Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5085 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 14/01/2016, dep.28/02/2017),  n. 5085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ARCA ASTUCCI spa, rappresentata e difesa dall’avv. Davide Druda e

dall’avv. Stefano Coen, presso il quale è elettivamente domiciliata

in Roma in piazza n. 4;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione 4, n. 84 del 2011, depositata il 28 giugno 2011;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

gennaio 2016 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

uditi l’avv. Davide Druda per la ricorrente e l’avvocato dello Stato

Paolo Gentili per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La spa Arca Astucci propone ricorso per cassazione con sei motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto che, rigettandone l’appello, nel giudizio introdotto con l’impugnazione degli avvisi con i quali era stata irrogata la sanzione – di Euro 50.000 per il 2003 e di Euro 43.750 per il 2004 – prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 3 bis per la mancata indicazione separata nell’apposito spazio delle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2003 e 2004, come prescritto dall’art. 110, commi 10 e 11 Tuir, di costi relativi ad acquisti da impresa, la Armo Limited di (OMISSIS), avente sede in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata, compreso nella black list di cui al D.M. 24 aprile 1992, ha confermato l’applicazione della sanzione proporzionale pari al 10% delle spese e dei componenti negativi non indicati in dichiarazione, entro il limite massimo di Euro 50.000 per ciascuna annualità, ritenendo priva di effetti la presentazione di dichiarazione integrativa, ai sensi del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 22 con l’indicazione dei costi in questione, in quanto essa “era stata presentata dalla contribuente dopo l’inizio dei controlli attivati dall’amministrazione finanziaria”.

Il giudice d’appello ha ritenuto non applicabili le disposizioni in materia di imprese estere controllate, dettate dall’art. 167 Tuir, e segnatamente di quelle concernenti l’interpello dell’amministrazione finanziarie, perchè relative al rapporto tra soggetto controllante residente in (OMISSIS) e partecipata con sede in un Paese a fiscalità privilegiata, non assumendo quindi rilevanza la circostanza che nella specie la società contribuente e la società venditrice di (OMISSIS), la Armo limited, fossero entrambe controllate dalla spa Morellato, la quale è un soggetto terzo rispetto alle operazioni in esame.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società contribuente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 110, comma 11 Tuir, assumendo che l’omessa separata indicazione nella dichiarazione dei costi black list avrebbe natura formale e non sostanziale, e quindi sanabile con la presentazione di una dichiarazione integrativa anche successiva all’inizio dell’attività di controllo.

Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 in relazione al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, per avere la sentenza impugnata affermato l’inefficacia della dichiarazione integrativa presentata dopo l’inizio dei controlli, pur avendo essa contribuente provato la sussistenza dell’esimente con riferimento all’effettività dei costi dedotti.

Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 3 bis, per essere stata applicata la sanzione proporzionale ivi prevista, pur avendo essa contribuente provato la sussistenza dell’esimente di cui all’art. 110, comma 11 TUIR con riferimento all’effettività dei costi dedotti.

Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 110, commi 10, 11 e 12 Tuir in relazione al successivo art. 167 sostenendo l’insussistenza dell’obbligo di separata indicazione in dichiarazione nei confronti di una società controllata italiana, laddove l’operatività della società estera e l’effettività dei costi black list siano state già dimostrate in capo alla società controllante, “nell’ipotesi in cui si tratti della medesima società estera appartenente al medesimo gruppo e della medesima tipologia di attività svolta”.

Con il quinto motivo lamenta omessa pronuncia in ordine all’applicabilità del D.Lgs. n. 471 (recte 472) del 1997, art. 6, comma 5 bis, a tenore del quale “non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”, considerato che, nel caso di specie, l’omessa separata indicazione si sarebbe “risolta in un’infrazione assolutamente formale”.

Con l’ultimo motivo del ricorso denuncia l’insufficiente ed apparente motivazione in ordine alla non punibilità della violazione per obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 3 bis. Il ricorso è infondato.

Secondo il più recente ed ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, come ricapitolata in Cass. n. 11933 del 2016, la materia è regolata dai seguenti principi:

a) con decorrenza dal 1 gennaio 2007, la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 301 e 302 (il primo modificando il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, commi 10 e 11 – già art. 76, commi 7 bis e 7 ter -, il secondo mediante l’inserimento del comma 3 bis nel D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8) hanno mutato la disciplina che sanciva l’indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi black list) – ove non fosse provato che i contraenti esteri svolgessero effettiva attività commerciale, che le operazioni poste in essere rispondessero ad un effettivo interesse economico, che le stesse avessero avuto concreta esecuzione e, in ogni caso, che i costi non fossero stati separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi -, degradando la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale della relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale, passibile di corrispondente sanzione amministrativa, pari al 10 per cento dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non (separatamente) indicati nella dichiarazione, con un minimo di Euro 500 ed un massimo di Euro 50.000;

b) in ordine al regime transitorio dettato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 303 anche le violazioni dell’obbligo di separata indicazione dei costi in esame poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge non comportano, di per se stesse, l’applicazione del regime di assoluta indeducibilità dei costi medesimi (e di connessa sanzionabilità D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 1, comma 2), in quanto degradate a violazioni di carattere formale, soggette alla sanzione proporzionale suddetta, alla quale (solo per le situazioni di regime transitorio e, dunque, già assoggettate al rigoroso regime d’indeducibilità, come nella specie) si cumula, in forza del comma 303 cit., u.p. la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 1, (che, per i vizi formali della dichiarazione, prevede la sanzione amministrativa da Euro 258 a Euro 2065);

c) tale lettura della disciplina di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 301, 302 e 303 – che appare l’unica idonea a garantirne la tenuta sul piano della razionalità – non viola il principio di legalità, posto che, sotto il profilo sanzionatorio e degli effetti che ne conseguono, il regime introdotto dalla normativa sopravvenuta è, nel suo complesso, certamente meno gravoso, per il contribuente, rispetto a quello previgente (Cass. n. 4030, n. 6205 e n. 21955 del 2015, 6338 e 6651 del 2016);

d) costituiscono causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, e – più specificamente – 8 bis, non solo la contestazione della violazione, ma anche l’inizio delle operazioni di verifica – nella specie il giudice d’appello ha accertato che la dichiarazione integrativa era “stata presentata dalla contribuente dopo l’inizio dei controlli attivati dall’amministrazione finanziaria” – in quanto in tal caso la correzione si risolverebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni previste dal legislatore per l’inosservanza delle prescrizioni relative alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi (tra altre, Cass. n. 5398 del 2012, n. 14999, n. 15285 e n. 15798 del 2015, 6651 del 2016); inoltre (ed anzi, sul piano logico-giuridico, ancor prima), la peculiare fattispecie in esame, in cui l’inosservanza dell’onere dell’indicazione separata dei costi deducibili impediva (prima della novella introdotta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 302 e 303) il perfezionamento della stessa fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese, è del tutto diversa dalle situazioni contemplate dall’art. 2, commi 8 e 8 bis, cit., poichè l’intervento emendativo non ha, in questo caso, la funzione di rideterminare correttamente componenti reddituali positivi o negativi omessi o errati, o di correggere errori di calcolo (così incidendo direttamente sul quantum di crediti e debiti esistenti al momento della presentazione della dichiarazione), ma è volto inammissibilmente a costituire ex novo un diritto – alla deduzione di determinate spese – prima inesistente, del quale, cioè, il contribuente non era già titolare (Cass. n. 24929 del 2013, nonchè le citate Cass. n. 14999, n. 15285 e n. 15798 del 2015, n. 6651 del 2016).

E’ appena il caso di aggiungere a quanto precede che il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, nella parte in cui la contribuente possa dolersi della indeducibilità dei costi, si rivelano inammissibili per carenza di interesse, avendo essa già ottenuto nella specie il riconoscimento della deducibilità degli stessi.

Quanto alla disciplina delle imprese estere controllate, di cui all’art. 167 Tuir, il giudice d’appello ne ha correttamente ritenuto la non pertinenza rispetto esame, che non si riferisce ad operazioni fra nazionale e controllata estera, ma, in tesi, fra controllate entrambe da un terzo soggetto.

In ordine al quinto motivo, non è in particolare ravvisabile la denunciata omessa pronuncia, avendo il giudice d’appello chiarito “in via preliminare” coane l’obbligo di indicazione separata delle spese in discorso “costituisce un adempimento di natura sostanziale e non solo un adempimento di natura formale”, in quanto la norma “tende a contrastare pratiche elusive e pertanto si ritiene giustificato l’obbligo di far conoscere all’amministrazione finanziaria, nel momento di presentazione della dichiarazione dei redditi e, comunque, prima che sia iniziata l’attività di controllo, per quali costi e per quali importi il contribuente effettui la deduzione”.

Con riguardo al sesto motivo, si osserva che la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato le ragioni della non ricorrenza, ai fini della non punibilità della violazione, delle condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo delle disposizioni, richiamando “le motivazioni in precedenza esposte”, nelle quali, ricostruendo puntualmente il contesto e la vicenda normativa, ha chiaramente esposto gli argomenti rilevanti e gli approdi ermeneutici.

In conclusione, il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Vanno compensate fra le parti le spese dell’intero processo, in considerazione dell’epoca di formazione degli indirizzi giurisprudenziali di riferimento.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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