Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5080 del 05/03/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 05/03/2018, (ud. 12/12/2017, dep.05/03/2018),  n. 5080

Fatto

 

1. (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, impugna la sentenza App. Cagliari 2.12.2016, n. 621/2016, in R.G. 418/2016, con cui è stato rigettato il suo reclamo proposto L. Fall., ex art. 18, avverso la sentenza Trib. Tempio Pausania 25.7.2016, n.14/2016 dichiarativa del fallimento sociale e resa su istanza del creditore di cui in epigrafe;

2. la corte di appello ha riconosciuto la infondatezza della complessiva doglianza, in punto di violazione del diritto di difesa, posto che vi era stata attestazione dell’invio degli atti da parte del cancelliere L. Fall., ex art. 15, comma 3, con esito negativo e mera eccezione generica, sul punto, del debitore, nonchè infruttuosità del conseguente tentativo di notifica a mezzo ufficiale giudiziario presso la sede, per irreperibilità del medesimo ed infine deposito presso la casa comunale; anche la censura relativa all’insolvenza era respinta, apparendo generico il richiamo ad un credito per fronteggiare il debito recato dall’istante e superiore a 50 mila Euro ed acquisita la cognizione di un’esposizione eccedente i 500 mila Euro dalle risultanze dello stato passivo, a fronte di modesto ed inferiore attivo, non liquido e dell’esito non satisfattivo di un’esecuzione mobiliare;

3. con il ricorso si deduce, in due motivi, l’erroneità della sentenza, ove essa ha: a) violato la L. Fall., art. 15, non essendo emerse, dalla relazione dell’ufficiale giudiziario, le ragioni della irreperibilità del debitore e comunque dovendosi ricorrere alla notifica ex artt. 143 e 145 c.p.c.; b) violato la L. Fall., artt. 5 e 15, circa l’insolvenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo è inammissibile, in primo luogo per difetto di specificità in ordine al richiamo ad una diversa sede sociale, che non viene indicata nella sua relazione rispetto a quella presso la quale l’ufficiale giudiziario avrebbe – secondo la sentenza – esperito il tentativo di notifica non fruttuoso e per carenza di interesse a dolersi di una eventuale notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario (per indicazione della cancelleria) rispetto ad un adempimento a cura del ricorrente, posto che l’odierno impugnante ha omesso di evidenziare l’incidenza del supposto vizio sul diritto di difesa oltre che di specificare in ricorso, in modo esaustivo, il tenore dello stesso esito della fattispecie notificatoria;

2. sul punto, la corte ha dato atto, non smentita dall’odierno ricorrente, della genericità del richiamo da parte del debitore ad una allegata “attività” della casella di posta elettronica, con una prima trasmissione tramite PEC dell’atto a cura del cancelliere parimenti non contestata, conseguendone l’accertamento definitivo della sussistenza del presupposto per dar corso alle notifiche successive di cui alla L. Fall., art. 15, comma 3; va dunque in secondo luogo osservato che la censura sulla irreperibilità è del tutto generica, nè l’atto dell’ufficiale giudiziario appare essere stato aggredito con querela di falso, determinandosi la correttezza del deposito presso la casa comunale, come adempimento di chiusura regolare della fattispecie notificatoria;

3. nè infine appare pertinente il richiamo agli artt. 143 e 145 c.p.c., in tema, posto che si applicandosi alla materia una disciplina che questa Corte ha sintetizzato precisando che “la L. Fall., art. 15, comma 3, (nel testo, novellato dalla L. n. 221/012, applicabile ratione temporis) stabilisce che il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore (risultante dal R.I. o dall’indice nazionale degli indirizzi pec delle imprese e dei professionisti). Solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione via PEC non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica andrà eseguita dall’U.G. che, a tal fine, dovrà accedere di persona presso la sede legale del debitore risultante dal R.I., oppure, qualora neppure questa modalità sia attuabile a causa dell’irreperibilità del destinatario, depositerà l’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro. La norma ha dunque introdotto in materia una disciplina speciale, del tutto distinta da quella che, nel codice di rito, regola le notificazioni degli atti del processo: va escluso, pertanto, che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi dell’art. 138 c.p.c.e segg., o art. 145 c.p.c. (a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva), nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società” (Cass. 602/2017, 17946/2016);

4. il secondo motivo è inammissibile, risolvendosi esso, al di là della rubricazione, nella deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cui si applica ora il principio secondo il quale “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza” della motivazione”. (Cass. s.u. 8053/2014); e sul punto va ricordato che l’apprezzamento dell’insolvenza è rimesso alla ricostruzione fattuale operata dal giudice di merito (Cass.7252/2014);

5. il ricorso è dunque inammissibile, senza altro provvedimento sulle spese, stante la inammissibilità dell’atto di “costituzione” quale controricorso e l’assenza di attività difensiva ulteriore (Cass. 13093/2017).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara inammissibile il controricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018

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