Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5085 del 05/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5085 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 16432-2016 proposto da:
AKHIGBE FESTUS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
SCIARRILLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO
SGARBI;
– ricorrente nonchè contro
MINISTERO

DELL’INTERNO

COMMISSIONE

TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA
PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA 2 (SEZIONE DI
ANCONA);
– intimato –

Data pubblicazione: 05/03/2018

avverso la sentenza n. 586/2016 della CORTE D’APPELLO

di

ANCONA, emessa il 13/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Con sentenza n. 568/2016 la Corte d’appello d’Ancona ha rigettato
l’impugnazione proposta da Festus Akhigbe, cittadino nigeriano,
avverso l’ordinanza del Tribunale della medesima città che gli aveva
negato il diritto alla protezione internazionale e umanitaria,
respingendo il ricorso avverso il provvedimento negativo della
competente Commissione territoriale.
Lo straniero esponeva di essere nato a Kaduna, in Nigeria, e di essere
fuggito a Kano in seguito a un attentato del 17 giugno 2012 in cui
erano rimasti uccisi il padre e le due sorelle; successivamente
all’uccisione della madre, avvenuta durante combattimenti per motivi
religiosi, decideva di lasciare la Nigeria.
A sostegno della decisione la Corte territoriale ha rilevato:
l’assoluta genericità e contraddittorietà del racconto del richiedente,
il quale, dal canto suo, non ha offerto alcuna collaborazione
nell’accertamento dei fatti, non offrendo alcuna documentazione
idonea e mancando di giustificare le evidenti imprecisioni e
contraddizioni del suo racconto, come analiticamente individuate
dal Tribunale. Le incoerenze e le omissioni sono di quantità e
natura tali da rendere del tutto inattendibile quanto asserito dallo
straniero, con la conseguenza che non è possibile valutarlo nel
contesto culturale e politico del Paese di provenienza;

Ric. 2016 n. 16432 sez. M1 – ud. 14-12-2017
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RAGIONI DELLA DECISIONE

— quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, nel caso specifico del
richiedente e nella situazione oggettiva della sua zona di origine,
non possono rilevarsi elementi idonei a qualificare un rischio
effettivo che egli possa subire un danno grave in caso di rimpatrio
ai sensi dell’art. 14, d.lgs. 251/2007, giacché la situazione di

specifica area settentrionale del Paese;
— con riferimento alla protezione umanitaria, non è riscontrata,
malgrado la difficile situazione socio-politica della Nigeria, la
presenza di seri motivi di carattere umanitario; peraltro, l’Akhigbe
ha riferito di non voler far rientro nel Paese di origine a causa della
mancanza di figure parentali di riferimento, e non per ragioni
meritevoli di protezione umanitaria.

Avverso suddetta pronuncia ricorre per cassazione il cittadino
straniero, sulla base un unico complesso motivo, accompagnato da
memoria depositata ex art. 378 c.p.c.
Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

Denuncia il ricorrente la violazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt.: 1
della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, 10 Cost., 2, 3, 7, 1417 del d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251; 8, 32, comma 3, d.lgs. 28
gennaio 2008, n. 25; 5, comma 6, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286; nonché
omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, n. 5, c.p.c., per non
avere la Corte d’appello valutato compiutamente la situazione
personale dell’odierno ricorrente e la documentazione prodotta in atti
in ordine alla situazione della Nigeria, per avere motivato in maniera
generica e insufficiente, omettendo l’esperimento dell’istruttoria

Ric. 2016 n. 16432 sez. M1 – ud. 14-12-2017
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violenza non interessa l’intero territorio nigeriano ma riguarda una

richiesta dalla legge nell’esame delle domande di protezione
internazionale, e, infine, per aver omesso l’esame della domanda di
protezione umanitaria.

Il Collegio non condivide la proposta di definizione del giudizio

diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è fondato nei limiti che si espongono.
In primo luogo deve osservarsi, quanto alla domanda di
riconoscimento dello status di rifugiato, che, pur a fronte dell’obbligo
di cooperazione istruttoria imposto legislativamente al giudice, la
valutazione dei fatti deve prendere le mosse da una versione precisa e
credibile, se pur sfornita di prova (perché non reperibile o non
richiedibile), della personale esposizione a rischio grave alla persona od
alla vita in ragione della razza, della nazionalità, della religione, delle
opinioni politiche o dell’appartenenza a un gruppo sociale. La Corte
territoriale ha, con motivazione incensurabile, rilevato l’insussistenza di
motivi di persecuzione ai danni del richiedente, mentre le censure
formulate sul punto attengono esclusivamente al merito.
In riferimento alla protezione sussidiaria la Corte d’appello ha, in
maniera parimenti incensurabile, rilevato l’insussistenza dei requisiti ex
art. 14, d.lgs. 251/2007, giacché la situazione di violenza, oltre a non
assumere i connotati di “conflitto armato”, non riguarda la zona di
provenienza dell’Akhigbe.
È da accogliere, invece, la censura relativa alla protezione umanitaria,
in quanto il difetto di credibilità sul rifugio politico e la protezione
sussidiaria non esclude l’obbligo di fornire una motivazione non
meramente apparente a tale domanda. Nella specie il rigetto della
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depositata dal Relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., relativamente al

domanda relativa alla protezione umanitaria (art. 5, comma 6, d.lgs.
286/98) è giustificato soltanto dalla reiezione delle altre due domande,
senza alcuna indagine sulle diverse condizioni poste a base del
peculiare titolo di soggiorno temporaneo da rilasciarsi quando
ricorrano gravi violazioni dei diritti umani ancorché non sufficienti ad

sussidiaria (Cass. n. 26566/2013, 15466/2014), che il giudice, anche
ove genericamente dedotti, deve accertare, con riferimento al luogo o
ai luoghi del Paese di origine del cittadino straniero.
La reiezione di tale domanda non può, infatti, essere il frutto di un
automatismo conseguente al rigetto delle due principali. Al riguardo, il
fatto che il richiedente abbia anche il timore di tornare in un luogo
dove non ha più radici affettive non elide né le allegazioni relative alla
situazione di violazione grave dei diritti umani oggettivamente
desumibile dalla narrazione delle vicende umane del richiedente, così
come risultante dal provvedimento impugnato, né impedisce di
accertarne la fondatezza mediante il potere dovere-istruttorio spettante
al giudice in tali controversie (art. 27, comma 1 bis, d.lgs. 25/2008).
In conclusione il ricorso deve essere accolto limitatamente al profilo
concernente l’accertamento del diritto al rilascio di un permesso di
soggiorno per motivi umanitari ex art. 5, comma 6, d.lgs. 286/98. La
sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte
d’appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche
alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

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integrare né i requisiti per il rifugio politico né per la protezione

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la
sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in
diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così è deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 dicembre

Il Presidente
(dr.ssa M

,

Il Funzionario Giudizirio
Pao,o ,ALAt-ìp>)

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

5 MAR2.311…

2017.

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