Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5067 del 05/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 5067 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: CALAFIORE DANIELA

ORDINANZA

sul ricorso 17930-2012 proposto da:
PROFILART DI BONAVITA UMBERTO, in persona del legale
rappresentante UMBERTO BONAVITA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso lo
studio dell’avvocato LUCIO CORRADO MORRONE,
rappresentala e difesa dall’avvocalo CRESTE VIA,
giusta delega in atti;
– ricorrente 2017
4439

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.E. 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE

Data pubblicazione: 05/03/2018

144, presso lo studio degli avvocati FABBI RAFFAELA,
CATALANO GIANDOMENICO e FRASCONA’ LORELLA che lo
rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
I.N.P.S.

SOCIALE

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

C.F.

80078750587,

in

persona

del

suo

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.
C.F. 05870001004, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO
giusta delega in atti;
MINISTERO LAVORO POLITICHE SOCIALI C.F. 80224030587,
in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
– controricorrenti nonchè contro

EQUITALIA ETR ;
– intimata –

avverso la sentenza n. 243/2012 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 12/03/2012
864/2011.

R

r”

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

n. r.g. 17930/2012
Bonavita/Inail+3

Rilevato
Che la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 243/2012, ha respinto
l’appello proposto da Umberto Bonavita, titolare della ditta Profilart, avverso la
sentenza emessa dal Tribunale di Cosenza nei confronti dell’Inail, dell’Inps, del
Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali e di Equitalia E.T.R. s.p.a. di rigetto
delle opposizioni, dapprima separate e poi rìunite, proposte dallo stesso Umberto
Bonavita avverso: a) il verbale ispettìvo redatto il 13 luglio 2004 congiuntamente

dall’INAIL; c) la cartella di pagamento di euro 8.337,84 per omissioni contributive
ed assicurative emerse da risultanze documentali extra contabili (schede
nnarcatempo) che avevano rivelato per gli anni 2000-2003 la mancata
contabilizzazione di lavoro straordinario svolto dal dipendente Piero Bafaro ed il
lavoro irregolare di Damiano De Napoli nel periodo 1999-2003;
che avverso la sentenza della Corte d’appello ricorre per cassazione Umberto
Bonavita sulla base di tre motivi: : 1) violazione degli artt. 2700 cod. civ. e 115
cod. proc. civ. in quanto il giudice d’appello avrebbe dato unico credito alle
dichiarazioni del Bafaro (che aveva denunziato il suo datore ed aveva sollecitato
l’ispezione) ed alle dichiarazioni contenute nel verbale ispettivo, il quale, come
noto, non ha valore probatorio circa le dichiarazioni rese dai lavoratori; 2)
violazione della regola di riparto dell’onere probatorio in relazione alla mancanza
della prova dello svolgimento di lavoro straordinario da parte del Bafaro; 3) vizio
di motivazione per aver motivato in modo insufficiente e contraddittorio i fatti posti
a fondamento delle pretese contributive;
che si sono costituiti, con controricorso, INPS, INAIL ed il Ministero del Lavoro e
delle Politiche sociali mentre Equitalia ETR s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato
Che la corte territoriale ha motivato la conferma della sentenza di primo grado sul
presupposto che l’accertamento della base contributiva da cui erano derivati i
certificati di variazione di premio e le omissioni contributive contestate, era fondato,
relativamente all’orario di lavoro svolto effettivamente dal dipendente Bafaro, su di
una solida base probatoria costituita dal confronto tra le dichiarazioni rese dal
medesimo lavoratore, le risultanze delle schede marcatempo acquisite dallo stesso
nel corso dell’ispezione e gli importi di retribuzione risultanti dal libro paga
(superiori a quelli indicati sulle buste paga);ed allo stesso modo, con ragionamento
ritenuto plausibile dalla Corte territoriale, si è ritenuto provato il rapporto di lavoro
di Damiano De Napoli attraverso le dichiarazioni rese dal Bafaro (che attestavano la
presenza assidua del lavoratore e lo svolgimento da parte dello stesso di mansioni

kAv-

1

dal personale ispettivo degli enti appellati; b) il certificato di variazione emesso

n. r.g. 17930/2012
Bonavita/Inail+3

tipiche della subordinazione) e dal medesimo De Napoli nel corso dell’ispezione, da
ritenersi maggiormente credibili rispetto alle successive dichiarazioni rese in
giudizio;
che le riferite ragioni della decisione dimostrano che non è stato attribuito al
verbale ispettivo valore probatorio assoluto, ma quanto ivi riportato è stato valutato
criticamente all’interno del complessivo quadro probatorio, per cui non sussiste la
violazione dell’art. 2700 cod.civ., posto che risulta osservato il principio ( Cass.

e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i
funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza, mentre, per le altre circostanze
di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è
liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice;
che non è stato violato l’art. 115 cod. proc. civ. posto che una questione di
violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una
erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma,
rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della
decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti
legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle
prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza
apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass.
27000/2016);
che non vi è stata violazione dell’art. 2697 cod. civ. perché la motivazione non
poggia sulla stretta applicazione della regola del riparto dell’onere probatorio ma
sulla valutazione degli elementi istruttori ritenuti rilevanti, di tal ché il motivo, pur
richiamando la violazione di tale regola / in realtà censura la valutazione del
materiale istruttorio posta in essere dalla sentenza impugnata;
che il profilo del motivo che fa riferimento al vizio di motivazione è mal posto in
quanto sollecita, in modo inammissibile, una diversa valutazione del materiale
istruttorio risolvendosi nella censura della valutazione delle prove e richiedendo
una sostanziale revisione del merito del giudizio, estranea al giudizio di legittimità,
in ordine ad accertamenti in fatto ed a valutazioni di elementi probatori di
competenza esclusiva del giudice del merito, qui insindacabili, in assenza di vizi
logici o giuridici della motivazione che, anzi è corretta e congruente nel suo iter
argomentativo in piena aderenza al materiale istruttorio raccolto (Cass. 26 marzo
2010, n. 7394); dovendosi ribadire come la valutazione delle risultanze delle prove,
il giudizio sull’attendibilità dei testi e la scelta, tra le varie, delle risultanze
probatorie ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involgano apprezzamenti

2

1503/2008 ) secondo il quale i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali

n. r.g. 17930/2012
Bonavita/Inail+3

di fatto riservati al giudice di merito, libero di attingere il proprio convincimento
dalle prove che gli paiano più attendibili, senza alcun obbligo di esplicita
confutazione degli elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti
(Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 5 ottobre
2006, n. 21412);

che in definitiva il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella
misura liquidata in dispositivo in favore di Inps, Inail e Ministero del lavoro e delle

rimasta intimata.

P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, in favore di ciascuno dei contro ricorrenti, che
liquida in Euro 2500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese
forfettarie nella misura del quindici per cento e spese accessorie di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 novembre 2017.

politiche sociali, costituiti con controricorso. Nulla si deve disporre per la parte

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