Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5077 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 18/12/2015, dep.28/02/2017),  n. 5077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dall’avv. Nicodemo Mazzone

ed elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. Pierfrancesco

Bruno alla Via Alessandro Farnese n. 12;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Rema alla Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Calabria n. 169/10/07, depositata il 6 giugno 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18

dicembre 2015 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

uditi l’avv. Pierfrancesco Bruno per il ricorrente e l’avvocato dello

Stato Alessandro Maddalo per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G. propone ricorso per cassazione, sulla base di sei motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato la legittimità della cartella di pagamento di somme dovute per IRPE per il 1995 e 1996, relative a due avvisi di accertamento notificati il 14 novembre 2001 e non impugnati, che esso ricorrente assume invece di non aver mai ricevuto.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto valida e regolare la notifica dei due avvisi di accertamento, effettuata presso il domicilio del contribuente a mani della zia dichiaratasi convivente, e cioè a persona qualificatasi come “persona di famiglia”, la cui convivenza non occasionale con il destinatario andava immediatamente dedotta dalla sua presenza in quel luogo, salvo prova contraria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo il contribuente, premesso che gli avvisi di accertamento erano stati spediti a mezzo posta presso la sua residenza anagrafica in (OMISSIS), in provincia di (OMISSIS), che però non coincide con la sua residenza effettiva, che è a (OMISSIS), in provincia di (OMISSIS), un luogo ben lontano e noto all’ufficio, si duole che la notifica dei detti avvisi sia stata ritenuta legittima benchè avvenuta presso la residenza anagrafica, non coincidente con quella effettiva, e non invece nulla o inesistente.

Con il secondo motivo, premesso che gli avvisi erano stati ritirati presso il locale ufficio postale da P.M., residente a (OMISSIS), la quale si era dichiarata zia convivente del destinatario, si duole che il giudice d’appello abbia ritenuto legittima la notifica per essersi verificato il requisito della presumibile consegna, ritenendo inoltre che l’avviso di ricevimento della raccomandata fornisse piena prova fino a querela di falso relativamente al rapporto di convivenza, laddove nella specie la notifica doveva considerarsi nulla o inesistente per violazione dell’art. 139 c.p.c., escludendo la divergenza fra residenza anagrafica ed effettivo domicilio del destinatario qualsiasi ipotesi di convivenza anche occasionale tra quest’ultimo e la consegnataria degli avvisi.

Col terzo motivo, premesso che dalle fotocopie degli avvisi di ricevimento degli avvisi di accertamento, presumibilmente relativi alla cartella di pagamento oggetto del giudizio, spediti presso la residenza anagrafica del contribuente, risulta che gli atti sono stati ritirati presso la agenzia postale di (OMISSIS) da P.M., dichiaratasi zia convivente del destinatario, senza che essi rechino menzione delle ipotesi di mancata consegna di plichi al destinatario e delle formalità espletate dall’agente postale a seguito della sua accertata assenza, e premesso che la CTR ha escluso la nullità della notifica poichè effettuata a mani della zia convivente, assume che in tali casi l’avviso di ricevimento dovrebbe contenere a pena di nullità la certificazione della mancanza o assenza del destinatario o delle persone abilitate a ricevere il piego, nonchè la certificazione dell’attività svolta dall’ufficiale postale una volta accertata l’assenza del destinatario, non bastando a legittimare la notifica la consegna ad un presumibile convivente.

Col quarto motivo denuncia vizio di motivazione: premesso che la CTR ha omesso di considerare che gli avvisi erano stati spediti a (OMISSIS) presso la sua propria residenza anagrafica, diversa dal suo effettivo domicilio, e che erano stati ritirati da una zia del contribuente, non qualificatasi come incaricata, ma come zia convivente, assume che la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui la consegna degli avvisi presso la casa di abitazione del contribuente a mani di un familiare sarebbe valida per il principio della presumibile consegna da parte del consegnatario al destinatario, sarebbe incoerente e illogica.

Con il quinto motivo, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, premesso che l’Agenzia delle Entrate aveva prodotto le copie fotostatiche degli avvisi di ricevimento relative agli avvisi di accertamento – atti prodromici rispetto alla cartella di pagamento impugnata – che esso contribuente aveva ritualmente e tempestivamente disconosciuto, eccependo al contempo la mancata notifica e la mancanza di qualsiasi prova dell’avvenuta notifica degli avvisi di accertamento, lamenta sia stata omessa qualsiasi decisione su tale eccezione, con ciò integrando un error in procedendo per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ed assume che la copia fotostatica degli avvisi di ricevimento non fornirebbe la prova dell’avvenuta notifica degli atti in caso di disconoscimento e contestazioni di controparte, essendo nel caso di specie solo l’avviso di ricevimento l’unica prova dell’avvenuta notifica, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3, in combinato disposto con l’art. 2719 c.c..

Con il sesto motivo assume che l’omessa decisione sull’eccezione, formulata in entrambi i gradi, di mancata produzione degli avvisi di accertamento alla base della cartella impugnata, integrerebbe error in procedendo per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, e che alla luce dell’art. 2697 c.c., in caso di mancata produzione degli avvisi di accertamento, l’amministrazione non fornirebbe la prova della propria pretesa impositiva.

Il quinto motivo, il cui esame logicamente precede, è fondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “l’art. 2719 c.c., esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche e si applica tanto al disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto al disconoscimento dell’autenticità di scrittura o di sottoscrizione, dovendosi ritenere, in assenza di espresse indicazioni, che in entrambi i casi la procedura sia soggetta alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c..Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione, mentre il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche aliunde” (Cass. n. 13425 del 2014, n. 19680 del 2008, n. 1525 del 2004).

Nella specie il contribuente in primo grado, dopo la produzione da parte dell’ufficio di copie fotostatiche degli avvisi di ricevimento relativi alla notificazione degli avvisi di accertamento sulla cui base la cartella di pagamento era stata emessa, con la memoria del 12 aprile 2005 ha disconosciuto la conformità all’originale delle dette copie fotostatiche, e così ha fatto con la memoria di costituzione in appello, trascritta nel ricorso per cassazione in parte qua; l’amministrazione, sulla quale incombeva l’onere di produrre gli originali, dal canto suo non ha provveduto all’incombente, sicchè la notificazione degli atti prodromici alla cartella di pagamento impugnata – che il contribuente sosteneva di non aver mai ricevuto – non è stata provata.

Il quinto motivo del ricorso deve essere pertanto accolto, con assorbimento degli altri motivi, compresa ogni questione concernente la convivenza con il contribuente della consegnataria degli avvisi di accertamento, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese del processo seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 3.500 per compensi di avvocato, oltre a spese generali liquidate nella misura forfetaria del 15%, ed al pagamento delle spese per i gradi di merito, liquidate in Euro 700 per il secondo grado ed in Euro 500 per il primo grado.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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