Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5099 del 02/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2011, (ud. 04/02/2011, dep. 02/03/2011), n.5099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7356-2007 proposto da:

CAPITALIA S.P.A., (già BANCA DI ROMA S.P.A.) e BANCA DI ROMA S.P.A.,

in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VTA F. MARCHETTI 35, presso lo studio

dell’avvocato CATI AUGUSTO, che li rappresenta e difende, giusta

procure in atti;

– ricorrenti –

contro

Z.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DONDI GERMANO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2 006 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata

il 03/03/2006 R.G.N. 10220/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2011 dal Consigliere Dott. CURCURUTO Filippo;

udito l’Avvocato CATI AUGUSTO;

udito l’Avvocato ANDRIOLA ALESSANDRO per delega VESCI GERARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Z.P., dipendente della Banca di Roma, inquadrata come vice capo ufficio con mansioni di addetta alla clientela presso l’agenzia n. (OMISSIS) di Bologna, con rapporto di lavoro part-time ed orario dai lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13, 20, nel giugno 1997 è stata trasferita presso l’agenzia n. (OMISSIS) di Modena in sostituzione di un collega a sua volta trasferito all’agenzia di Sassuolo.

La Z. ha impugnato il trasferimento dinanzi al pretore del lavoro di Bologna che lo ha annullato.

Il Tribunale di Bologna, in sede di appello, ha confermato la decisione del primo giudice.

Il giudice d’appello ha ritenuto del tutto insussistenti le esigenze organizzative e produttive poste a base del trasferimento ed ha giustificato tale affermazione rilevando anzitutto che dall’istruttoria era risultato che la Banca aveva ritenuto di sostituire un’addetta alla clientela operante presso l’agenzia di Sassuolo, temporaneamente assente per maternità, con un impiegato addetto ai titoli operante presso l’agenzia (OMISSIS) di Modena, sostituendo poi quest’ultimo con la Z., la quale svolgeva mansioni di addetta alla clientela presso l’agenzia 1 di Bologna, e distribuendo i compiti della Z. a tre dipendenti della stessa agenzia, rispettivamente vicedirettore, addetto ai titoli e cassiere.

Il Tribunale ha notato in proposito che la Z. non aveva mai svolto mansioni di addetto ai titoli e non aveva quindi la specifica professionalità della persona che avrebbe dovuto sostituire nell’agenzia (OMISSIS) di Modena. Inoltre, era rimasta totalmente sfornita di prova l’asserita sussistenza di un effettivo fabbisogno di organico presso l’agenzia n. (OMISSIS) di Sassuolo e quella di un correlativo esubero presso l’agenzia n. (OMISSIS) di Bologna.

Il Tribunale ha notato poi che dall’istruttoria era emerso come la Z. fosse l’unica persona ad occuparsi stabilmente dell’assistenza alla clientela presso l’agenzia (OMISSIS) di Bologna.

Capitalia s.p.a già Banca di Roma S.p.A. e Banca di Roma S.p.A. già Nuova Banca S.p.A., quale cessionaria di ramo d’azienda, chiedono la cassazione di questa sentenza con ricorso per un unico motivo illustrato anche da memoria.

Z.P. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente sul rilievo che la ricorrente non avrebbe interesse ad agire avendo ormai risolto il problema determinatosi nel luglio del 3 997 ed avendo poi ulteriormente trasferito la Z. in altre agenzie.

L’eccezione è infondata.

Da un lato intatti essa è ancorata ad affermazioni di contenuto generico, quale quella secondo cui la Z. avrebbe “lavorato per un certo periodo presso l’agenzia (OMISSIS) di Bologna” e sarebbe poi stata “nuovamente trasferita presso altra agenzia (l’agenzia (OMISSIS))” per essere ulteriormente trasferita in sede centrale, senza i necessari riferimenti temporali.

Inoltre, l’interesse ad agire, necessario anche ai fini dell’impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata (Cass. 13593/2006; 12952/2007; 27006/2007). Va però anche rimarcato che tale interesse – quale aspetto del generale interesse ad agire che l’art. 100 c.p.c. richiede per la proposizione della domanda giudiziale o per resistere ad essa – è costituito dalla soccombenza nel precedente giudizio, valutata in relazione agli effetti pregiudizievoli derivanti dalla sentenza impugnata, (Cass. 3608/2007, che nella specie ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per difetto di interesse in un caso di impugnazione della declaratoria di decadenza dalla carica di parlamentare Europeo da parte di soggetto che aveva comunque optato per altra carica incompatibile: 10486/2009).

Quindi, a fronte della contestazione della legittimità di un trasferimento, il datore di lavoro, a meno che non lo abbia revocato spontaneamente, può avere interesse a impugnare la decisione che lo abbia ritenuto illegittimo, in vista delle conseguenze che la illegittimità potrebbe determinare anche sotto il profilo risarcitorio, non rilevando che pretese di tale natura non siano state contestualmente sollevate da un lavoratore in sede di impugnazione dell’atto (ipotesi diversa da quella di preclusione dell’azione risarcitoria in caso di intervenuta decadenza dall’impugnazione del licenziamento su cui. vanamente, Cass. 10235/2009; 5137/2010 nel senso che la preclusione opera anche per l’azione risarcitoria di diritto comune, e Cass. 5804/20010;

6727/2010 nel senso che quest’ultima non sarebbe preclusa) e comunque in relazione all’esigenza di non vedere consolidata anche nella comunità di lavoro, l’opinione di un uso scorretto dei propri poteri.

Vale considerare del resto, che, se si ritenesse venuto meno l’interesse al giudizio in ogni caso di impugnativa di trasferimento quando al momento della decisione il dipendente non presti più la sua opera nella sede contestata, la non infrequente mobilità fra le varie sedi di lavoro e i tempi non brevi del controllo giurisdizionale pieno, tramite il giudizio di merito, renderebbero spesso, per non dire quasi sempre, impossibile un controllo di legittimità sulla determinazione del datore di lavoro.

Con l’unico motivo di ricorso, corredato da pertinente quesito di diritto a norma dell’art. 366 bis c.p.c., è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 1175 e 1366 c.c. e art. 115 c.p.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Premesso che, in sede di controllo della legittimità del trasferimento del lavoratore da una ad altra unità produttiva, il giudice, tenuto a verificare la sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive che lo consentono, deve accertare che esse non siano frutto di determinazioni irragionevoli contrarie agli obblighi di correttezza e buona fede, si addebita alla sentenza impugnata di non aver considerato che la sostituzione in una unità produttiva di un lavoratore assegnato altrove con un trasferimento di altro dipendente proveniente da diverse sedi rientra nelle – o ragioni che secondo la legge possono giustificare il trasferimento, mentre non è consentito al giudice di censurare le scelte concernenti l’unità produttiva dalla quale trarre il sostituto e la persona destinata al relativo compito, trattandosi, di manifestazioni del potere organizzativo riservato all’imprenditore, cui esclusivamente aspetta di valutare l’apporto di un determinato collaboratore nella nuova sede nonchè la possibilità di utilizzarlo anche in compiti per i quali non abbia maturato una precedente esperienza, potendo anzi l’occasione della sostituzione venir utilizzata per una crescita professionale del sostituto. Si addebita infine la sentenza impugnata di non aver considerato che le testimonianze assunte avevano dimostrato che la Z. era considerata fra il personale in soprannumero nell’area interessata ed era quindi utilizzabile per coprire il posto vacante a Modena e che in tale sede poteva esser assegnata utilmente anche al settore titoli, potendosi avvalere dell’esperienza di altra collega che già vi operava.

Il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte, con orientamento costante, anche di recente ribadito, suole affermare che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa e non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore; quest’ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo. (Cass. 9921/2009 che, nella specie ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la non pretestuosità delle motivazioni del trasferimento da una sede geografica ad un’altra di un inviato speciale di un giornale e l’effettività del processo di riorganizzazione profilato in attuazione di un disegno concordato in sede collettiva, respingendo l’impugnazione del lavoratore che aveva, invece, invocato la necessità della verifica specifica e concreta delle oggetti ve necessità aziendali del trasferimento: conf. Cass. 7930/2005;

11660/2003; 11624/2002 che ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto illegittimo il trasferimento in quanto non era stato provato che il dipendente possedesse una particolare attitudine a ricoprire il posto resosi vacante, ovvero non era stato trasferito altro dipendente perdente posto in seguito a vicende societarie, o non era risultata l’inutilizzabilità nella sede di provenienza del dipendente trasferito; 27/2001).

Il Tribunale non si è conformato a questi principi.

Infatti, per ritenere insussistenti le ragioni che legittimavano il trasferimento della Z. ha sottolineato la distribuzione fra più dipendenti delle sue mansioni di addetta alla clientela presso l’agenzia (OMISSIS) di Bologna, l’assenza di esperienza nelle nuove mansioni- di addetta ai titoli- che la Z. avrebbe dovuto svolgere a Modena, la circostanza che a Bologna la Z. fosse l’unica persona ad occuparsi dell’assistenza alla clientela.

Ma al riguardo deve osservarsi che mettere in evidenza le modalità di svolgimento dei compiti di addetto alla clientela da parte della Z. prima del trasferimento e la loro distribuzione a seguito di quest’ultimo fra tre dipendenti, e sottolineare che la Z. non aveva esperienza nelle mansioni di addetto ai titoli significa, palesemente, valutare la qualità delle scelte organizzative dell’istituto di credito e non, contrariamente a quanto si afferma nella sentenza, la loro logicità. Il datore di lavoro, ferma ovviamente l’equivalenza professionale delle mansioni, nel caso di specie indiscussa, ben può ritenere infatti più opportuno privarsi, in una determinata unità produttiva, dell’apporto di un dipendente con specifiche determinate mansioni, trasferendolo in altra unità produttiva per coprire, con il dipendente trasferito, una posizione vacante nella sede di destinazione, senza che questa scelta, solo perchè eventualmente meno efficiente di altra, sia illogica non potendo interessare al lavoratore la congruità o la maggiore utilità economica degli assetti organizzativi del datore di lavoro, al quale unicamente spetta di valutare comparativamente le proprie esigenze produttive.

Quanto poi all’assenza di effettivo fabbisogno di organico presso l’agenzia di Sassuolo e di un correlativo esubero presso l’agenzia di Bologna, si tratta di affermazioni che per la parte concernente l’esubero trovano evidente spiegazione nel punto di vista del giudice di merito circa la scelta organizzativa di distribuire i compiti della Z. fa più dipendenti, mentre quanto alle esigenze dell’agenzia di Sassuolo non sono compatibili con quanto affermato dalla stessa sentenza che da atto dell’assenza per maternità di una dipendente di quella Agenzia.

In questo contesto la Corte ritiene quindi che le affermazione in esame non riguardino un accertamento di fatto, ma esprimano ancora una volta, con altre espressioni, il complessivo punto di vista del giudice di merito sulla sindacabilità delle decisioni imprenditoriali.

Quindi, il ricorso va accolto in quanto la sentenza è affetta da vizio di violazione di legge, con l’ulteriore conseguenza che, non essendovi necessità di accertamenti ulteriori, alla cassazione della sentenza segue la decisione nel merito con rigetto della domanda. La soccombente va condannata alle spese del giudizio di legittimità, mentre le particolarità della vicenda giustificano la compensazione delle spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda: condanna la resistente alle spese in Euro 34,00 oltre ad Euro 2000 per onorari quanto al giudizio di legittimità: compensa le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2011

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