Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5074 del 05/03/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 5074 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 24002-2012 proposto da:
FRAU

DOMENICO

FRADNC66L27B354S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
LALLI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017
4530

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 05/03/2018

studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 537/2011 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 31/10/2012 r.g.n.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/11/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PAGETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI, che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto;
udito l’Avvocato SERGIO VACIRCA;
udito l’Avvocato FRANCESCA BONFRATE per delega
verbale Avvocato LUIGI FIORILLO.

596/2010;

Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Cagliari ha confermato la decisione di primo grado con la
quale era stata respinta la domanda di Domenico Frau intesa all’accertamento della
nullità del termine apposto al contratto stipulato con Poste Italiane s.p.a., avente
decorrenza dal 3.11.1999 al 30.11. 1999, giustificato, ai sensi dell’art. 8 ccnI
26.11.1994 e dei successivi accordi integrativi del medesimo, dal ricorrere di

assetti occupazionali in corso, ed in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi sérvizi ed in attesa dell’attuazione del
progressivo e completo riequilibrio sul territorio delle risorse umane”.
1.1. Il giudice d’appello, premesso di prestare adesione alla giurisprudenza di
legittimità secondo la quale il contratto a termine può risolversi per mutuo consenso,
sul presupposto della durata del ritardo con il quale il lavoratore ha reagito
all’interruzione del rapporto, specie se in concorso con altre circostanze di fatto,
espressive, secondo una valutazione di tipicità sociale, della volontà di porre fine a
qualsiasi rapporto di lavoro, ha ritenuto che la prestazione solo per un mese
dell’attività alle dipendenze di Poste, il ritiro del libretto di lavoro, l’accettazione senza
riserva del tfr, il ritardo di quasi cinque anni nell’attivarsi, con atto di diffida notificato
nel luglio 2004, per far valere la illegittima apposizione del termine, deponevano per
la esistenza di una volontà solutoria in capo al lavoratore; né a diverse conclusioni
poteva pervenirsi sulla base della circostanza che il lavoratore aveva allegato di essere
inserito in una graduatoria per future assunzione a termine e che Poste, con circolare
in data 14.2.2002, aveva dato disposizione di non stipulare contratti a termine con
soggetti aventi un contenzioso anche stragiudiziale in atto con la società; ciò
esprimeva una volontà coerente con la risoluzione del rapporto in vista di una nuova
assunzione a termine ; in ogni caso il disinteresse alla continuazione del rapporto non
era più giustificabile con il trascorrere del tempo che vanificava l’aspettativa di una
prossima assunzione a termine .
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Domenico Frau sulla base
di tre motivi.
2.1. La parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
2.2. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.

“esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli

Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce insufficiente, illogica e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo rappresentato dalla esistenza nel
caso di specie di una risoluzione per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 cod. civ..
Si censura, in sintesi, la decisione alla luce del principio, costituente ius receptum,
secondo il quale l’inerzia del lavoratore non configura un comportamento concludente

gli elementi presi in considerazione dal giudice di appello, e cioè decorso del tempo,
accettazione senza riserve del tfr e ritiro del libretto ‘di lavoro, breve durata del
rapporto non consentivano di configurare la esistenza di una volontà chiara e certa di
porre fine al rapporto ed in particolare che il decorso del tempo appariva giustificabile
dalla necessità di prendere contezza della possibilità di riuscita della causa nell’ambito
di un contenzioso che è stato definito per la prima volta dal giudice di legittimità con
pronunzie risalenti al periodo 2003/2004 . Si evidenzia che il lavoratore aveva dedotto
la esistenza di una prassi presso Poste Italiane s.p.a. fondata sulla reiterata promessa
che i lavoratori a termine sarebbero stati inseriti negli organici presso gli uffici postali
a tempo indeterminato.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1372
cod. civ., anche con riferimento a quanto previsto dall’art. 1422 cod. civ., nonché
dagli artt. 2946 e 2948 cod. civ. e dagli artt. 2113 cod. civ. e dalla Legge n. 604 del
1966. Si richiama il disposto degli artt. 2946 e 2948 cd. civ. e si assume che collegare
al mero decorso del tempo la perdita del diritto vanifica il principio di imprescrittibilità
dell’azione di nullità e anche la disciplina della prescrizione ordinaria Si richiama la
circolare dì Poste Italiane con la quale si disponeva che non dovessero essere stipulati
contratti a termine con coloro che avevano intrapreso un contenzioso, anche
extragiudiziario, con la società
3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce motivazione illogica e insufficiente circa
un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dagli effetti della inclusione

del

lavoratore nella graduatoria dei cd. trimestrali e della circolare 14 febbraio 2000. Si
sostiene che tale inserimento esprimeva l’interesse del lavoratore alla prestazione di
attività in favore di Poste Italiane s.p.a. di talchè la decisione di appello appariva
illogica e contraddittoria laddove aveva collegato a tale inserimento la dimostrazione
di una volontà risolutiva del precedente rapporto.

al fine di ritenere la esistenza di una volontà risolutiva del rapporto. Si sostiene che

4. I motivi in esame, trattati congiuntamente per evidente connessione, sono
infondati .
4.1. Si premette che secondo il consolidato orientamento di questa Corte ai fini
della configurabilità della risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso costituente una eccezione in senso stretto, Cass. 7/5/2009 n. 10526, il cui onere della
prova grava evidentemente sull’eccepiente, Cass. 1/2/ 2010 n. 2279 -, non è di per sé

piuttosto necessario che sia fornita la prova di altre significative circostanze denotanti
una chiara e certa volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto
lavorativo (cfr., tra le altre, Cass. 17/3/2015 n. 5240, Cass. 28/1/2014 n. 1780,
Cass. 11/3/2011 n. 5887, Cass. 4/8/2011 n. 16932, Cass. 18/11/2010 n. 23319,
Cass. 15/11/2010 n. 23057).
4.2. Tale orientamento è stato confermato dal recente arresto delle Sezioni unite
civili rappresentato dalla sentenza n. 21691 del 27 ottobre 2016 (punti 55, 56, 57,
58). In tale pronuncia, premesso il dato normativo dell’art. 1372, co. 1, c.c., secondo
cui il contratto può essere sciolto “per mutuo consenso”, si è rammentato
l’insegnamento in base al quale, salvo che non sia richiesta la forma scritta

ad

substantiam, il mutuo consenso sullo scioglimento del rapporto può essere desumibile
da comportamenti concludenti.
4.3. Con specifico riferimento al caso dei contratti a tempo determinato detta
sentenza, avallato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la durata rilevante
del comportamento omissivo del lavoratore nell’impugnare la clausola che fissa il
termine può considerarsi “indicativa della volontà di estinguere il rapporto di lavoro tra
le parti” ove “concorra con altri elementi convergenti”, ha statuito che “il relativo
giudizio attiene al merito della controversia”e non può essere rinnovato in sede di
legittimità .
4.4. Tanto premesso, nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio, come risulta
dallo storico della lite, il giudice del fatto ha considerato che gli elementi prospettati in
causa, vagliati unitamente alla durata del comportamento omissivo del lavoratore
nell’impugnare la clausola, consentivano di configurare la esistenza di una volontà
negoziale intesa alla risoluzione del rapporto e tale ricostruzione, in assenza di
incongruenze logiche, si sottrae, in ragione di quanto sopra detto, al sindacato di
legittimità.

sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo l’impugnazione del termine, essendo

4.5. A tanto consegue il rigetto del ricorso.
5. Le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di

spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Roma, 16 novembre 2017

lite che liquida in C 3.500,00 per compensi professionali, C 200,00 per esborsi oltre

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