Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5081 del 02/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/03/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 02/03/2011), n.5081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2094/2007 proposto da:

D.V.E., C.G. DECEDUTO E PER ESSO EREDE V.

E., elettivamente domiciliati in ROMA VIA LAURA MANTEGAZZA 24

presso lo studio dell’avvocato GARDIN LUIGI, rappresentati e difesi

dall’avvocato PERRONE Franco, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 208/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 25/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il resistente l’Avvocato CASELLI GIANCARLO, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G., insieme alla moglie, codichiarante, D.V. E., impugnava l’avviso di liquidazione del reddito da partecipazione sociale alla Snc “L’arte della Cartapesta”, relativo all’anno 1983. Il ricorso veniva respinto dalla CTP di Lecce e l’appello proposto dalla D.V., a seguito del decesso del marito, veniva rigettato dalla CTR della Puglia che, dopo aver dato atto della conferma, con separata sentenza, dell’avviso di accertamento nei confronti della Società, osservava che la rettifica nei confronti del socio dipendeva da tale giudizio, e confermava, in conseguenza, la pretesa fiscale nei confronti del socio.

Per la cassazione di tale sentenza, ricorre D.V.E.. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente, in espressa “adesione e conseguenza a quanto verrà deciso nei confronti del contestuale ricorso” proposto dalla Società, ne riproduce i motivi, denunciando la “violazione del principio di competenza economica e temporale, in applicazione del principio di correlazione dei costi e dei ricavi in ragione di esercizio”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la CTR, ignorando le produzioni documentali relative alle annotazioni effettuate nei due periodi di riferimento (1983 e 1984) e basandosi su una presunta maggiore regolarità della registrazione riportata nel Registro acquisti, avrebbe confuso il principio di tassazione per competenza, cui è soggetta la Società, con principio di tassazione per cassa, cui sono soggetti i singoli associati.

Il ricorso è inammissibile.

L’impugnata sentenza ha affermato che l’appello della contribuente andava rigettato perchè i redditi di partecipazione concorrono a formare i redditi dei soci nella misura in cui risultano accertati nei confronti della società e che tale presupposto sussisteva in quanto, “con separata sentenza”, decidendo nei confronti della società, il collegio aveva confermato l’avviso di accertamento.

Posto, dunque, che la decisione nei confronti della società viene richiamata, nella sentenza impugnata, come fatto storico indicativo della conferma del presupposto per l’accertamento del reddito di partecipazione nei confronti del socio, la ricorrente avrebbe dovuto, in conseguenza, censurare tale autonomo argomento (ad esempio, negando la sussistenza del nesso tra la decisione concernente la società e quella concernente il socio, o sostenendo che la decisione nei confronti della società non poteva assumere rilievo, perchè non definitiva), ma ciò non ha fatto, limitandosi a riprodurre le critiche mosse avverso la motivazione di una sentenza diversa da quella impugnata.

La censura esposta, priva di riscontro nella decisione impugnata e riferita a passaggi della sentenza pronunciata nei confronti della società – perciò deducibile solo in sede di impugnazione di quella sentenza – comporta l’inammissibilità del ricorso, per mancanza di motivi ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Ed, infatti, come questa Corte ha più volte affermato (Cass. n. 2312/2003, n. 3612/2004, 20145/2005, n. 17125/2007), la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base al quale, il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo chiaro ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quelle impugnate.

Le spese, secondo il criterio legale della soccombenza, vanno poste a carico della D.V. e si liquidano in Euro 600,00, per onorario, oltre spese prenotate a debito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2011

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