Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5065 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 25/02/2020), n.5065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 32857/2018 R.G. proposto da

A.S., rappresentato e difeso dall’avv. Tiziana A.,

con domicilio eletto in Roma, Corso Trieste n. 85.

– ricorrente –

contro

BE.GA., BE.GI., A.A., A.G.,

A.V.A., V.M.C., A.S.,

N.C., N.M., F.G.G.,

A.D., P.E.A., L.G.A.,

B.G., A.L.G., A.C., A.M.,

A.A., A.R., A.C., A.L.,

R.P.C., R.C., R.G..

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 967/2018,

depositata in data 27.4.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

31.10.2019 dal Consigliere Dott. Fortunato Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.S. ha adito il tribunale di Catania, evocando in causa le parti menzionate in epigrafe, nella qualità di eredi di Be.Ga. e Be.Gi., esponendo di aver acquistato da questi ultimi, con transazione del 6.4.2001, tutti i diritti spettanti sull’immobile sito in (OMISSIS); che i venditori si erano dichiarati pieni proprietari del bene per averlo usucapito, impegnandosi ad agire in giudizio, entro i successivi 12 mesi, per far accertare la loro piena proprietà sull’immobile.

Decorso inutilmente il suddetto termine, A.S. ha chiesto di accertare che Be.Gi. e Be.Ga. avevano usucapito l’immobile e che l’attore ne era divenuto pieno proprietario in virtù della transazione del 6.4.2001, o, in subordine, di accertare l’intervenuta usucapione in favore dell’attore, essendo decorso oltre un ventennio da quando l’immobile era stato posseduto prima dai venditori e poi direttamente dall’ A., potendo questi avvalersi degl effetti dell’accessione ex art. 1146 c.c., comma 2.

Il tribunale ha respinto la domanda, con sentenza confermata di appello.

A parere del Giudice distrettuale, il ricorrente non poteva esperire la domanda di usucapione in via surrogatoria, essendo l’azione ex art. 2900 c.c. rivolta a conservare la sola garanzia patrimoniale generica. Riguardo alla domanda subordinata di usucapione, ha osservato che “la compravendita può determinare solo il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale, ma non il trasferimento del possesso di un immobile in sè e per sè (non collegato cioè alla cessazione della proprietà dello stesso) e da esso non possono comunque derivare gli effetti dell’accessione di cui all’art. 1146 c.c., in quanto il possesso unibile è esclusivamente quello del precedente titolare del diritto trasferito. L’acquisto della proprietà per usucapione, affinchè possa essere fatto valere e formare oggetto di un contratto di vendita, deve essere prima accertato e dichiarato nei modi di legge”.

Ha infine soggiunto che “in un contratto ad effetti obbligatori, come è stata configurata la scrittura del 6.4.2001, la traditio del bene non configura la trasmissione del possesso, ma l’insorgenza di una mera detenzione, sebbene qualificata, salvo che intervenga un’interversio possessionis, atteso che il possesso costituisce una situazione di fatto non trasmissibile con l’atto negoziale separatamente dal trasferimento del diritto corrispondente al suo esercizio, sicchè non opera la presunzione del possesso utile ad usucapionem, previsto dall’art. 1141 c.c., quando la relazione con il bene derivi da un atto o da un fatto del proprietario non corrispondente al trasferimento del diritto”.

La cassazione della sentenza è chiesta da A.S. sulla base di due motivi di ricorso, illustrati con memoria.

Le controparti sono rimaste intimate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va dato atto della regolarità della notifica del ricorso, eseguita per pubblici proclami ai sensi dell’art. 150 c.p.c., nel rispetto dei relativi presupposti e con adempimento delle prescritte formalità di legge.

2. Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 1146 c.c., comma 2, e art. 1141 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che, con la scrittura del 6.4.2001, il ricorrente aveva acquistato tutti i diritti sull’immobile controverso, ottenendo la contestuale immissione nel possesso.

Dato il perfezionamento di un vero e proprio atto di vendita, l’acquirente aveva acquisito il possesso ad usucapionem e non la mera detenzione, considerato che, anche a voler ritenere che i B. non fossero proprietari dell’intero immobile, avevano comunque posto in essere un contratto astrattamente idoneo a produrre effetti traslativi. Il possesso ottenuto dal ricorrente poteva essere unito a quelli dei suoi danti causa ai fini dell’accessione.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1146 c.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che le prove acquisite dimostravano che i B. avevano posseduto l’immobile sin dalla data della morte della loro madre, avvenuta il 19.101.1971, e che, dopo la scrittura dell’aprile 2001, l’immobile era rimasto nell’esclusiva disponibilità del ricorrente, sicchè, unendo il possesso dei venditori a quello dell’acquirente, era ampiamente maturata l’usucapione.

La domanda era stata proposta verso i B. e i loro successivi eredi, che, non costituendosi in giudizio, non avevano inteso contestare i fatti dedotti in citazione.

3. I due motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento.

Le censure presentano un evidente deficit di specificità nel punto in cui, pur richiamando il contenuto della scrittura del 6.4.2011 e pur assumendo che la transazione avesse determinato il trasferimento della piena proprietà dell’intero immobile, non ne riportano neppure per sintesi il contenuto (mancante anche nella successiva memoria illustrativa), impedendo a questa Corte, che per la natura del vizio denunciato non ha possibilità di accedere alle produzioni di parte, di valutarne la rilevanza.

L’esame del contratto si rivela tanto più decisivo, considerando che la sentenza – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – ha precisato come lo stesso A. avesse asserito che il contratto aveva un contenuto complesso, prevedendo il trasferimento della proprietà della sola quota di cui i B. erano già titolari, con l’impegno di questi ultimi a trasferire il restante 50% solo dopo che fosse stata accertata giudizialmente l’usucapione (cfr. sentenza pag. 5-6).

Proprio su tale presupposto la Corte distrettuale ha evidenziato che l’ A. non poteva qualificarsi possessore e non poteva unire il proprio possesso a quello dei propri danti causa, assunto che postula logicamente il ritenuto perfezionamento di un atto ad effetti meramente obbligatori, relativamente alla residua quota del 50%. Le descritte premesse in fatto – la cui correttezza non può essere scrutinata, in difetto di una sufficiente specificità del ricorso giustificano le conclusioni raggiunte dal giudice di merito, con la precisazione che l’ A., essendo divenuto, già per effetto della transazione, titolare 0/del 50% dell’immobile, lo aveva certamente posseduto (e non detenuto) solo nella suddetta qualità, restando comunque escluso l’acquisto dell’intero.

In definitiva, il godimento dell’immobile nella sua interezza non poteva che essere esercitato sul presupposto della concorrenza dei diritti spettanti ai contitolari, conseguendone che l’ A. aveva al più posseduto uti condominus e non uti dominus, stante l’accertata efficacia obbligatoria della promessa di cedere la quota residua, essendo necessario, per perfezionare l’acquisto, estendere il potere di fatto all’intero, in forme incompatibili con il permanere del compossesso (Cass. 16841/2005; Cass. 5226/2002).

Era, per le medesime ragioni, preclusa anche la possibilità di avvalersi degli effetti dell’accessione ex art. 1146 c.c.

Il ricorso è respinto.

Nulla sulle spese, non avendo le controparti svolto difese.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, apri a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, apri a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 25 febbraio 2020

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