Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5082 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. III, 03/03/2010, (ud. 01/02/2010, dep. 03/03/2010), n.5082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26346-2005 proposto da:

B.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA V. VENETO 7, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DONATO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.G., B.R.G.;

– intimati –

sul ricorso 31630-2005 proposto da:

G.G., (OMISSIS), B.R.G.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA SABOTINO

46, presso lo studio dell’avvocato ISGRO’ GIUSEPPE, che le

rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente –

e contro

B.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 828/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione 4^ Civile, emessa il 22/02/2005, depositata il 20/04/2005;

R.G.N. 1975/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Donato BRUNO;

udito l’Avvocato Vincenzo Alberto PENNISI per delega avv. Giuseppe

ISGRO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e l’assorbimento del ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 24 giugno – 10 settembre 2003 il Tribunale di Roma, in accoglimento parziale della domanda, condannava le convenute G.G. e B.R.G. a restituire in solido all’attore B.P. Euro 88.615,17 per differenze di canoni indebitamente percepiti dal (OMISSIS) con riferimento all’appartamento oggetto del contratto di locazione.

Con sentenza in data 22 febbraio – 20 aprile 2005 la Corte d’Appello di Roma riformava totalmente la sentenza impugnata rigettando la domanda del B., che condannava alla rifusione delle spese del doppio grado.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: non era determinante la circostanza che al momento dell’inizio della locazione l’appartamento fosse censito alla cat. (OMISSIS), potendo il giudice ordinario disapplicare, ai fini della determinazione dell’equo canone, il classamento ritenuto illegittimo; d’altra parte all’appartamento era stata poi applicata la cat. (OMISSIS); le risultanze processuali e la storia dell’edificio giustificavano tale classamento; pertanto il rapporto locatizio non era disciplinato dalla normativa sull’equo canone.

Avverso la suddetta sentenza il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo.

La G. e la B.R. hanno proposto ricorso incidentale condizionato.

Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62, 115, 116 e 196 c.p.c., nonchè vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia relativo alla classificazione dell’immobile nella categoria (OMISSIS).

Assume che la Corte territoriale ha valutato erroneamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e non ha disapplicato le risultanze catastali depositate durante il giudizio d’appello.

La prima censura, prospettata in termini che non rispettano il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione con riferimento alla relazione del C.T.U., poggia su argomentazioni che implicano accesso agli atti, esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto, cioè attività che sono riservate al giudice di merito.

In proposito è appena il caso di ribadire (Cass. Sez. 3 nn. 15604 del 2007 e 22539 del 2006) che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti.

La Corte territoriale ha congruamente indicato le ragioni del proprio convincimento e le fonti (anche normative e regolamentari) che ha utilizzato per formarlo. Il ricorrente muove una serie di critiche alle valutazioni del C.T.U. e offre alla Corte considerazioni che sconfinano nel merito e involgono apprezzamenti non consentiti al giudice di legittimità. Egli non adduce argomentazioni dimostrative delle denunciate violazioni e false applicazioni di norme di diritto, ma si limita a negare validità alla circostanza che, medio tempore, l’Autorità amministrativa che sovrintende al catasto abbia, su istanza di parte, attribuito all’unità immobiliare la categoria catastale (OMISSIS) e a ricordare l’orientamento di questa Corte secondo cui, ai fini della determinazione del canone, il giudice ordinario può disapplicare l’atto di classamento e determinare, in via incidentale, la categoria catastale da attribuire all’immobile oggetto della controversia.

Ma la Corte territoriale si è esattamente attenuta a questo principio allorchè ha affermato di poter disattendere l’originario classamento (OMISSIS).

Quanto al diverso classamento attribuito all’immobile in corso di causa dalla competente Autorità amministrativa, ritiene la Corte che s’impongano due considerazioni, ciascuna di per se decisiva.

Il ricorrente, pur dolendosi della mancata disapplicazione delle risultanze catastali depositate durante il giudizio d’appello, non ha prospettato una specifica censura basata sul disposto dell’art. 345 c.p.c., comma 3 per contestare la produzione in appello di un nuovo documento.

Inoltre la Corte territoriale è pervenuta alla classificazione contestata attraverso la verifica della corrispondenza della nuova categoria agli accertamenti del C.T.U., che ha ritenuto essere state disattesi con motivazione non condivisibile dal Tribunale, alla documentazione, anche fotografica, versata in atti, al vincolo monumentale e architettonico cui l’immobile è stato assoggettato e alle sue vicende storiche. Quindi la Corte d’Appello, seguendo l’orientamento giurisprudenziale menzionato dal ricorrente, ha disatteso l’originario classamento, ha proceduto ad una valutazione autonoma e ha valorizzato la circostanza che essa fosse stata confortata dal classamento intervenuto in corso di causa.

Pertanto il ricorso principale va rigettato con assorbimento del ricorso incidentale, dichiaratamente ed effettivamente condizionato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

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