Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5084 del 05/03/2018

Cassazione civile, sez. VI, 05/03/2018, (ud. 14/12/2017, dep.05/03/2018),  n. 5084

Fatto

Con decreto n. 3096/2015 il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha rigettato il ricorso proposto da O.U. per ottenere l’autorizzazione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, a permanere sul territorio italiano nell’interesse del figlio minore O.B., nato a (OMISSIS).

La Corte d’appello di Brescia, investita dell’impugnazione proposta dal cittadino straniero, ha rigettato il gravame con decreto n. 54/2016.

A sostegno della decisione, il Collegio ha rilevato che la situazione familiare dell’istante è connotata da grande precarietà abitativa ed economica, in quanto unica fonte di sostentamento è fornita dal sig. O.U., che ha precedenti penali per reati in materia di stupefacenti ed è imputato per guida in stato di ebbrezza; la madre non svolge alcuna attività lavorativa ed è, a propria volta, priva di permesso di soggiorno. Nello stesso tempo, non sussistono effettive ragioni di interesse del minore a permanere in Italia, non avendo egli sviluppato alcun legame con il territorio italiano, considerato che nemmeno i genitori hanno dimostrato di godere di relazioni significative.

Avverso la suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione il cittadino straniero, sulla base di tre motivi.

Con il primo motivo viene lamentata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, (T.U. imm.), per avere la Corte d’appello erroneamente valutato la situazione familiare e interpretato “contra ius” il requisito dei gravi motivi di cui alla norma in esame, procedendo a una valutazione statica della situazione familiare e tralasciando qualsiasi valutazione futura sulla conseguenza dell’allontanamento del padre. Con il secondo motivo viene lamentata la violazione della medesima norma nella parte in cui la Corte nega che sussista l’interesse del minore a rimanere in Italia sulla base del fatto che non ha sviluppato alcun legame con il territorio italiano. Infatti, l’allontanamento paterno, proprio in considerazione della tenera età del minore, comporterebbe una compromissione del suo sviluppo psico-fisico.

Con il terzo motivo viene poi lamentato che la Corte d’appello ha considerato i precedenti penali come ostativi rispetto al rilascio del permesso di soggiorno ex art. 31 cit.

I primi due motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi e parzialmente ripetitivi, sono fondati.

Deve innanzitutto osservarsi che i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” del minore di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, consistono, secondo l’interpretazione data dalle Sezioni Unite di questa Corte, in situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendono il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare (Cass. n. 21799 del 25/10/2010). Pertanto, l’esame che il giudice di merito è chiamato a compiere a fronte dell’istanza di autorizzazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, è diretto all’accertamento della sussistenza di “gravi motivi” basati su una situazione oggettiva attuale oppure su una situazione futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare del minore (Cass. n. 17861 del 19/07/2017). In particolare, la valutazione del danno, conseguente all’allontanamento dei genitori o dallo sradicamento del minore, deve essere fondata su un giudizio prognostico che non trascuri in primo luogo la sua età, il grado di radicamento del nostro Paese, e le prospettive, riferite agli anni immediatamente successivi (trattandosi di misura temporanea, revocabile o rinnovabile), di concrete possibilità di rapporto con i genitori nell’ipotesi del rimpatrio dei medesimi. Tra questi indici, quello dell’età, se prescolare, costituisce un elemento significativo che non può essere trascurato (Cass. n. 1824 del 29/01/2016, Cass. 15191 del 20/07/2015).

Nella specie la Corte d’appello ha ritenuto che non sussistessero effettive ragioni di interesse del minore a permanere in Italia, non avendo egli sviluppato alcun legame con il territorio italiano. In tal modo, tuttavia, sono stati del tutto trascurati tanto il fattore inerente alla tenerissima età del minore, nato in Italia, quanto la valutazione del possibile danno che, proprio in ragione dell’età, deriverebbe al minore medesimo in seguito all’allontanamento paterno.

Tale omissione rende l’accertamento compiuto dalla Corte d’appello non conforme al parametro normativo dell’art. 31 cit. per come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il che impone la cassazione della pronuncia impugnata con rinvio.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la pronuncia impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018

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