Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5095 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 03/03/2016, dep.28/02/2017),  n. 5095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

R.B.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 283/63/09, depositata il 17 novembre 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

marzo 2016 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

udito l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per raccoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento del provvedimento di diniego del condono – relativo ad IRPEF ed ILOR per l’anno 1998 – presentato da R.B. ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, definizione agevolata negata per essere stata la seconda rata versata tardivamente il 24 maggio 2004 anzichè il 16 aprile 2004.

Il giudice d’appello per un verso ha ritenuto che la L. n. 289 del 2002, art. 12, nulla prevedeva come conseguenza del mancato pagamento nei termini da esso previsti, sicchè la relativa disciplina non poteva discostarsi da quella fissata dai precedenti artt. 8 e 9; per altro verso ha rilevato come doveva ritenersi irrazionale ed iniquo che il D.L. 24 giugno 2003, n. 143, avesse introdotto termini più favorevoli per il contribuente che non si era avvalso della procedura di condono, con una disposizione premiale rispetto a chi aveva avviato tempestivamente la sanatoria. In ogni caso, il ritardo di soli 38 giorni del contribuente doveva essere considerato un errore scusabile, derivante dalle ripetute modifiche legislative che avevano riguardato la legge di condono.

Te contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12, in combinato disposto con i precedenti artt. 8 e 9, l’amministrazione ricorrente assume che per l’ipotesi della prima disposizione in rubrica il ritardato o il mancato versamento di una rata costituirebbe causa di decadenza degli effetti del condono; con il secondo motivo denuncia sotto altro profilo la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12, criticando la sentenza per aver ritenuto valida ed efficace la definizione agevolata, pur a fronte del tardivo pagamento della seconda rata, sulla base del presupposto della scusabilità dell’errore.

I motivi devono essere disattesi perchè non aggrediscono una delle due rationes decidendi, costituita dalla applicabilità del differimento dei termini disposto ai sensi del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2, convertito nella L. 1 agosto 2003, n. 212 – e del D.M. 18 aprile 2005, sulla base di tale disposizione emanato -, anche ai soggetti che avevano avviato tempestivamente la sanatoria, come nella specie, e non solo a coloro che non si erano avvalsi della procedura di condono.

Questa Corte ha in proposito chiarito come “in tema di condono fiscale, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della L. 29 dicembre 2002, n. 289, art. 12, la proroga dal 16 aprile 2004 al 18 aprile 2005 del termine di pagamento della seconda rata ivi prevista opera anche per coloro che avevano pagato la prima in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del D.L. 24 giugno 2003, n. 143 (conv. nella L. 1 agosto 2003, n. 212 e contenente un prima differimento); infatti, il cit. D.L. n. 143, art. 1, comma secondo e il D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g) – che limita la platea dei destinatari della proroga dei termini a quei contribuenti che alla data di entrata in vigore del predetto D.L. n. 143, non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui all’art. 12 (tra gli altri) della legge n. 289 del 2002 – vanno interpretati nel senso che per versamenti “utili” devono intendersi quelli immediatamente estintivi di detti obblighi, ossia quelli effettuati in unica soluzione” (Cass. n. 13697 del 2013; cfr. inoltre Cass. n. 12090 del 2012, non massimata).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio devono essere compensate, in considerazione dell’epoca di formazione dell’orientamento giurisprudenziale di riferimento.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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