Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5090 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. III, 25/02/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 25/02/2020), n.5090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27031-2017 proposto da:

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIANGIACOMO PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO

PIZZOLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DIANA

INGRAVALLO, CIRO NOCERINO;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA in persona del Procuratore ANTONIO CAVALLUZZO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI 15,

presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati STEFANO CAVALLINI, FILIPPO

CARIMATI;

CASTELLO FINANCE SRL rappresentata da ITALFONDIARIO SPA in persona

del Procuratore R.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA LUIGI LILIO 95, presso lo studio dell’avvocato TEODORO CARSILLO,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARIA ELISABETTA ROSA CIRILLO,

FRANCESCO CIRILLO, EMANUELE CIRILLO;

– controricorrenti –

e contro

C.A., D.M.M., P.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3694/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/10/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO che ha concluso per l’accoglimento in pare quo del 4

motivo di ricorso, rigetto per il resto;

udito l’Avvocato ROBERTO GAETANI per delega orale;

udito l’Avvocato EMILIANO SCARANTINO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.P. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 3694 del 18/8/2017 che, in accoglimento parziale dell’appello di Intesa San Paolo Spa ed incidentale di Castello Finance srl, ha accertato essersi verificato un effetto sospensivo della prescrizione del loro diritto di credito vantato nei confronti del ricorrente, a seguito di negozi di cessione, non potendo escludersi la sospensione in presenza dell’astensione del creditore procedente dall’ulteriore corso della procedura in ragione della parziale soddisfazione del proprio credito. Quanto ai profili specifici della prescrizione la Corte territoriale ha valorizzato le dichiarazioni confessorie rese dal debitore D.P. in ordine alla presenza di atti interruttivi della prescrizione e della nuova decorrenza del termine di prescrizione dal 13/11/2002, non ancora compiuto al momento di stipulazione dei negozi di cessione. La Corte territoriale ha conseguentemente condannato i soccombenti D., C. e P. a pagare in favore delle società Intesa San Paolo e Castello Finance le spese del doppio grado ed ha, per il resto, confermato la sentenza del Tribunale di Monza.

Avverso la sentenza D.P. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Resistono con distinti controricorsi Intesa Sanpaolo S.p.A. e Castello Finance s.r.l., rappresentata da Italfondiario S.p.A. La causa è stata assegnata dalla sezione sesta della terza civile alla odierna pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Occorre preliminarmente rigettare l’eccezione di intervenuta cessazione della materia del contendere sollevata dalle parti resistenti con riguardo all’intervenuta cancellazione dell’ipoteca giudiziale con atto del 16/10/2017, anteriore alla proposizione del ricorso.

Se è vero che, qualora fosse confermata la cancellazione dell’ipoteca a quella data, il ricorso sarebbe in astratto improcedibile per carenza di interesse, essendo la domanda originaria del D. volta ad ottenere l’accertamento dell’estinzione del diritto di ipoteca e la condanna all’immediata cancellazione della medesima, è altrettanto vero che l’interesse al ricorso del D. deve essere valutato con riguardo alla cassazione della sentenza d’appello che il medesimo intende perseguire essendo stato coinvolto, anche ai fini delle spese, nelle statuizioni di rigetto di domande che non lo riguardavano.

Si procede, pertanto, all’esame dei motivi di ricorso.

1.Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione dell’art. 156 c.p.c. per insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione, con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la Corte d’Appello, da un lato, dichiarato il rigetto della domanda di D.P. nei confronti di Intesa Sanpaolo e di Castello Finance S.p.A. e dall’altro, confermando alcuni capi della sentenza di primo grado, accolto la stessa domanda, con riguardo all’accertata estinzione del diritto di ipoteca, all’illegittimità del rinnovo, alla condanna all’immediata cancellazione e al pagamento di una penale giornaliera.

1.1 Il motivo non è fondato e la critica è frutto di una fuorviante lettura della motivazione. La sentenza ha infatti rigettato le domande svolte nel giudizio di appello da D., C. e P. con le quali essi invocavano il rigetto dell’appello principale proposto da Intesa Sanpaolo Spa e di quello incidentale di Castello Finance srl. Il Giudice ha accertato che, sia al momento del pagamento del corrispettivo della cessione nel dicembre 2004, sia al momento del perfezionamento degli atti di cessione nel luglio 2011, il credito ceduto era sussistente, valido ed efficace nei confronti di D.P. il quale non ne aveva neppure eccepito l’inesistenza per prescrizione. La sentenza di primo grado era, pertanto, errata sul punto centrale della controversia ovvero sulla circostanza, correttamente evidenziata dal giudice d’appello, che la prescrizione del credito è maturata dopo i negozi di cessione. La conseguenza logica di tale rilievo è il rigetto della “relativa domanda” proposta da D., C. e P. in accoglimento dell’appello proposto da Intesa Sanpaolo Spa e Castello Finance srl. Non sussiste, pertanto, alcun insanabile contrasto tra i diversi capi della sentenza e tra dispositivo e motivazione. La sentenza impugnata ha dedotto, dal fatto giuridico dell’esistenza del credito al momento della cessione, il rigetto delle domande avversarie, modificando la sentenza di primo grado sul punto per confermarla per il resto, ovvero laddove statuiva la prescrizione dei diritti ipotecari in epoca successiva agli atti di cessione.

2. Con il secondo motivo di ricorso – violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. per ultrapetizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 censura la sentenza per aver duplicato le domande di D.P. estendendo al medesimo una domanda – volta ad ottenere l’invalidità o la risoluzione dei negozi di cessione – che egli non ha mai formulato, essendosi egli limitato sempre e soltanto a chiedere l’accertamento dell’intervenuta estinzione del diritto di ipoteca e la sua immediata cancellazione. La sentenza sarebbe pertanto viziata da ultrapetizione per mancata coincidenza tra il chiesto ed il pronunciato.

3. Con il terzo motivo – violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. per ultrapetizione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – ripropone la stessa censura contenuta nel secondo motivo declinata, in via subordinata, non con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ma all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2-3. I motivi non sono fondati. Il giudice d’appello ha, ovviamente, deciso sulle domande proposte in sede di gravame, ove il D. aveva chiesto il rigetto dell’appello proposto da Intesa Sanpaolo e il Giudice, disattendendo le richieste di D. ha accolto l’appello. Non si vede dove risieda il preteso vizio di ultrapetizione sollevato dal ricorrente ed il motivo di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sentenza che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, si è correttamente pronunciata sulle domande delle parti. Quanto al terzo motivo, esso si palesa del tutto pretestuoso e strumentale mancando l’enunciazione dei motivi per cui sarebbero state violate o falsamente applicate le norme di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c..

4. Con il quarto motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – denuncia l’impugnata sentenza per averlo condannato alle spese nei confronti di Banca Intesa e di Castello Finance e per aver disposto la compensazione delle spese tra lui ed i terzi intervenuti quando il D. sarebbe risultato sempre integralmente vittorioso in entrambi i gradi del giudizio.

4. Il motivo è privo di fondamento. Non può sostenersi che il D. sia vittorioso in primo ed in secondo grado. La domanda principale del ricorrente nel giudizio di appello, di rigetto dell’impugnazione proposta da Intesa Sanpaolo e da Castello Finance, è stata respinta, sicchè egli è certamente soccombente nel giudizio di merito, sì da dover conseguentemente sopportare l’onere delle spese. Il comportamento processuale del D. è sempre stato ispirato a sostenere, con evidente malafede, che la prescrizione dei crediti fosse intervenuta prima della stipula dei negozi di cessione del credito. La malafede è desumibile dal fatto che gli atti interruttivi della prescrizione sono stati susseguenti ad un giudizio introdotto proprio dal D. che propose l’opposizione all’esecuzione interrompendo il termine di prescrizione.

5. Conclusivamente il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato a pagare, in favore di ciascuna parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare, in favore di ciascuna parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.200, oltre Euro 200 per esborsi, accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, a seguito di trattazione in pubblica udienza, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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