Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 507 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 11/01/2017, (ud. 09/11/2016, dep.11/01/2017),  n. 507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3641-2013 proposto da:

FINTECH S.A.S. DI M.G. (C.F. (OMISSIS)), già FINTECH

S.A.S. DI S.A., già FINTECH S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, M.G. (C.F. (OMISSIS)),

S.A. (C.F. (OMISSIS)) – nella qualità di socio accomandatario

receduto, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TIBULLO 10, presso

l’avvocato MICHELE CENTRONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

PIETRO GORGOGLIONE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO FINTECH S.A.S. DI M.G., C.L.,

P.C., R.G., V.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3840/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Fintech sas ha proposto reclamo avverso la sentenza che aveva dichiarato il fallimento proprio e dei soci accomandatari, lamentando che il tribunale non aveva sospeso la procedura concorsuale per trecento giorni, come previsto dalla L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20 a favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 30 novembre 2012, rigettando il reclamo, ha ritenuto che la menzionata disposizione, pur applicandosi ai processi esecutivi di tipo collettivo come il fallimento, non lo è nelle procedure prefallimentari, le quali hanno natura cognitiva e non esecutiva; inoltre, per applicare la proroga prevista dalla citata legge alle procedure prefallimentari, ha affermato la necessità di contemperare le esigenze di tutela della vittima dell’usura con i diritti dei creditori, i quali, nella specie, erano professionisti che richiedevano il pagamento del compenso per l’attività prestata a favore della società, ai quali non era addebitabile alcun delitto di usura o estorsione.

Avverso questa sentenza la Fintech ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi; la Curatela del Fallimento e i soci non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la Fintech denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 44 del 1999, art. 20, comma 4, per avere la sentenza impugnata ritenuto inapplicabile la sospensione dei termini prevista dalla normativa antiusura, omettendo di considerare che essa dovrebbe intervenire prima della sentenza di fallimento.

Il secondo motivo, in relazione al parametro normativo suindicato, lamenta la irragionevolezza della ritenuta inapplicabilità della sospensione alla fase prefallimentare, invocandosi una interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 20, comma 4, tenuto conto che la sentenza di fallimento spoglia il debitore dei suoi beni, come da interpretazione “autentica” del commissario antiracket.

I motivi in esame, da esaminare congiuntamente, sono manifestamente infondati, avendo la sentenza impugnata deciso in conformità alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la procedura prefallimentare non ha natura esecutiva, ma cognitiva, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non può dirsi iniziata l’esecuzione collettiva, così come, prima del pignoramento, non può dirsi iniziata l’esecuzione individuale; ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non è soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi contemplata dalla L. n. 44 del 1999, art. 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura (v. Cass. n. 8432 del 2012, 6309 del 2014, 10172 del 2016).

Il terzo motivo, che lamenta l’erronea considerazione del fatto che i creditori istanti erano professionisti e non usurai, è assorbito.

Il ricorso è rigettato, senza necessità di provvedere sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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