Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5065 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. III, 03/03/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 03/03/2010), n.5065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29352/2008 proposto da:

D.G.O. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DELLE IRIS 18, presso lo studio dell’avvocato DE

Giovanni Filippo, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BONOMI ENZO con delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE MILANO, in persona del suo Presidente Dott. D.

S.D. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA,42,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIANNI Francesco, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANOVI REMO con delega

al ricorso;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE CORTE APPELLO MILANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 34/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

emessa il 1/10/2008; depositata il 10/10/2008; R.G.N. 607/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/01/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Dott. FINOCCHI

GHERSI Renato, che si riporta a quanto scritto dal relatore.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano in data 1.10.2008 e depositata il 10.10.2008 in materia di procedimento disciplinare nei confronti di notaio.

La domanda che ha dato origine al presente giudizio può sintetizzarsi come segue:

“Il notaio D.G.O. proponeva reclamo avverso la decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del 27.3.2008, con la quale gli era stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione per anni uno per la violazione delle norme di cui alla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 147, lett. a) e b), in relazione ai paragrafi 1, comma 2, 22, 27, 41, 42 e 49 (ex art. 48) del “Codice Deontologico”, nonchè la sanzione pecuniaria di _ 22,26 per la violazione dell’art. 51 n. 5 della stessa legge, a seguito dei rilievi formulati nel verbale di ispezione in data 18.4.2007.

La Corte di Appello, con la sentenza impugnata in questa sede,respingeva il reclamo.

Il D.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il Consiglio Notarile di Milano.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo sì deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Il primo motivo è inammissibile.

Il quesito posto in ordine a tale motivo, per la sua genericità ed astrattezza – riproducendo in sostanza il contenuto di norma deontologica -, non consente di individuare la fattispecie concreta cui è riferita la supposta violazione (v. anche S.U. 11.3.2008 n. 6420; S.U. 12.3.2008 n. 6530; S.U. 9.7.2008 n. 18759; e da ultimo, Cass. ord. 19.2.2009 n. 4044).

Nè, sotto il profilo del vizio di motivazione, si evidenzia quale sia il fatto controverso e decisivo, in ordine al quale la motivazione della Corte di merito sarebbe viziata, e non si indicano neppure le ragioni per le quali una motivazione di tal genere sarebbe inidonea a sorreggere la decisione impugnata (v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556).

Nè sarebbe, a tal fine, sufficiente desumere tali elementi dal motivo che precede il quesito, la cui funzione è soltanto illustrativa, ma non integrativa.

Il secondo motivo non è fondato.

Il ricorrente costruisce tale motivo con la proposizione di un quesito, sul presupposto che la compravendita non sia nulla se nell’atto non è indicato il prezzo, mentre la sentenza impugnata muove dalla diversa considerazione che l’atto, il quale non contenga l’indicazione del prezzo di vendita, pur non essendo nullo, costituisce, per il notaio rogante, comportamento contrario a norme deontologiche – quali quelle richiamate – spiegandone le ragioni.

Un atto di tal fatta, infatti, rende meno protetta la posizione del venditore, qualora la vicenda esecutiva ponga problemi di risoluzione o rescissione.

A tal fine, la Corte di merito indica nella “consapevolezza di quella procurata “instabilità” giuridica degli atti (rogati senza l’indicazione del prezzo) il profilo centrale ed essenziale degli addebiti disciplinari mossi al notaio D.G.”, evidenziando che nella stessa memoria presentata dall’odierno ricorrente ” questi avrebbe riconosciuto di avere fatto “presente che comunque il pagamento del prezzo avrebbe dovuto essere fatto, non in contanti, ma attraverso banca (assegni, bancari o circolari non trasferibili o bonifico)”, invitando le parti “a tenersi la fotocopia di tali assegni o bonifici su cui era opportuno scrivere e sottoscrivere che erano stati rispettivamente rilasciati ed incassati in pagamento del prezzo della compravendita” stipulata con il suo ministero e ciò in quanto “il contratto in astratto avrebbe potuto essere impugnato per varie cause”.

Ed in una tale condotta la stessa Corte di merito individua “un comportamento di sicuro rilievo disciplinare, in quanto, da un lato, elegge di fatto a interlocutore esclusivo l’acquirente dell’immobile, al cui vantaggio fiscale è univocamente piegato il meccanismo introdotto dal reclamante, in contrasto con il dovere di equidistanza rispetto agli interessi delle parti che deve permeare l’opera del notaio e che è espressamente sancito dai principi di deontologia della professione notarile; dall’altro, ha il palese effetto di costruire e immettere nell’ordinamento un prodotto privo di completezza, chiarezza e idoneità a regolare efficacemente i rapporti fra le parti, conseguentemente esposte a molteplici rischi giuridici, ed anche sotto questo profilo è indubitabile la contrarietà del comportamento tenuto dal notaio D.G. ai principi deontologici richiamati a sostegno della decisione disciplinare emessa nei suoi confronti”.

La critica che il ricorrente avrebbe dovuto muovere alla sentenza, quindi, avrebbe dovuto dimostrare che le considerazioni svolte dalla Corte di merito – sopra richiamate -, al fine di riconoscere un comportamento deontologicamente scorretto del notaio, non hanno aggancio con alcuna delle norme deontologiche richiamate nella contestazione.

Una tale critica nel ricorso manca.

Il quesito, pertanto, non contestando criticamente la decisione sotto il profilo esaminato, non è di alcun rilievo ai fini auspicati dal ricorrente.

Ad eguale soluzione – per i motivi esposti – conduce l’esame del terzo motivo, in cui, oltretutto, il riferimento ai precedenti giurisprudenziali citati è come rilevato dalla stessa Corte di merito – inconferente.

Il primo (Cass. 26.8.1996 n. 7848), infatti, riguarda una diversa fattispecie, che non è relativa ad un procedimento disciplinare, ma che attiene alla nullità o meno di un contratto di compravendita in cui, in sede di stipulazione dello stesso, il venditore abbia dichiarato che il prezzo è stato pagato.

In quel caso la Corte di cassazione ha stabilito che non sussiste nullità del contratto per mancanza del requisito essenziale del prezzo, perchè l’esigenza della determinatezza o determinabilità del prezzo è soddisfatta da tale dichiarazione, essendo in essa necessariamente implicito che l’oggetto dell’obbligazione assunta dal compratore è stato determinato, per accordi intercorsi tra le parti;

e ciò perchè non è concepibile il pagamento di un prezzo, che non sia stato in concreto esattamente definito.

Ma il precedente non rivesta alcuna influenza rispetto al caso in esame, in cui la mancata indicazione del prezzo nel contratto rogato dal notaio acquista rilievo a fini disciplinari.

Il secondo, poi, (Trib. Milano 24.6.2004 n. 140) si riferisce a fattispecie in cui – come si legge nella sentenza impugnata -il giudice di merito ha compiuto un accertamento relativo al rilascio della quietanza in ordine al pagamento del prezzo pattuito, ma che limita a quel giudizio la sua rilevanza.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in Camera di consiglio all’udienza in data 11.1.2010.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Nessun rilievo può essere attribuito all’indicazione fornita dall’attuale ricorrente di cancellazione dall’albo notarile, non risultando pubblicato, allo stato, il relativo provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale, nè avendo prodotto lo stesso ricorrente documentazione al riguardo.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

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