parti non era intercorso un unico rapporto di agenzia, in quanto l’agente aveva esercitato più volte la facoltà di recesso, con il subentro di imprese commerciali esercitate in forma societaria.

Il rapporto di agenzia era intercorso tra la mandante ed il B. soltanto dal 1982 al 1985 e dal 1988 al 2000 (per poi riprendere con un nuovo contratto del 30.1.2001) mentre nel periodo intermedio (1985-1988) era intercorso tra la GIUNTI spa e la società ” B.A. & C” snc e nell’anno 2000 tra la GIUNTI spa e la società “B.L.E.” srl.

Non vi era dunque un unico rapporto a tempo indeterminato ma più contratti di agenzia a tempo determinato prorogati o rinnovati.

Il B. non poteva vantare alcuna pretesa, posto che era stato lui a recedere dal rapporto con lettera del 24.2.2000 per cessazione della ditta individuale sicchè nulla gli spettava ex art. 1751 c.c., nè a titolo di indennità suppletiva di clientela nè per indennità di mancato preavviso.

La mandante, inoltre, aveva eccepito la decadenza dell’agente dal diritto alle stesse indennità ai sensi dell’art. 1751 c.c., comma 4, perchè richieste dopo oltre un anno dalla cessazione del rapporto (risalente al 31.12.1999).

La domanda di pagamento delle provvigioni sugli affari conclusi ed andati a buon fine dopo la conclusione del rapporto nella zona assegnatagli era infondata.

Il B. non aveva allegato alcun inadempimento della GIUNTI spa, che aveva regolarmente inviato all’agente per tre anni consecutivi il rendiconto delle provvigioni maturate; si era limitato ad asserire il suo diritto a differenze provvigionali, senza fornire alcun elemento atto a quantificare il preteso credito. A tale omissione non poteva ovviare una ctu, che avrebbe avuto una finalità del tutto esplorativa.

La domanda di pagamento delle provvigioni maturate nell’anno 2000, anno in cui il contratto di agenzia era intercorso con la BLE srl, era stata proposta dal B. nella veste di legale rappresentante della srl nell’ambito di un rapporto d’opera qualificato come unico e continuativo; in questi termini era infondata per difetto di prova dell’an e del quantum.

Per i compensi richiesti in relazione ai tre anni successivi al 2001 il B. aveva precisato che la domanda doveva qualificarsi come azione di risarcimento del danno per il recesso ingiustificato della Giunti spa, posto che in occasione della stipula nell’ano 2001 di un contratto a tempo indeterminato la mandante gli aveva promesso un compenso annuo di Lire 70milioni.

Avendo le parti il potere di libero recesso dal contratto, l’esercizio della relativa facoltà non costituiva inadempimento, mancando altresì la prova dell’abuso del diritto;

comunque nessuna prova era stata fornita circa il danno subito.

Per la cassazione della sentenza ricorre B.A., articolando tre motivi.

Resiste con controricorso la GIUNTI EDITORE spa, già Giunti Gruppo Editoriale spa, che ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato.

Il B. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La censura investe la statuizione di inesistenza di un rapporto di agenzia continuativo a tempo indeterminato.

Il ricorrente ha dedotto che le prestazioni erano state sempre rese personalmente; anche nel periodo di intercorrenza del rapporto con la snc, costituita con propri familiari (la moglie e la famiglia di provenienza), egli era l’unico a svolgere la attività di agente per la GIUNTI.

La corrispondenza era intercorsa tra la GIUNTI spa ed B.A., come dalla nota del 19.5.1988 prodotta.

Il rapporto era da considerarsi a tempo indeterminato quanto meno dal 31.12.1996, giacchè con nota del 4.12.1996- il cui contenuto è trascritto in ricorso- la Giunti aveva comunicato la proroga a tempo indeterminato del rapporto in essere dal 18 gennaio 1988.

Il motivo è infondato.

Preliminarmente si rileva la inconferenza della censura di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Sussiste il vizio di violazione delle suddette norme processuali – ex art. 360 c.p.c., nr. 3, soltanto nel caso di violazione delle regole legali di formazione della prova ovvero rispettivamente:

– quando il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (art. 115 c.p.c.) ovvero;

– se valuti le prove secondo un criterio di diverso da quello indicato dall’art. 116 c.p.c. (ad esempio valutando secondo prudente apprezzamento una prova legale o attribuendo valore di prova legale ad un elemento di prova liberamente valutabile).

La circostanza che il giudice abbia male esercitato il suo potere di prudente apprezzamento della prova è invece censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (ex plurimis: Cassazione civile, sez. 3, 13/06/2014, n. 13547).

La censura formulata sotto il profilo del vizio di motivazione è infondata.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione applicabile ratione temporis, quale risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” laddove il testo previgente riferiva il medesimo vizio ad un “punto decisivo della controversia”.

Il termine “fatto” non può considerarsi equivalente a “questione” o “argomentazione”, dovendo per fatto intendersi un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico – naturalistico, non assimilabile a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate al riguardo (Cfr. Cassazione civile, sez. trib., 08/10/2014, n. 21152).

Nella fattispecie di causa i fatti storici rispetto al quale il ricorrente assume il vizio della motivazione sono costituti:

– dall’esercizio personale ed esclusivo della attività da parte del B. per l’intera durata del rapporto di lavoro;

– dal contenuto della nota del 19.5.1988;

– dal contenuto della nota del 4.12.1996.

Trattasi di fatti esaminati in sentenza, con motivazione congrua e scevra da contraddizioni.

La Corte di merito ha infatti rilevato che:

– Il fatto che il rapporto si svolgeva con il B. personalmente “nulla prova, visto che egli è anche il legale rappresentante delle due società che hanno avuto rapporti con la Giunti spa”;

– La nota del 19.5.1988 si ascrive a quel “carteggio” che proverebbe il carattere personale della prestazione e che il giudice dell’appello ha esaminato in sentenza e giudicato irrilevante;

– quanto alla nota del 4.12.1996, la Corte territoriale ha osservato che la successione nel tempo di più contratti a tempo determinato escludeva la configurabilità di un rapporto unico a tempo indeterminato.

In ogni caso il motivo sarebbe privo del carattere di decisività, essendo stato accertato in sentenza, con statuizione autonomamente decisiva, che era stato comunque il B. a recedere dal rapporto di agenzia nell’anno 2000 (lettera di recesso del 24.2.2000) per costituirne uno nuovo con la stessa mandante.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nr. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La censura investe l’accertamento del fatto che più volte il B. aveva esercitato la facoltà di recesso dal contratto di agenzia.

Il ricorrente ha esposto che l’unico recesso intervenuto era quello della preponente, come da raccomandata del 27.7.2001 (il cui contenuto è stato trascritto in ricorso); le comunicazioni da lui inviate alla mandante erano state erroneamente interpretate come atti di recesso mentre si trattava di comunicazioni di variazione della denominazione sociale.

Il motivo è inammissibile.

Si richiama in ordine al vizio dedotto ex art. 360 c.p.c., nr. 3, quanto già osservato sul primo motivo.

In punto di motivazione, la parte piuttosto che dedurre un vizio di omesso, insufficiente, contraddittorio esame di un fatto controverso e decisivo ha proposto una diversa lettura dei documenti di causa (lettera di recesso della mandante del 31.8.2001 e sua comunicazione del 24.2.2000).

Per costante giurisprudenza di legittimità il citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’ esame e la valutazione operata dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e valutare le prove.

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nr. 5, omessa e insufficiente motivazione, illogicità e contradditorietà manifesta.

La censura afferisce alla pronunzia di rigetto degli ulteriori compensi richiesti.

Il ricorrente ha dedotto il vizio della statuizione di assenza di prova del diritto alle provvigioni sugli affari conclusi ed andati a buon fine dopo la cessazione del rapporto di agenzia.

Ha esposto di avere articolato specifici capitoli di prova nel ricorso introduttivo e nell’atto di appello (capitoli 15 e 16) e di avere richiesto la esibizione in giudizio delle scritture contabili della spa mandante ed il successivo espletamento di consulenza tecnico contabile.

Ha assunto che non era sufficiente la circostanza, valorizzata dalla Corte di merito, che la società mandante avesse inviato all’agente il resoconto delle provvigioni maturate per i tre anni consecutivi, occorrendo, invece, l’esame delle scritture contabili. Il diritto dell’agente ad ottenere un estratto delle scritture contabili era previsto dall’art. 1748 c.c..

Il B. ha altresì censurato il ritenuto difetto di prova sulla domanda di pagamento del saldo delle provvigioni dell’anno 2000.

Quanto al rigetto della domanda di risarcimento dei danni causati dal recesso improvviso della mandante dal rapporto a tempo indeterminato, ha contestato il ritenuto difetto di inadempimento della preponente, deducendo la violazione dell’obbligo di buona fede nella esecuzione del contratto. Ha altresì dedotto di avere offerto la prova del danno.

Il motivo è infondato.

– In ordine alle provvigioni maturate per gli affari andati a buon fine dopo la cessazione del rapporto, la censura difetta della allegazione del fatto storico decisivo ed oggetto di discussione non esaminato dal giudice del merito a seguito della mancata ammissione dei mezzi istruttori.

Le circostanze capitolate come oggetto di prova – (il fatto che la mandante avesse conservato dopo la cessazione del rapporto la clientela acquisita dall’agente; la attività di formazione degli agenti svolta dal B.) – attengono ai vantaggi che la mandante avrebbe continuato a ricevere dopo la cessazione del rapporto di agenzia e non alla prova degli affari conclusi con l’intervento dell’agente in costanza di rapporto.

Quanto alla richiesta di esibizione delle scritture contabili e di consulenza tecnica, il motivo difetta di specificità, in quanto il ricorrente ha genericamente dedotto di avere richiesto, in prime ed in seconde cure, l’esibizione in giudizio delle scritture contabili e la consulenza tecnica sulle stesse senza trascrivere le relative istanze nè localizzarle tra gli atti di causa.

Risulta inoltre inadempiuto l’onere di produzione ex art. 369 c.p.c., comma 4, degli atti processuali contenenti le istanze istruttorie non ammesse.

– Quanto alla pronunzia di rigetto del saldo provvigionale dell’anno 2000, il motivo è inammissibile per assoluta genericità ed indeterminatezza della censura.

– Da ultimo, in ordine alla domanda risarcitoria, la motivazione non è affetta dal vizio di insufficienza ed illogicità denunziato, essendo adeguatamente fondata sull’esercizio della facoltà di recesso della mandante dal rapporto concluso a tempo indeterminato, in assenza di ogni allegazione dell’agente atta a provare l’abuso del potere o il carattere incolpevole del suo affidamento nella prosecuzione del rapporto. Il rigetto della censura in punto di inadempimento esime dall’esame di ogni questione in punto di danno, essendo la statuizione sul difetto di inadempimento della mandante autonomamente decisiva.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Resta assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 100 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2017

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