Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5061 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. III, 03/03/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 03/03/2010), n.5061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. CALABRESE Donato – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23650/2006 proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio

dell’avvocato GULLO ALESSANDRA, rappresentato e difeso dall’avvocato

MAGARAGGIA Giuseppe giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

V.LE DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato VALORI GUIDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ZOMPI’ Francesco giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.M.A., F.F.M. O

F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 460/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

Sezione Seconda Civile, emessa il 23/5/2006, depositata il

19/06/2006, R.G.N. 576/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/12/2009 dal Consigliere Dott. DONATO CALABRESE;

udito l’Avvocato FRANCESCO ZOMPI’;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso o il

rigetto.

 

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

Il Pretore di Gallipoli con sentenza del 20.5.1998, accertato che il contratto di locazione era scaduto il (OMISSIS), sicchè la disdetta comunicata in data (OMISSIS) era intempestiva, rigettava la domanda di risoluzione del contratto proposta con ricorso 24.2.1998 da F.L. e F. nei confronti di C. G., relativamente all’immobile, di proprietà dei primi e condotto in locazione commerciale da quest’ultimo, in (OMISSIS). La decisione era confermata dalla Corte d’appello di Lecce con sentenza del 21.6.1999.

Con successivo atto 18.2.2003 gli stessi F.L. e F., stanti le plurime disdette inviate in data (OMISSIS) cui, come detto, aveva avuto riguardo il Pretore, 14.1.1997, 29.5.1997, intimavano al C. sfratto da quell’immobile per finita locazione e nel contempo lo convenivano per la convalida dinanzi al Tribunale di Lecce.

Il C., costituitosi nel giudizio, si opponeva alla convalida, deducendo che il contratto scaduto il (OMISSIS) si era rinnovato tacitamente “in mancanza di valida e motivata comunicazione di disdetta fino al (OMISSIS).

Il Tribunale con sentenza del 17.1.2004 accoglieva la domanda.

Premesso che la locazione – come da giudicato – era scaduta il (OMISSIS), il primo giudice riteneva che le disdette inviate dagli attori ne avevano impedito la tacita rinnovazione.

Proposto gravame dal C., esso era rigettato dalla Corte d’appello di Lecce con sentenza del 19.6.2006.

Per la cassazione di detta sentenza C.G. ha ora proposto ricorso affidato a un motivo articolato in due censure e depositato inoltre memoria.

Ha resistito con controricorso F.L., mentre F. F.M. e M.M.A. (quest’ultima anche quale esercente la potestà su F.E., pure erede), quali eredi di F.F., non hanno svolto attività difensiva.

Ciò posto, con il motivo di ricorso C.G. denuncia violazione ed erronea applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 27, 28, 29 e 67 e dell’art. 2909 c.c., ed omessa e insufficiente motivazione. Censura la sentenza impugnata sotto il duplice profilo:

1) della errata individuazione della data di scadenza del contratto di locazione, in quanto, essendo la parte della sentenza del Pretore di Gallipoli 20.5.1998 nel precedente giudizio – relativa alla inefficacia, perchè intempestiva, della disdetta (OMISSIS) – passata in giudicato, non poteva la detta disdetta essere ritenuta “ultrattiva” e perciò idonea come disdetta per la domanda di rilascio dell’immobile riproposta con atto del 18.2.2003, per cui è il presente giudizio; 2) della improponibilità della domanda 18.2.2003, in quanto in tale data il contratto di locazione erasi già rinnovato sino al (OMISSIS), secondo il ricorrente, poichè solo con l’atto 18.2.2003 i proprietari F. avevano manifestato la volontà di ottenere il rilascio per cessazione del contratto stesso.

Ad esso il ricorrente ha rapportato i seguenti quesiti:

1 – “Se il Giudice di appello e comunque di merito allorchè tra le parti è intervenuta altra sentenza, inerente lo stesso rapporto giuridico, debba valutare la estensione del precedente giudicato. E in particolare, in tema di applicazione della L. n. 392 del 1978, se la intimazione della disdetta valutata già nel precedente giudizio e ritenuta inefficace giuridicamente, possa essere “ultrattiva” per un successivo giudizio”.

2 – “Se il Giudice di appello debba esaminare i motivi di gravame e quindi motivare in relazione agli stessi e, relativamente alla applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 28 e 29; debba accertare la avvenuta rinnovazione tacita, in mancanza di disdetta successiva alla precedente disdetta, dichiarata inefficace con sentenza passata in giudicato tra le parti”.

Il motivo, in entrambi i suoi profili, unificati nell’esame in quanto in stretta correlazione tra loro, è inammissibile.

Si osserva anzitutto che, quando – come nella specie – si lamenta un vizio di motivazione della sentenza impugnata, l’onere, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., di indicare chiaramente il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente, ovvero le ragioni per le quali il dedotto difetto della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897/2008).

Balza evidente, dunque, che manca nella specie tale requisito, risultando perciò violato l’art. 366 bis c.p.c..

In relazione, a sua volta, alla dedotta “violazione ed erronea applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 27, 28, 29 e 67”, i quesiti di diritto, ex art. 366 bis c.p.c., non risultano formulati secondo corretti criteri.

Una formulazione appropriata del quesito di diritto, aderente alla sua funzione, richiede, infatti, che la parte, rispetto a ciascun punto della sentenza investito da un motivo di ricorso, dopo aver riassunto di quel punto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe, invece, deciso.

Cioè il quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c., deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte di Cassazione in condizione di rispondere a esso con la enunciazione di una regula iuris, per cui la Corte deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice del merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare.

La ammissibilità del motivo, in conclusione, è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisce necessariamente il segno della decisione (v.

Cass. n. 28054/2008).

Nella specie, di contro, appare palese che i quesiti di diritto sopra trascritti sono generici e astratti, sicchè non permettono di ricostruire quale sìa stata la regola iuris applicata dalla Corte d’appello ma neppure consentono dì individuare quale sia la regula di cui questa Corte dovrebbe fare applicazione al fine di pervenire alla cassazione della sentenza impugnata.

In relazione ai quali rilevasi del resto che la Corte d’appello, piuttosto che affermare una “ultrattività” della disdetta (OMISSIS), ha considerato che questa, non idonea, perchè tardiva, ai fini della cessazione del contratto rispetto alla scadenza del (OMISSIS), conservava la sua idoneità ai fini della cessazione della locazione rispetto alla successiva scadenza del 14.1.2003, quali in effetti stabilita. Non senza dire che nella specie erano pure intervenute ulteriori disdette (del (OMISSIS) e del (OMISSIS)). E non senza dire, ancora, in termini generali, che una disdetta intimata per un termine di scadenza anteriore può valere per il termine successivo (v. Cass. n. 1318/1996).

In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile. Con condanna del ricorrente, per la soccombenza, alle spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiarava inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00, per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

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