Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5094 del 02/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 02/03/2011), n.5094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9968/2007 proposto da:

CIATTI S.R.L., (già CIATTI S.P.A.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DEI QUATTRO VENTI 162, presso lo studio dell’avvocato DEL CASTELLO

ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato CANESSA Carlo, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.R.;

– intimato –

e sul ricorso 13315/2007 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 4,

presso lo studio dell’avvocato DE SANCTIS MANGELLI SIMONETTA, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CIATTI S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1286/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/10/2006 R.G.N. 1258/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

02/02/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito del giudizio in cui erano state proposte dalle parti domande l’una verso l’altra, la Corte d’appello di Firenze, nel confermare l’annullamento, con sentenza depositata il 16 ottobre 2006 e notificata il 2 febbraio 2007, del licenziamento intimato il 22 novembre 2001 da Ciatti s.r.l. (allora s.p.a.) al proprio dipendente T.R., ha confermato, per quanto qui interessa, che dall’indennità risarcitoria di cui all’art. 18, comma 4, S.L, dovuta al T. andava detratto quanto da questo percepito per una diversa occupazione che aveva dichiarato, in sede di risposta all’interrogatorio libero avanti al Tribunale, di avere trovato dall’ottobre 2002, rigettando pertanto sul punto l’appello incidentale di questo. Peraltro, in accoglimento di una “diversa subordinata pretesa indennitaria” proposta dal T., la Corte territoriale ha contenuto l’importo da sottrarre dal danno da risarcirgli nei limiti della differenza tra la retribuzione cui avrebbe avuto diritto presso la società e i minori importi percepiti nel diverso impiego reperito dall’ottobre 2002 (e non azzerando ogni importo successivo a tale data, come stabilito dal giudice di prime cure).

Avverso tale capo di sentenza, con le conseguenze trattene nel dispositivo, in sede di quantificazione dell’indennità risarcitoria, la Ciatti s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, con quattro motivi, notificandolo alla controparte a mezzo posta in data 2 aprile 2007.

Resiste alle censure T.R. con rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente ricorso incidentale, con un unico motivo.

La società ricorrente principale ha infine depositato una memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto investono una medesima sentenza.

1 – Col primo motivo, la difesa della ricorrente principale denuncia la violazione degli artt. 112, 113, 163, 189, 345, 359 e 414 c.p.c., e il vizio di motivazione, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, il T. non avrebbe mai sostenuto di aver percepito dall’ottobre 2002 una retribuzione inferiore a quella spettantegli presso la Ciatti e conseguentemente non avrebbe mai formulato una domanda subordinata, in primo grado o in appello, per contenere la detrazione dall’indennità risarcitoria nei limiti dell’effettivo aliunde perceptum, limitandosi a dedurre che l’eventuale diverso reddito “medio tempore”, percepito avrebbe dovuto essere provato dal datore di lavoro e che la propria dichiarazione resa in giudizio di avere lavorato dall’ottobre 2002 sarebbe stata talmente generica da non consentire detrazioni.

La ricorrente sostiene pertanto che la Corte avrebbe dovuto nel caso in esame confermare la pronuncia del Tribunalesche aveva limitato il danno da risarcire all’equivalente delle retribuzioni fino al settembre 2002, denunciando altresì la contraddittorietà, e la insufficienza della motivazione in proposito.

Il motivo di ricorso è infondato.

Nella esposizione relativa allo svolgimento del processo, la Corte territoriale da atto che in sede di appello incidentale, il T. aveva dedotto “inoltre che la retribuzione goduta a partire dall’ottobre 2002 è stata sensibilmente inferiore a quella cui avrebbe avuto diritto presso la Ciatti s.p.a., per cui si mostra erronea la valutazione di non spettargli altro a tale titolo retributivo fino alla reintegrazione”.

La Corte interpreta così l’appello incidentale come contenente altresì una “diversa subordinata pretesa indennitaria” rispetto alla principale pretesa di vedersi attribuiti a titolo di danno l’equivalente della intera retribuzione che avrebbe percepito presso la società Ciatti anche successivamente al settembre 2002 e fino alla reintegrazione.

Nel riprodurre la parte di appello incidentale riguardante l’argomento, per dedurre l’inesistenza di tale “subordinata pretesà”, la società ricorrente non riesce peraltro a sostenere l’effettiva commissione di un errar in procedendo da parte della Corte d’appello, attraverso la dimostrazione dell’evidenza di un significato delle richieste e delle difese svolte nell’appello incidentale dal T. diverso da quello colto dai giudici di merito.

Nelle diffuse e ondeggianti difese dell’appellante incidentale è infatti comunque chiaramente percepibile la contestazione della mancanza di una prova che il T. avesse percepito dopo il settembre 2002 cifre equivalenti a quelle che gli sarebbero spettate presso la Ciatti s.r.l.; nonchè le affermazioni che, anche ad ammettere in proposito l’esistenza della prova sull’an, occorrerebbe comunque detrarre l’effettivo quantum percepito e non quello presunto, che in proposito i giudici potrebbero attivare i loro poteri istruttori ufficiosi e che lui era comunque disponibile alla più ampia collaborazione.

Tali difese si prestano chiaramente ad essere interpretate nel senso in cui i giudici di merito le hanno intese, nell’esercizio del potere loro riservato di interpretare le domande e le eccezioni delle parti, purchè in maniera non illogica (cfr., ad es. recentemente, Cass. 5 ottobre 2009 n. 21228 e 10 febbraio 2010 n. 3012).

2 Col secondo motivo di ricorso principale, la società deduce la violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 5, art. 414 c.p.c., n. 5, art. 342 c.p.c., art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 437 c.p.c., comma 2, e il vizio di motivazione laddove la Corte aveva respinto l’eccezione di tardività della documentazione prodotta dal T., su richiesta dei giudici, relativa ai redditi percepiti nell’occupazione reperita dall’ottobre 2002.

La ricorrente sostiene infatti che avrebbe dovuto essere l’appellante incidentale – il quale aveva impugnato la sentenza di primo grado relativamente alla sottrazione dell’aliunde perceptum nei termini indicati – a dover provare che andava dedotto un importo minore di quello individuato dal giudice di primo grado.

Invece la Corte aveva disposto d’ufficio la produzione di tale documentazione, reiterando addirittura l’ordine, dato che al primo il T. non aveva corrisposto.

Con ciò avrebbe violato i principi affermati da Cass. S.U. 20 aprile 2005 n. 8203 e 17 giugno 2004 n. 11353 e svolto una motivazione carente.

3 – Col terzo motivo, la ricorrente principale denuncia la violazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., art. 2697 c.c. e artt. 99, 112 e 113 c.p.c., e un vizio di motivazione, laddove la Corte aveva erroneamente affermato di aver richiesto al lavoratore di individuare la differenza tra il percepito e il dovuto, su “sollecitazione della parte datoriale allo scopo di verificare questo aliunde perceptum”.

In appello non vi sarebbe infatti stata alcuna sollecitazione in proposito da parte della società.

Il T. aveva poi esibito e non prodotto le buste paga dall’ottobre 2002.

Anche tali due motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Una volta infatti acquisita ritualmente in giudizio la deduzione e la prova relative all’ai dell’aliunde perceptum, il giudice di primo grado aveva ritenuto di desumere il quantum di tale ultimo importo sulla base di presunzioni, che, su appello incidentale del T., la Corte territoriale ha ritenuto insufficienti a sostenere la decisione.

A questo punto, peraltro, la Corte territoriale, invece di trarre le possibili conseguenze sul piano dell’appello incidentale nella sua versione principale, accogliendo “la sollecitazione della parte datoriale allo scopo di verificare questo aliunde perceptum” (evidentemente quella oggetto di deduzione fin dal giudizio di primo grado), ha proceduto a chiedere al lavoratore di produrre la documentazione necessaria per procedere ad “operare la necessaria comparazione tra gli emolumenti astrattamente spettanti a titolo risarcitorio… e quelli fruiti per la nuova occupazione rinvenuta dall’ottobre 2002”.

Si richiamano i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui il c.d. aliunde perceptum non integra una eccezione in senso stretto e può essere rilevato anche d’ufficio dal giudice.

4 – Con l’ultimo motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 416, 420 e 116 c.p.c. nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove la Corte aveva erroneamente affermato che i conteggi prodotti dal lavoratore non erano stati contestati dalla società, che questa viceversa afferma avere specificatamente contestato nelle note depositate in data 20 maggio 2005.

Esaminando peraltro tali contestazioni, come riprodotte in ricorso, si rileva che solo l’ultima investe i conteggi, censurando, peraltro in maniera del tutto generica e quindi inammissibile, la determinazione della retribuzione di fatto presa in considerazione dal consulente.

Per il resto, trattasi infatti di deduzioni che riguardano la veridicità e la pertinenza della documentazione prodotta dal T. o la credibilità delle sue tesi difensive, anche relative a periodi diversi da quello successivo al settembre 2002.

Tale ultimo motivo è pertanto inammissibile per la genericità e il difetto di pertinenza delle deduzioni di sostegno.

Col ricorso incidentale, T.R. denuncia la violazione degli artt. 229, 420, 421 e 437 c.p.c., nonchè artt. 2697 e 2733 c.c., per avere il Tribunale e poi la Corte ritenuto provato il fatto di una occupazione dall’ottobre 2002, sulla base di dichiarazioni rese dal T. in sede di risposta all’interrogatorio libero, le quali non possono mai configurare una confessione giudiziale spontanea.

Anche il ricorso incidentale è manifestamente infondato, avendo i giudici tratto convincimento circa la esistenza di redditi da lavoro percepiti dal T. nel periodo successivo al licenziamento non da una sua pretesa confessione ma da elementi di prova, consistenti, tra l’altro, nella considerazione del tempo che normalmente intercorre tra una occupazione e l’altra in una determinata area geografica e relativamente a determinate mansioni e nella ammissione resa in sede di interrogatorio libero dal lavoratore su sollecitazione del giudice; nella fattispecie, poi, i documenti sono stati ritualmente acquisiti poichè l’ordine giudiziale relativo, plausibilmente motivato, fu basato, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, su fatti allegati dalle parti nell’ambito di regolare contraddittorio.

Concludendo, ambedue i ricorsi, principale e incidentale, vanno respinti, con la conseguente integrale compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando integralmente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2011

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