Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5083 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 25/02/2021), n.5083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16758-2019 proposto da:

O.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRA ZAGARELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto el TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA, depositato il

05/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Reggio Calabria, O.O., cittadino della Nigeria, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto del 5 aprile 2019, il Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso O.O., nei confronti del Ministero dell’interno, affidato ad un solo motivo. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, O.O. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 4,8 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. La censura è incentrata essenzialmente sul fatto che il Tribunale ha ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato, nonchè della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata/ a lasciare il Paese di origine, consistiti nelle minacce di morte ricevute dalla setta degli (OMISSIS), per il suo rifiuto di aderire al sodalizio al posto del padre deceduto.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.2.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

1.2.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha ampiamente ed adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni del richiedente, essendo emerso – dalle fonti internazionali che la setta segreta degli (OMISSIS), che avrebbe posto in essere le minacce nei confronti dell’istante, “non ricorre al reclutamento forzoso, ma esclusivamente volontario e che non contempla la trasmissione ereditaria delle sue cariche e del vincolo associativo”. Di più, le dichiarazioni del richiedente si sono rivelate lacunose ed incoerenti, anche quanto alla cronologia degli episodi di minacce narrati, che si sarebbero verificati ben quattro anni dopo la morte del padre, mentre l’istante avrebbe atteso altri quattro anni – nonostante le minacce di morte – prima di lasciare il Paese.

1.2.3. A fronte di tali motivate argomentazioni, la censura in esame si traduce, in concreto, in una sostanziale – e peraltro generica – richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758). E neppure risulta che l’istante abbia allegato e dimostrato, nel giudizio di primo grado, di essersi rivolto alle autorità di polizia e di non avere ricevuto protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c). Va, pertanto, esclusa in radice – attesa la non credibilità dello straniero – la concessione al medesima dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

2. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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