Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5099 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 25/02/2021), n.5099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 973-2020 proposto da:

D.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MIAIORANA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATIURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI ROMA;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 14333/2018 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 29/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa SCALIA

LAURA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. D.N., nato in Guinea, di etnia diankanke e di religione musulmana, ricorre con tre motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato, con cui il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione -ritenuta l’inattendibilità del racconto reso e l’insussistenza dei presupposti di legge volti a legittimarne l’ingresso alle forme di protezione invocate- avverso la decisione con cui la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, disatteso la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Ministero dell’interno si e costituito tardivamente al dichiarato fine di partecipare alla discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Il tribunale, in particolare, ha ritenuto inattendibile la vicenda narrata, comunque non capace di integrare gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato o delle altre forme di protezione invocate.

2. Nel racconto reso il ricorrente aveva dichiarato di essersi allontanato dal suo paese di origine, raggiungendo il Mali e successivamente l’Algeria e la Libia per poi imbarcarsi per l’Italia, per ragioni familiari non andando d’accordo con la matrigna, prima moglie del padre, ed i fratellastri, disaccordo acuitosi dopo la morte dei genitori e di cui temeva le ripercussioni in caso di suo rientro.

3. Con il primo motivo il ricorrente fa valere l’omessa pronuncia sui motivi di ricorso, mancanza ed apparenza di motivazione. Il tribunale si era limitato ad adottare affermazioni di principio sul giudizio di credibilità circa le dichiarazioni rese non provvedendo a spiegare però come l’applicazione delle prime al caso di specie avrebbe dovuto condurre alla non credibilità del dichiarante.

La superficialità della motivazione era tale che il tribunale aveva ritenuto l’assenza dei presupposti per la protezione internazionale nelle forme del rifugio e di quella sussidiaria e ciò nonostante il ricorrente avesse richiesto in via giudiziale il riconoscimento della protezione per motivi umanitari.

4. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 sulla credibilità; il tribunale doveva accertare la convivenza con la matrigna e la sua famiglia e la possibilità che da siffatta situazione potesse derivare una vessazione non sopportabile, ma aveva mancato la risposta a tale accertamento, affermando in modo apodittico l’inattendibilità del richiedente.

5. Con il terzo motivo il ricorrente fa vale la violazione di legge e l’omessa valutazione di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in cui era incorso il tribunale nel negare al richiedente il permesso di soggiorno per motivi umanitari, e la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o corrervi gravi rischi anche in relazione alle previsioni del D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 2, e della L. n. 110 del 2017 che ha introdotto il reato di tortura ed ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. ed all’art. 3 CEDU.

I giudici di merito avevano mancato di esercitare il dovere di cooperazione istruttoria in via ufficiosa anche in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria mancando di accertare in modo rigoroso le condizioni di partenza di privazione dei diritti umani nel paese di origine in una valutazione comparativa con le condizioni personali raggiunte in Italia.

6. Il primo ed il secondo motivo sono inammissibili.

La critica proposta per le indicate censure non coglie infatti la ratio della decisione impugnata nella parte in cui il tribunale ritiene l’inconferenza del racconto e della situazione in tal modo riferita -in quanto intesa di valenza familiare- rispetto ai presupposti legittimanti la protezione internazionale ed umanitaria.

Là dove si tratti di una pronuncia basata su due distinte “rationes decidendi”, ciascuna di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adattata, è onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (Cass. n. 17182 del 14/08/2020).

7. Quanto al restante morivo, sulla protezione umanitaria, il tribunale ha dato conto delle ragioni per cui ha ritenuto l’insussistenza di una situazione di vulnerabilità del richiedente, in relazione al Paese d’origine, valorizzando, la mancata deduzione di specifiche ragioni di vulnerabilità, sottolineando come il ricorrente fosse partito dal proprio paese che era già maggiorenne facendo valere il peggioramento delle proprie condizioni lavorative. Il ricorrente non aveva comprovato l’integrazione in Italia nella insufficienza a tal fine di un rapporto di lavoro della durata di due mesi.

Il ricorrente a fronte di siffatta motivazione deduce che la valutazione dei presupposti richiesti ai fini della protezione umanitaria debba essere, in astratto, autonoma rispetto alle altre misure di protezione internazionale, ma poi non indica nel contrastare l’impugnata motivazione i fatti mancati secondo il provvedimento del tribunale, denunciandone l’omesso valutazione.

Ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di seri motivi che impongano di offrire tutela a situazioni di vulnerabilità individuale, anche esercitando i poteri istruttori ufficiosi a lui conferiti, ma e necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei a far desumere che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. n. 13573 del 02/07/2020).

6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese nella tardività ed irritualità della costituzione dell’amministrazione intimata.

Ai sensi dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrente, importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 998 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA