Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5088 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 25/02/2020), n.5088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28890-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 490/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUT,1RIA

REGIONALE delle MARCHE, depositata il 23/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro P.L., impugnando la sentenza resa dalla CTR Marche indicata in epigrafe che, decidendo in sede di rinvio all’esito della pronunzia resa da questa Corte n. 15571/2011 l’appello proposto avverso la decisione di primo grado, ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso per la ripresa di Irpef, IVA e Irap per l’anno 1999. Secondo la CTR non poteva ritenersi legittimo l’operato dell’ufficio che, nel corso del giudizio, aveva tentato di modificare l’originario oggetto della pretesa fiscale, fondato sullo scostamento dei ricavi da quelli individuati per il tramite degli studi di settore, attraverso la dedotta incongruenza delle risultanze contabili e la determinazione del reddito per il tramite degli studi di settore. Tale modificazione non aveva trovato spazio nell’avviso di accertamento motivato unicamente dal mancato rispetto degli studi di settore.

Aggiungeva poi la CTR che soltanto l’avviso di accertamento n. R9G01T100574/2005, relativo all’anno d’imposta 1999-oggetto del presente giudizio-, aveva aggiunto che in sede di accesso non era stato prodotto l’elenco delle giacenze iniziali 2000 (finali 1999) senza tuttavia che l’ufficio avesse contestato l’inattendibilità della contabilità.

Evidenziava che l’accertamento fondato unicamente sugli studi di settori era stato legittimamente ritenuto illegittimo non avendo l’ufficio indicato in motivazione le ragioni che avrebbero reso inattendibili le giustificazioni offerte dal contribuente in sede di contraddittorio, tanto inficiando l’atto per difetto di motivazione.

La parte intimata non si è costituita. La ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio. La CTR avrebbe tralasciato di considerare che in sede di controdeduzioni depositate in fase di appello l’ufficio avrebbe specificato che la controversia aveva tratto origine da un accertamento emesso in seguito ad un accesso mirato dell’ufficio nel corso del quale la parte contribuente non avrebbe prodotto l’elenco delle rimanenze iniziali e finali dell’anno. Tale omissione avrebbe consentito di ritenere la legittimità dell’accertamento di tipo induttivo, nel uale gli studi di settore sarebbe stato legittimato dall’omessa indicazione analitica delle giacenze iniziali e finali. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis. La CTR avrebbe tralasciato di considerare che i fatti ed i rilievi emersi dal controllo eseguito (mancata redazione dei prospetti analitici delle rimanenze e mancata contabilizzazione dei ricavi) avrebbe reso pienamente legittima la ripresa a tassazione.

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36. La motivazione della sentenza impugnata, secondo la ricorrente, era palesemente illogica e contraddittoria. La CTR avrebbe erroneamente annullato l’atto per un difetto di motivazione senza considerare che il contraddittorio al quale la stessa aveva fatto riferimento era stato successivo all’emissione dell’atto di accertamento, sicchè non sarebbe stato possibile individuare un deficit di motivazione dell’atto stesso, avendo la parte contribuente affermato l’erroneità dei risultati ottenuti con lo studio di settore solo in sede di adesione. La motivazione doveva pertanto ritenersi apparente.

La censura prospetta, per l’un verso, la contraddittorietà della motivazione che, come è noto, è stata espunta dal perimetro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed assume l’apparenza della motivazione sul presupposto che il giudice di appello avrebbe ritenuto carente di motivazione l’accertamento per deficit di contraddittorio, senza considerare che il contraddittorio era stato successivo all’atto. Tale questione, tuttavia, non potrebbe integrare il vizio di motivazione apparente- nel caso di specie non sussistente in relazione all’iter logico che il giudice di appello risulta avere seguito per confermare la decisione di primo grado, fondata sulla illegittimità dell’atto che non aveva fornito giustificazioni alcune agli elementi offerti in sede di contraddittorio preventivo dalla parte contribuente per superare le risultanze degli studi di settore-. Sul punto, infatti, il giudice di merito sembra essersi perfettamente allineato ai principi espressi da questa Corte- Cass.n. 13908/2018- allorchè si è ritenuto che in tema di accertamento mediante l’applicazione degli studi di settore, ove il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, contesti l’applicazione dei parametri allegando circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale dagli “standards” previsti, l’Ufficio, ove non ritenga attendibili le stesse, è tenuto a motivare adeguatamente l’atto impositivo sotto tale profilo.

Passando all’esame del primo motivo di ricorso, lo stesso è inammissibile. La La ricorrente omette infatti i considerare che la CTR ha fondato la decisione favorevole al contribuente proprio sull’accertamento di fatto che la pretesa fiscale non avesse riguardato la verifica induttiva del reddito per effetto dell’incongruenza dei dati contabili del contribuente, avendo l’Ufficio fondato l’accertamento sul mero scostamento dei ricavi dai dati risultanti dagli studi di settore, di guisa che doveva reputarsi illegittimo il tentativo dell’ufficio di modificare l’impianto posto a base della pretesa fiscale. Ora, l’Agenzia deduce sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto una censura che, attenendo al mancato esame di un documento processuale della parte- controdeduzioni presentate in appello-e non già un fatto oggetto di contraddittorio, è già di per sè inammissibile, tendendo in altri termini ad indurre questa Corte ad una rivalutazione degli accertamenti fattuali posti in essere dal giudice di appello che non è per converso in alcun modo consentita al giudice di legittimità.

Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, tralasciando di considerare che il giudice di appello aveva già accertato che la pretesa fiscale era stata fondata sullo scostamento dei ricavi dagli studi di settore e non già sulla incongruenza dei dati contabili che, secondo la CTR, era stata menzionata unicamente proprio nell’accertamento oggetto di verifica senza che, tuttavia, l’Ufficio avesse inteso azionare un accertamento di tipo induttivo fondato sul D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.

Nulla sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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