Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5060 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. I, 24/02/2021, (ud. 22/01/2021, dep. 24/02/2021), n.5060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16725/2020 proposto da:

V.S., in qualità di elettore e candidato a Sindaco di

(OMISSIS) alle elezioni comunali del 10 giugno 2018;

A.A., in qualità di elettore; D.M., in qualità di

candidato; R.D.M., in qualità di elettore e

candidato; tutti domiciliati in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi

dall’avvocato Borasio Fabrizio, giuste procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

-controricorrente –

contro

B.F., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma,

viale Parioli n. 180, presso lo studio dell’avvocato Sanino Mario,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Bramard

Giovanni Battista, Sciolla Alessandro, Viale Sergio, giuste procure

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

Ai.Pa., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 347/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

pubblicata il 13/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2021 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I cittadini elettori signori V.S., R.D.M., D.M., A.A., M.F., ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 70 (TUEL), proponevano ricorso al Tribunale di Ivrea. I ricorrenti esponevano che:

– in esito alle elezioni del Comune di (OMISSIS) del 10 giugno 2018, veniva proclamato sindaco B.G. ed eletti i consiglieri comunali B.F., + ALTRI OMESSI (tutti per la lista n. (OMISSIS) che aveva ottenuto il 46,40 % dei voti), C.G. (altro candidato a sindaco), M.S. e T.M. (tutti per la lista n. (OMISSIS) che aveva ottenuto il 42,80 % dei voti);

– B.G. (poi dimessosi) aveva già svolto tre mandati come sindaco in esito alle precedenti tornate amministrative del 12 e 13 giugno 2004, 13 aprile 2008 e 26 maggio 2013 e, pertanto, era ineleggibile ai sensi della L. 7 aprile 2014, n. 56, art. 1, comma 138, che, per i Comuni con popolazione inferiore a tremila abitanti, pone il limite di tre mandati consecutivi;

– erano ineleggibili in via derivata i candidati eletti nella lista collegata al sindaco (ex art. 71 TUEL);

– doveva essere proclamato sindaco il candidato della lista n. 1 ( C.G.) e i consiglieri delle liste n. 1 e 3, secondo i criteri fissati nell’art. 71 TUEL (cosiddetto metodo d’hondt), con l’effetto di “congelare” i voti espressi per il sindaco eletto e la lista collegata.

In conclusione, chiedevano “la correzione del risultato delle elezioni sostituendo ai candidati illegittimamente proclamati coloro che avevano diritto di esserlo”.

Il Tribunale di Ivrea, con ordinanza del 17 dicembre 2018, correggeva il risultato delle elezioni e proclamava eletto a sindaco C.G. e i consiglieri di maggioranza M.S., + ALTRI OMESSI e i consiglieri di minoranza V.S. (anch’egli candidato a sindaco), D.M. e R.D., in luogo del sindaco e dei consiglieri proclamati eletti.

Avverso questa sentenza proponevano appello B.F., + ALTRI OMESSI, i quali, per quanto ancora interessa, si dolevano della decisione del tribunale di disporre la correzione dei risultati elettorali in carenza assoluta di potere, avendo il tribunale dovuto limitarsi a disporre lo scioglimento del consiglio e a indire nuove elezioni, poichè i cittadini dovevano essere chiamati ad esercitare nuovamente il diritto di elettorato attivo, ai sensi dell’art. 48 Cost. Lamentavano, inoltre, di avere ritenuto invalidi e inefficaci anche i voti ottenuti dalla lista collegata al sindaco B. e di averli espunti dal calcolo della cifra elettorale, mentre i voti invalidi e inefficaci erano solo quelli dati al B.. Formulavano un motivo di gravame riguardante le spese.

In parziale accoglimento del gravame, la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 13 marzo 2020, confermando la declaratoria di ineleggibilità a sindaco di B.G., riteneva però che, a norma dell’art. 53 TUEL, alla pronuncia di decadenza conseguisse lo scioglimento per effetto di legge del consiglio comunale eletto in data 10 giugno 2018 e l’indizione di nuove elezioni, senza possibilità di provvedere in via correttiva alla sostituzione del sindaco e dei consiglieri eletti in altra lista.

Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione V.S., A.A., R.D.M. e D.M.; resistono con controricorso B.F., + ALTRI OMESSI; ha depositato controricorso anche il Ministero dell’interno. Le parti private hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 53, comma 1, e art. 71 (TUEL), del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 22, comma 12, e art. 48 Cost., per avere erroneamente ritenuto eccedente dal potere correttivo conferito al giudice in materia elettorale quello di provvedere alla sostituzione del sindaco e dei consiglieri eletti, mentre tale potere era previsto da una disposizione, come il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22 speciale e successiva all’art. 53 TUEL. Tale ultima disposizione, che prevede lo scioglimento del consiglio in caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, sarebbe riferibile esclusivamente agli impedimenti sopravvenuti, ossia concretatisi nel corso della carica a fronte di una legittima assunzione della carica stessa, e non ai casi in cui la decadenza sia originaria e preesistente, quando sia impedita l’elezione stessa di soggetti che si trovino in condizioni tipiche e tassative. Si sottolinea, inoltre, il rapporto inscindibile esistente tra il candidato a sindaco e la lista collegata, con l’effetto che il venir meno del sindaco non possa non influire sulla lista collegata, determinando la ineleggibilità anche dei candidati al consiglio comunale eletti nella lista collegata al sindaco ineleggibile, ai sensi dell’art. 71 TUEL.

Il motivo è infondato.

L’art. 51, comma 2 TUEL prevede che “chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche” (il riferimento al limite dei due mandati consecutivi va inteso come “numero massimo (consentito) di tre mandati” nei comuni con popolazione inferiore a tremila abitanti, ai sensi della L. 7 aprile 2014, n. 56, art. 1, comma 138). Una analoga disposizione è stata introdotta dalla L. 2 luglio 2004, n. 165, art. 2, lett. f, per il presidente e gli altri componenti della giunta regionale.

La ratio di tale disposizione, il cui scopo è di porre una causa tipizzata preclusiva della eleggibilità originaria del soggetto alla carica di sindaco, reputata ostativa all’espletamento del terzo mandato consecutivo, cui consegue la declaratoria di decadenza, è di evitare che si possa beneficiare del vantaggio di aver ricoperto per due volte consecutive la carica di sindaco al fine di conseguire di nuovo la carica (cfr. Cass. 6128 del 2015, 21865 del 2012). Si vuole in tal modo favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere dell’amministratore locale, in modo da spezzare il vincolo personale tra elettore ed eletto ed evitare il clientelismo (cfr. Cass. 11895 del 2006).

L’art. 53 TUEL stabilisce, al comma 1, che “in caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio (…)”.

I ricorrenti sostengono, in sintesi, che l’art. 53 TUEL non si applicherebbe al caso di specie, in quanto esso disciplinerebbe soltanto impedimenti sopravvenuti, ossia concretizzatisi nel corso della carica; inoltre, dall’influenza dei voti del sindaco sulla lista dettata dall’art. 71, commi 7 e 8 TUEL si ricaverebbe, indirettamente, la ineleggibilità anche dei candidati al consiglio comunale iscritti nella lista collegata, con sostituzione degli stessi quali candidati illegittimamente proclamati con coloro che hanno diritto di esserlo, a norma del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22, comma 12.

Tuttavia, come rilevato dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta, il divieto di cui all’art. 51, comma 2 TUEL, contiene in sè la sanzione in caso di violazione, che è rappresentata, nel caso in cui l’elezione venga convalidata, dalla declaratoria di decadenza. Ed infatti, questa Corte, chiamata a decidere quale possa essere la sanzione per “un fatto illegittimo per valutazione legale”, si è espressa nel senso che esigenze di “coerenza e ragionevolezza” impongono di concludere che tale fatto illegittimo “riceve il medesimo trattamento riservato dalla legge ad ogni altro caso di ineleggibilità, sia esso parimenti originario ovvero sopravvenuto (…) e quindi comporta per il candidato eletto nonostante il divieto la decadenza dalla carica”, che è un “ordinario e generale strumento di rimozione di posizioni non conformi a legge” (Cass. 11895 del 2006; in senso analogo, Cass. 2001 e 3383 del 2008).

L’azione popolare di cui all’art. 70 TUEL è il rimedio che consente, anche al prefetto (comma 2), ove l’elezione venga convalidata dal consiglio comunale (come accaduto nel caso di specie), di garantire la legalità, evitando che l’elezione del sindaco, sebbene contraria a legge, possa stabilizzarsi.

Ne consegue l’applicabilità dell’art. 53, comma 1, che prevede, in caso di “decadenza (…) del sindaco o del presidente della provincia”, che “la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio”, come correttamente deciso dalla Corte territoriale, senza possibilità di invocare il potere correttivo affidato al giudice in materia elettorale dal D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 22, comma 12, (“Il giudice, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo”). Ed infatti, come condivisibilmente affermato da questa Corte, “il sindaco dichiarato ineleggibile non può essere surrogato nella carica da altro candidato, primo dei non eletti in ordine di voti espressi, dal momento che la disciplina vigente in materia di composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali prevede, per il caso del venir meno delle condizioni di eleggibilità, il necessario ricorso a nuove consultazioni elettorali in ragione della spiccata rilevanza dell’elemento personale sottesa a tale scelta” (Cass. 16223 del 2020). Infondato è anche l’argomento secondo cui il citato art. 22 è norma speciale e successiva all’art. 53 TUEL, atteso che tale norma (art. 22) reitera pedissequamente il testo del D.P.R. n. 16 maggio 1960, n. 570, art. 84 come modificato dalla L. 23 dicembre 1966, n. 1147.

La questione della invocata (dai ricorrenti) illeggibilità derivata dei consiglieri comunali eletti nella lista del sindaco decaduto e della sostituzione degli stessi, quali candidati illegittimamente proclamati, con coloro che avrebbero diritto di esserlo, perde di rilievo immediato, in considerazione dello scioglimento del consiglio comunale e della necessità di nuove consultazioni elettorali per una causa di ineleggibilità concernente il sindaco e non altri. A tale riguardo, comunque, è corretta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui “la correzione del risultato, nella fattispecie, concerne la sola posizione del sindaco, di cui è dichiarata la ineleggibilità, ma non si spinge alla sostituzione del sindaco e di tutti i consiglieri eletti con candidati di altra lista”. La diversa opinione, che fa leva sul “rapporto di sostanziale integrazione tra candidato sindaco e rispettiva lista di consiglieri tanto “a monte” (al momento della candidature) quanto “a valle” (al momento del computo dei voti da attribuirsi alla lista stessa” (in ricorso, pag. 14, che richiama l’art. 71, commi 7 e 8 TUEL), conduce alla inammissibile creazione in via pretoria di una nuova ipotesi di ineleggibilità, non prevista dalla legge, legata al mero fatto di essere iscritti nella lista collegata al sindaco e non ad una ragione specifica inerente alla posizione dei singoli candidati. Questo esito non è giustificabile, alla luce del principio consolidato per cui le cause limitative del diritto, garantito costituzionalmente, all’elettorato passivo sono di stretta interpretazione, non essendo ammissibile una interpretazione estensiva delle norme limitative dell’elettorato passivo, per il loro carattere derogatorio al principio della libera accessibilità alle cariche elettive (cfr. Corte Cost. 130 del 2013, Cass. 21685 del 2012).

Con il secondo motivo i ricorrenti, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c., si lamentano della disposta compensazione integrale – e, dunque, della mancata liquidazione a loro favore – delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, che si assume erroneamente motivata per la parziale soccombenza delle parti.

Il motivo è infondato.

La regolazione delle spese di lite può avvenire alla stregua della reciproca parziale soccombenza che può comportare la compensazione totale o parziale. E’ principio consolidato che “la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2,), sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo” (cfr. Cass. 22381 del 2009, 901 del 2012, 21684 del 2013, 22871 del 2015, 3438 del 2016, 1013 del 2018).

Nella specie, come rilevato dal Procuratore Generale, il rigetto della domanda di correzione del risultato elettorale ha fatto sì che la domanda dei ricorrenti sia stata accolta solo in parte, di qui la non censurabilità della disposta compensazione delle spese. Ed infatti, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese, mentre qualora vi sia soccombenza reciproca è rimesso al giudice di merito il potere discrezionale, non sindacabile in sede di legittimità, di decidere quale delle parti debba essere condannata e se e in qual misura debba farsi luogo a compensazione, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (cfr. Cass. 19613 del 2017).

In conclusione, il ricorso è rigettato, con compensazione anche delle spese del giudizio di cassazione, in considerazione della novità e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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