Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 508 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 11/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.11/01/2017),  n. 508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3740-2012 proposto da:

COMUNE DI CAMPI BISENZIO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 76, presso

l’avvocato MARCO SELVAGGI, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALBERTO BIANCHI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

96, presso l’avvocato BRUNO TAVERNITI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO BACCETTI, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1047/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato AMINA L’ABBATE, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ATTILIO TAVERNITI, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del quarto

motivo, assorbimento dei restanti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A. chiese alla Corte d’Appello di Firenze la determinazione dell’indennità di espropriazione di un’area di mq. 1500, sita in Campi Bisenzio, deducendo che quella provvisoria offertagli, pari ad Euro 1.973,00 era vile. Nel contraddittorio col Comune espropriante, la Corte adita, con sentenza del 20.7.2011, determinò il valore venale del bene nella somma di Euro 163.296,00, ritenendo: a) trattarsi di zona bianca, in quanto la variante al PRG adottata il 3.3.2003, ed approvata il 26.2.2004 che aveva destinato il bene a strada, aveva natura espropriativa, e la precedente destinazione di piano a verde pubblico attrezzato, viabilità, aree ferroviarie di progetto e fascia di rispetto stradale e ferroviario imprimeva, ad eccezione delle zone a fascia di rispetto, vincoli non conformativi che erano decaduti, sicchè il terreno doveva qualificarsi edificatorio, dovendo tenersi conto delle possibilità effettive di edificazione, nella specie sussistenti; b) nella valutazione del volume fabbricabile doveva tenersi conto della volumetria relativa alle aree destinate a fasce di rispetto, e considerare, secondo le condivisibili conclusioni del CTU, l’indice 0,80 di edificabilità diretta, in base al piano strutturale ed al regolamento urbanistico adottato; c) l’indennità andava aumentata del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37, comma 2.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso il Comune di Capi Bisenzio con sei, articolati, motivi, ai quali A.A. ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con tutti e sei motivi, il ricorrente censura la decisione impugnata, in relazione alla natura edificatoria del suolo espropriato. Al riguardo, espone in fatto che l’area era interessata alla realizzazione di un asse viario di circonvallazione già dal PRG adottato con delibera del 1971 previsione confermata dal PRG approvato nel maggio 1988, che aveva natura conformativa, non soggetta a decadenza. Successivamente il 26.2.2004 era approvata una variante al PRG che destinava l’area a strada; il piano strutturale, adottato nel 2003 ed approvato il 27.9.2004 inseriva, con mera funzione d’indirizzo priva di prescrizioni conformative della proprietà, il terreno nel sottosistema degli ambiti strategici, e confermava la natura non edificatoria del suolo, comunque includendo mq. 1380 dei mq. 1500 espropriati in zona non edificabile e rinviando al successivo regolamento edilizio la disciplina del residuo, intervenuta con regolamento approvato il 20.7.2005, dopo l’emanazione del decreto di espropriazione del 24.6.2005, sicchè i relativi indici di edificabilità non erano applicabili (e peraltro in concreto diversi da quelli considerati nella sentenza).

2. Con i primi tre motivi, il Comune deduce il vizio di motivazione in cui è incorsa la Corte territoriale, per non aver dato conto che tali circostanze erano state sottolineate da esso ricorrente in sede di difese e dal proprio CTP in sede di rilievi alla relazione di consulenza, che, peraltro, non aveva accertato la natura edificatoria del suolo, tanto da effettuare un calcolo anche secondo la natura non edificatoria.

3. Con i restanti tre motivi, si denuncia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, rispettivamente: a) per non avere la Corte valutato, come invece, avrebbe dovuto, il carattere edificatorio dell’area al momento dell’emanazione del decreto ablativo, avendo, invece, tenuto conto della perimetrazione del comparto PMU 7.3. e l’indicazione dei relativi indici, intervenuti successivamente alla predetta data di riferimento; b) per aver ritenuto decaduti, perchè a carattere espropriativo, i vincoli a verde pubblico attrezzato, ed a viabilità, diversi da quelli a fascia di rispetto stradale e ferroviaria e per aver computato di tali aree la relativa cubatura, pur essendo assolutamente non edificabili; c) per avere considerato l’indice di fabbricabilità delle aree a destinazione residenziale, anche in riferimento alla perimetrazione del comparto 7.3., laddove, invece, quelle ablate non ne facevano parte.

4. I motivi, da valutarsi congiuntamente per comodità espositive, vanno accolti nei seguenti termini:

a) secondo la giurisprudenza di questa Corte per la valutazione dell’edificabilità delle aree si devono considerare le possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento del decreto ablativo, nella specie del 26.5.2005, verifica che può esser ricavata solo dalla classificazione urbanistica dell’area: e cioè dalla ripartizione operata dagli strumenti urbanistici generali quali Piani Regolatori o Programmi di fabbricazione, legalmente approvati, dell’intero territorio comunale in zone con la quale le amministrazioni svolgono la funzione di disciplinare l’edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti, nonchè il regime giuridico di tutti i beni aventi una determinata localizzazione o ricompresi nell’ambito di una determinata zona individuata dallo strumento suddetto e, quindi, soggetti ad una preventiva conformazione.

b) a tal fine, va tenuto conto del vincolo conformativo insistente nell’area, e non di quello espropriativo, dovendo, al riguardo, evidenziarsi che il vincolo d’inedificabilità impresso dagli strumenti urbanistici risulta privo in sè di ruolo discriminante nella summa divisio tra vincoli conformativi ed espropriativi (funditus Cass. n. 3620 del 2016), la cui individuazione va invece operata in relazione agli effetti dell’atto di pianificazione: ove esso miri ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo ha carattere conformativo, mentre, ove imponga solo un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, lo stesso va qualificato come preordinato alla relativa espropriazione e da esso deve, dunque, prescindersi nella qualificazione dell’area.

5. Siffatta valutazione è stata omessa del tutto dalla Corte territoriale, che ha ritenuto i suoli edificatori, non già sulla valutazione degli strumenti urbanistici vigenti alla data del decreto di espropriazione (contrariamente a quanto afferma il controricorrente, il piano strutturale del 2004 è menzionato ai soli fini determinativi) ma sul presupposto, giuridicamente erroneo, della decadenza della destinazione di parte dell’area a verde pubblico, di cui si afferma la natura espropriativa, laddove essa costituisce una destinazione non edificatoria di natura conformativa, rientrante nell’ambito di quelle che il D.M. 2 aprile 1968, art. 2, include fra “le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”, di cui deve tenersi conto, senza che possa predicarsene la scadenza quinquennale, prevista dalle leggi urbanistiche solo relativamente ai vincoli preordinati all’esproprio, nè l’applicabilità del criterio relativo alle valutazione aree bianche (in relazione alle quali non opera, peraltro, alcun automatico riconoscimento della natura edificabile, men che meno ipotizzata in riferimento alla valutazione dell’edificabilità di fatto, cfr. Cass. n. 12268 del 2016). 6. Risulta, inoltre, erroneamente, computata e “trasferita” la volumetria riferita alle aree site in fascia di rispetto stradale e ferroviario, in violazione del proncipio secondo cui il vincolo legislativamente imposto su tale aree si traduce in un divieto assoluto di edificazione sancito nell’interesse pubblico, sicchè, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio, ed indipendentemente dalle previsioni urbanistiche, non è predicabile la natura edificatoria del terreno ad esso sottoposto, senza che assuma rilievo l’eventuale trasferimento della relativa volumetria su diversi immobili (Cass. n. 25668 del 2015).

7. Infine, il Piano strutturale, citato in seno alla sentenza in relazione agli indici di fabbricabilità territoriale (erroneamente, peralto, riferiti all’intera superficie e per di più astratti) ed invocato dal controricorrente, costituisce soltanto uno studio fotografico del territorio comunale e di tutti i suoi elementi (variabili e non) al fine di offrirne un progetto ottimale di gestione, di valorizzazione e di trasformazione delle sue risorse, specialmente in funzione di preservazione del suo patrimonio (proprietà pubbliche e private), che, comunque, non solo, abbisogna per divenire efficace delle Tavole Attuative e del Regolamento (qui ancora in itinere al momento dell’espropriazione) ma, soprattutto, necessita, ove contenente contrasti con la pregressa disciplina urbanistica, di essere integrato e recepito dallo strumento urbanistico generale sovraordinato.

8. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata, restando assorbita ogni altra questione, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze che, nella determinazione del dovuto, si atterrà ai suddetti principi e terrà conto, inoltre, che, per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 181 del 2011, l’indennità deve esser riferita al valore venale del bene, anche per i terreni non legalmente edificatori, al cui fine rivestono valore le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dagli strumenti vigenti sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.

9. Il giudice del rinvio provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia, anche per la statuizione sulle spese, alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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