Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5074 del 16/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 16/02/2022, (ud. 06/10/2021, dep. 16/02/2022), n.5074
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27042-2020 proposto da:
S.R., B.M.F., elettivamente domiciliati
in Roma, Via Virgilio 1, presso lo studio dell’avv. Giada Bernardi,
che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
P.N., TEMA 96 SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2093/2020 della Corte d’appello di Roma,
depositata il 27/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
06/10/2021 dal Consigliere Annamaria Casadonte.
Fatto
RILEVATO
che:
– i sigg.ri B.M.F. e S.R. avevano chiesto l’accertamento nei confronti di P.N. (e dell’intervenuta T.E.M.A. 96 s.r.l.) dell’intervenuta usucapione di un appezzamento di terreno sito in Roma, confinante con quello da essi acquistato e che avevano provveduto a recintare esercitando il possesso ed asserendo la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1158 c.c.;
– l’adito tribunale di Roma dichiarava nullo l’atto di citazione per mancato rispetto dei termini a comparire;
– avverso detta sentenza gli attori proponevano gravame e la corte d’appello ha accolto il gravame in ordine all’errata declaratoria di nullità della citazione per mancato rispetto dei termini a comparire evidenziando che essendosi costituito il convenuto il tribunale avrebbe dovuto attivare la sanatoria di cui all’art. 164 c.p.c., comma 3, fissando nuova udienza nel rispetto dei termini;
– la corte territoriale ha pure deciso nel merito con il rigetto della domanda di usucapione;
– in particolare, la corte territoriale ha motivato la conclusione con la considerazione che dalle risultanze istruttorie era stato provato che la recinzione installata negli anni 1975/76 non impediva l’accesso di terzi sul medesimo terreno;
– inoltre la corte distrettuale ha ritenuto non adeguatamente provata la domanda dal momento che non era emersa la prova che la recinzione sia rimasta in loco per un ventennio e che il possesso si sia manifestato come inequivoca espressione del diritto dominicale;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dai sigg.ri S. e B. con ricorso affidato ad un unico motivo;
– non hanno svolto attività difensiva gli intimati P.N. e T.E.M.A. 96 s.r.l. intervenuta nel processo quale successore a titolo particolare nel diritto controverso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con l’unico motivo di ricorso Si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo là dove la sentenza statuisce che le risultanze processuali non consentivano di accogliere la domanda perché, nonostante l’accertamento dell’installazione della recinzione, è stato ritenuto incontroverso che tale recinzione non impediva l’accesso di terzi sul medesimo terreno (cfr. pag. 4, terzo cpv. della sentenza impugnata);
– la doglianza è inammissibile perché non attinge la sopra enunciata ratio decidendi, e cioè l’argomentazione che alla stregua delle dichiarazioni rese dagli attori in sede di interrogatorio formale e dei testi escussi, la recinzione non impediva l’accesso di terzi sul medesimo terreno (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata);
– costituisce, infatti, principio consolidato che il ricorrente che denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014; Cass. n. 27415 del 2018);
– ebbene, nel caso di specie i ricorrenti non specificano il fatto storico emerso nel corso dell’istruttoria e dal quale evincere in termini decisivi l’impedimento all’accesso di terzi al terreno recintato, circostanza rilevante -secondo il ragionamento della corte territoriale – per la prova del possesso uti dominus ultraventennale, limitandosi a sostenere che una diversa valutazione degli elementi probatori avrebbe condotto ad un diverso convincimento;
– il ricorso va quindi dichiarato inammissibile;
– nulla va disposto sulle spese stante la mancanza di attività difensiva da parte degli intimati;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022