Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5096 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. II, 03/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 03/03/2010), n.5096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE G. MAZZINI 119, presso lo studio dell’avvocato GIUGNI

UMBERTO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

ELISA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 29002/2004 del GIUDICE DI PACE di ROMA,

depositata il 25/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per l’inammissibilità o il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO E IN DIRITTO

Z.M. ha proposto ricorso per Cassazione contro Elisa srl avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 29002 del 2004, che, pronunciando secondo equità sulla domanda per Euro 646,12 oltre interessi e rivalutazione, per ritardo nella fornitura di mobili effettuata il 16.10.2002 rispetto al termine del 1.10.2002, aveva liquidato Euro 200,00 con interessi dalla domanda e compensazione delle spese.

Il ricorrente denunzia: 1) violazione dei principi informatori di comportamento secondo correttezza, ricavabile dall’art. 1175 c.c.; 2) violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere il GP ritenuto che avendo corrisposto Euro 500,00 a titolo di liberalità a chi lo aveva ospitato per 13 giorni, aveva aggravato la situazione del debitore; 3) violazione dei principi informatori in materia di onere della prova ricavabili dall’art. 2697 c.c., comma 2 e dell’art. 1227 c.c.; 4) violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè il GP ha liquidato Euro 200,00 per danno esistenziale, pur non avendo egli formulato alcuna richiesta di carattere non patrimoniale, omettendo di provvedere sul danno patrimoniale anche in ordine alla clausola “nell’eventualità di disguidi non può essere trattenuta una cifra superiore al 10% dell’importo totale”; 5) la compensazione delle spese.

Le censure possono esaminarsi congiuntamente e respingersi.

Il GP ha fatto riferimento ad una consegna indicativamente tra il 27.9 ed il 1.10.2002, termine non perentorio nè essenziale, deducendo di non comprendere per qual motivo l’attore avesse fatto “smaltire” la vecchia camera da letto il 3.10.2002 quando gli era stata comunicata la consegna in data 16.10.2002, aggravando la situazione del debitore.

Palesemente il ricorso in esame va considerato inammissibile ove si consideri che risulta non conforme ai principi particolari che regolano l’impugnazione delle sentenze emesse dal giudice di pace secondo equità, quali sono, ex lege, tutte quelle di valore inferiore ai 1.033,00 Euro, anche se il giudice non ha fatto espresso riferimento alla decisione equitativa e ne ha fatto, invece, a specifiche disposizioni normative.

Le quali sentenze, per ormai costante indirizzo giurisprudenziale, sono impugnabili con ricorso per Cassazione, oltre che per i motivi e la violazione previsti dai numeri uno e due dell’art. 360 c.p.c., anche (con riferimento al n. 3 del citato articolo) per violazioni della Costituzione, del diritto comunitario, dei principi generali dell’ordinamento e della legge processuale, nonchè, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 2004, dei principi informatori della materia, restando pertanto escluse, anche dopo tale pronuncia, le altre violazioni di legge; mentre sono soggette a ricorso per Cassazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) per nullità attinente alla motivazione solo ove questa sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni contrastanti o perplesse o comunque inidonea ad evidenziare la “ratio decidendi”.

Nella specie, esclusa, in relazione ai riportati criteri, qualsiasi ipotesi di violazione di legge utilmente deducibile, posto che le censure, di fatto tendono ad un riesame del merito, è da osservare che erroneamente viene censurata l’impugnata sentenza sotto il profilo riconducibile ai principi da considerarsi informatori della materia, che vanno espressamente indicati in chiave sistematica specificando come la regola equitativa individuata dal G.P. si ponga in contrasto con essi (Cass. 11.1.05 n. 382); non ricorre neppure l’ipotesi di vizi di motivazione a loro volta riconducibili entro gli indicati limiti dell’impugnabilità ex art. 111 Cost..

Non senza tenere, comunque, nel debito conto che la motivazione fornita dal giudice a quo all’assunta decisione risulta sufficiente, basata su considerazioni del tutto condivisibili in ordine alla valenza oggettiva e logica da attribuire ai vari elementi di giudizio risultanti dagli atti e su razionali valutazioni di essi; un giudizio, dunque, operato nell’ambito dei poteri discrezionali del giudice di merito, a fronte del quale, in quanto obiettivamente immune anche dalle censure ordinariamente ipotizzabili in forza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la diversa opinione soggettiva di parte ricorrente è inidonea a determinare le conseguenze previste dalla norma stessa.

Se a ciò si aggiunge che le dedotte violazioni di norme processuali sono chiaramente insussistenti perchè col secondo motivo, in realtà, si censura la motivazione mentre col quarto, a prescindere dalla carenza di interesse alla doglianza rispetto ad una liquidazione in proprio favore del danno indicato in sentenza come esistenziale, non si ravvisa alcuna omessa pronuncia risultando dalla motivazione l’esame delle domande proposte e non deducendo il ricorrente alcun disguido, resta confermata la incensurabilità della motivazione addotta, anche in ordine alle spese atteso il sostanziale rigetto quasi dell’intera domanda. In definitiva il ricorso va rigettato, senza pronuncia sulle spese, attesa la mancata costituzione di controparte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

 

 

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