Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5063 del 05/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 05/03/2018, (ud. 14/11/2017, dep.05/03/2018),  n. 5063

Fatto

Con ricorso al Tribunale di Sassari T.A. – già dipendente a termine in forza di quattro contratti di lavoro di ARST (Azienda Regionale Sarda Trasporti) e poi di ARST spa – chiedeva accertarsi la illegittimità del termine apposto all’ultimo dei contratti, intercorso per il periodo 1 luglio 2009 – 15.1.2010, precisando di avere promosso separato giudizio davanti a Tribunale di Nuoro per i primi tre.

Il giudice del lavoro, con sentenza del 26.1.2012 (nr. 71/2012), accoglieva la domanda.

Con sentenza del 5.12-21.12.2012 (nr. 424/2012), la Corte d’appello di Cagliari – sez. distaccata di Sassari, in parziale riforma della statuizione del primo giudice, respingeva la domanda volta alla conversione del contratto a termine in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condannava l’azienda al risarcimento del danno, in misura di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione.

Per quanto in questa sede rileva, la Corte territoriale riteneva applicabile il D.L. n. 702 del 1978, art. 5, non abrogato dalle leggi successive, che aveva introdotto l’obbligo del concorso pubblico per le assunzioni effettuate dagli enti locali e dalle loro aziende e consorzi, fatto divieto agli enti locali di stipulare contratti a tempo determinato e previsto la risoluzione di diritto dei rapporti di durata superiore a 90 giorni nell’anno solare.

Tale norma non era incompatibile con il D.Lgs. n. 368 del 2001.

D’altro canto, della L. n. 133 del 2008, art. 2 bis, prevedeva, per la medesima finalità di non gravare sul bilancio dello Stato, che le limitazioni ed i divieti di assunzione di personale di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 35, si applicassero anche alle società a partecipazione pubblica che gestivano servizi pubblici locali.

Alla identica conseguenza della impossibilità di riconoscere la natura a tempo indeterminato del rapporto si perveniva sul rilievo che la Regione Sardegna – che aveva competenza legislativa primaria in ordine ai rapporti di lavoro dei dipendenti propri e degli enti o consorzi gestiti e controllati – con la legge regionale istitutiva di ARST (nr. 16 del 1974), stabiliva, all’art. 23, che il personale era assunto esclusivamente attraverso concorso pubblico.

La norma – vigente anche dopo la trasformazione della azienda regionale in spa, avvenuta con legge regionale del dicembre 2005 -escludeva la applicabilità ad ARST del D.Lgs. n. 368 del 2001, limitatamente alle conseguenze della nullità del termine ed era conforme all’art. 97 Cost..

Per effetto della nullità del termine doveva essere riconosciuto unicamente il risarcimento del danno che, nella assenza di una specifica regolamentazione, andava liquidato ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza T.A., articolato in quattro motivi.

Ha resistito con controricorso ARST spa, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione della L.R. Sardegna 20 giugno 1974, n. 16 e L.R. Sardegna 7 dicembre 2005, n. 21, art. 117 Cost. e della L. Cost. 28 febbraio 1948, n. 3, recante approvazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna nonchè illegittimità costituzionale della medesima L.R. Sardegna 20 giugno 1974, n. 16, in relazione agli artt. 3 e 117 Cost. ed alla L. Cost. n. 3 del 1948.

La censura afferisce alla statuizione di applicabilità alla fattispecie di causa dell’obbligo di assunzione per concorso previsto dalla L.R. Sardegna n. 16 del 1974, art. 23, dal quale la Corte di merito faceva discendere il divieto della costituzione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

Il ricorrente ha osservato:

– che il suddetto art. 23 non prevedeva una sanzione di nullità dei contratti di lavoro stipulati in assenza di concorso

– che la norma, diversamente interpretata, sarebbe stata in contrasto con la Legge Costituzionale n. 3 del 1948, contenente lo statuto della Regione Sardegna. Tale disposizione, all’art. 3, nell’attribuire potestà legislativa alla Regione Sardegna nella materia dell’ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e dello stato giuridico ed economico del personale, ne prevedeva l’esercizio “in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali…”. La interpretazione della L.R. n. 16 del 1974, art. 23, accolta in sentenza era invece in contrasto con la direttiva CE 1999/70 – (che imponeva la adozione di misure di prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine)- e difforme dai principi dell’ordinamento giuridico nazionale (che prevedevano la conversione del rapporto in caso di abuso del contratto a termine).

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione del D.L. n. 702 del 1978, art. 5 (come modificato dalla L. 7 luglio 1980, n. 299) nonchè della L. 8 giugno 1990, n. 142, artt. 23 e 25.

La censura ha ad oggetto la statuizione di applicabilità del D.L. n. 702 del 1978, con la medesima conseguenza della impossibilità di accertare la natura a tempo indeterminato del rapporto instaurato in violazione dell’obbligo del pubblico concorso.

Il ricorrente ha dedotto che il D.L. n. 702 del 1978, art. 5, è norma speciale applicabile, secondo il chiaro tenore letterale, ai Comuni, ai consorzi ed alle rispettive aziende; essa non poteva essere estesa ad ARST, che all’epoca della assunzione era una società per azioni regionale.

Inoltre il divieto di nuove assunzioni stabilito dal D.L. n. 702 del 1978, art. 5, era rimasto in vigore, in forza del D.L. 7 maggio 1980, n. 153 (conv. in L. n. 299 del 1980) fino al 31.12.1980; alla stessa data erano cessate le altre disposizioni dell’art. 5 richiamate in sentenza, collegate a tale divieto.

Il ricorrente ha da ultimo assunto che non era decisivo il riferimento in sentenza alle disposizioni della L. n. 133 del 2008, art. 2, norma sopravvenuta ai fatti di causa e che, peraltro, non prevedeva un divieto di conversione dei contratti a termine.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.L. n. 702 del 1978, della L.R. Sardegna n. 16 del 1974 e L.R. Sardegna n. 21 del 2005, D.Lgs. n. 368 del 2001 nonchè omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Il ricorrente ha assunto che contraddittoriamente il giudice dell’appello aveva applicato le previsioni del D.Lgs. n. 368 del 2001, al fine di accertare la illegittimità del termine e fatto invece applicazione, per determinare gli effetti della nullità del termine, delle disposizioni del D.L. n. 702 del 1978 e della L.R. Sardegna n. 16 del 1974, norme abrogate dal D.Lgs. n. 368 del 2001, in quanto incompatibili.

4. Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto:

– violazione del principio di effettività del risarcimento del danno e conseguente falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, anche in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 8;

– vizio di motivazione;

– violazione degli artt. 1218,1219,1223,1224,1225,1226 c.c.. Con il motivo si censura la sentenza per avere ritenuto che la disposizione della L. n. 183 del 2010, art. 32, prevede una sanzione dissuasiva, come richiesto dall’ordinamento comunitario, rispetto all’utilizzo abusivo della reiterazione di contratti di lavoro subordinato a termine.

Si assume in ogni caso che la L. n. 183 del 2010, art. 32, coprirebbe il danno relativo al periodo decorrente dalla scadenza del termine all’avvio della azione giudiziaria (e non anche il periodo intercorrente tra la domanda e la pronunzia giudiziaria di accoglimento, la cui durata non può essere posta a carico del lavoratore).

I primi tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, sono fondati.

Con essi si impugna la sentenza nella parte in cui, dopo avere accertato la illegittimità del termine (con statuizione non impugnata) ritiene preclusa la trasformazione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato sulla base di due diverse disposizioni normative, ciascuna autonomamente decisiva:

– la L.R. Sardegna n. 16 del 1974, art. 23, la cui interpretazione ed applicazione è oggetto di censura con il primo ed il terzo motivo;

– il D.L. n. 702 del 1978, art. 5, al quale attengono il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

Sulla questione di causa questa Corte si è già pronunziata con sentenza del 28 febbraio 2017 nr. 5229, in riferimento ad un contratto a termine intercorso tra ARST ed altro lavoratore dal novembre 2003 al febbraio 2004, enunciando il principio secondo cui la L.R. Sardegna n. 16 del 1974, art. 23, a tenore del quale “il personale dell’ARST è assunto esclusivamente mediante concorso pubblico”, comporta l’impossibilità che i contratti a tempo determinato stipulati con ARST illegittimamente ed in assenza di concorso siano convertiti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Tale normativa, richiamata ed applicata dalla sentenza impugnata, non è tuttavia riferibile ai fatti di causa.

Il contratto di lavoro oggetto di giudizio è, infatti, intercorso dall’1 luglio 2009 (si vedano le conclusioni riportate alla pagina 3 dell’attuale ricorso), epoca in cui si era perfezionata la trasformazione, disposta dalla L.R. Sardegna 7 dicembre 2005, n. 21, art. 30, di ARST, ente pubblico istituto con L.R. 20 giugno 1974, n. 16, in ARST spa.

In particolare, il citato art. 30, prevedeva la trasformazione di ARST, nel termine massimo di sei mesi dalla entrata in vigore della predetta legge, in società per azioni denominata ARST spa, a partecipazione azionaria pubblica e privata, con il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria (comma 1) nonchè il passaggio del personale di ARST nella spa (comma ultimo).

Il successivo art. 47, disponeva poi la abrogazione dell’intero corpo della L.R. n. 16 del 1974 (salva la previsione, ex art. 31, comma 1, della perdurante applicazione delle norme sul funzionamento di ARST sino alla avvenuta trasformazione in spa).

Il giudice dell’appello ha pertanto falsamente applicato le previsioni della L.R. n. 16 del 1974, art. 23, in una fattispecie sottratta ratione temporis alla suddetta previsione normativa, che all’epoca dei fatti era stata abrogata dalla L. n. 21 del 2005, art. 47.

Da ciò deriva l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento delle censure in punto di interpretazione e conformità della norma alle disposizioni di rilievo costituzionale.

Del pari fondate appaiono le censure sollevate quanto alla applicazione alla fattispecie di causa del D.L. n. 702 del 1978, art. 5.

La avvenuta trasformazione della Azienda Regionale di Trasporti Sarda, ente pubblico regionale, in società per azioni rende inapplicabile la norma suddetta, che prevede la necessità del pubblico concorso in riferimento ai “comuni, consorzi e rispettive aziende”.

In questa sede va data continuità al principio di diritto, già affermato nell’arresto di Cass. sez. lav. 18 ottobre 2013 nr. 23702, secondo cui la disciplina del D.L. n. 702 del 1978, art. 5, commi 15 e 17 – che esclude che le assunzioni temporanee effettuate dagli enti pubblici locali, e, fra essi, le aziende, siano soggette a conversione in rapporti a tempo indeterminato – non si applica ove l’organizzazione del servizio pubblico sia avvenuta nelle forme privatistiche (in specie attraverso la costituzione di una società per azioni).

Tale principio non è in contrasto con l’arresto di Cassazione SU. 19/12/2014, n. 26939, che non è conferente alla fattispecie di causa.

Le Sezioni Unite non hanno superato la pronunzia di questa sezione lavoro n. 23702/2013, qui richiamata, prendendola in esame (punto 1.2 della motivazione) per precisare che essa si riferisce a contratti a termine conclusi da un’azienda speciale già trasformata in società per azioni e che proprio la natura societaria del datore di lavoro è a fondamento dell’inapplicabilità sia del D.L. n. 702 del 1978, art. 5, sia della L. n. 142 del 1990, art. 23 (riguardante le aziende speciali), sul presupposto della loro inerenza alle aziende dell’ente locale e non anche alle società per azioni, seppur partecipate dal medesimo ente locale.

Aggiungono le Sezioni Unite: “La presente controversia riguarda invece la conclusione del contratto a termine da parte di un’azienda speciale, tale essendo la natura giuridica della datrice di lavoro all’epoca dei fatti, nel mentre la società per azioni odierna ricorrente, in cui l’azienda speciale si è trasformata medio tempore, partecipa al giudizio solo in quanto successore nel rapporto.

Ai fini del decidere, la questione della perdurante vigenza del D.L. n. 702 del 1978, art. 5, deve pertanto essere riferita alla disciplina applicabile al personale delle aziende speciali dell’ente locale, restando estranee le implicazioni connesse alla diversa fattispecie relativa alla conclusione di contratti a termine da parte di società di capitali, ancorchè partecipate dal medesimo ente locale”.

Conclusivamente deve qui ribadirsi il principio di diritto secondo cui le assunzioni effettuate da aziende, regionali o di enti locali, costituite in forma di società di capitali e partecipate dagli enti pubblici territoriali non ricadono nel campo di disciplina del D.L. n. 702 del 1978, art. 5, che è relativo agli enti locali ed alle loro aziende e dunque a soggetti costituiti come enti ed aziende pubbliche e non come società di diritto privato.

Tale principio rende superfluo l’esame della ulteriore questione, posta con il secondo motivo, della applicabilità della disciplina legislativa del D.L. n. 702 del 1978, art. 5, ai soli enti locali ovvero anche agli enti ed aziende regionali.

Resta da aggiungere che la sentenza ha richiamato le previsioni della L. n. 133 del 2008, art. 2 bis – rectius: del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis, conv. in L. n. 133 del 2008 – senza porle a fondamento della decisione ma piuttosto nell’ambito di una ricostruzione di sistema della disciplina delle assunzioni effettuate dalle aziende che svolgono un servizio pubblico locale.

La applicazione alla assunzione del controricorrente del richiamato comma 2 bis del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, resta condizionata all’accertamento in fatto, demandato al giudice del merito, della data di stipula del contratto di lavoro, giacchè l’ulteriore comma è stato aggiunto nel corpo dell’art. 18 soltanto con il D.L. 1 luglio 2009, n. 78, entrato in vigore lo stesso giorno della pubblicazione (e convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2009, n. 102) sicchè i suoi limiti e divieti non sono riferibili alle assunzioni avvenute in data anteriore, disciplinate unicamente dai commi 1 e 2 dello stesso art. 18.

La società controricorrente, da ultimo, ha assunto che la previsione della L.R. n. 16 del 1974, art. 23, sarebbe comunque applicabile, in quanto “pacificamente” ribadita nello statuto della spa; trattasi di una questione di fatto non esaminabile in questa sede perchè estranea alle statuizioni della sentenza impugnata.

La sentenza deve essere pertanto cassata in accoglimento dei primi tre motivi del ricorso e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione, affinchè provveda ad una nuova ricognizione della disciplina applicabile alla fattispecie di causa in ragione del principio di diritto sopra esposto.

Resta assorbito il quarto motivo di ricorso.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018

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