Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 506 del 14/01/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/01/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 14/01/2010), n.506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22384/2008 proposto da:

LA FATTORIA NOVELLI DI TORQUATO NOVELLI & FRATELLI SOCIETA’

SEMPLICE

AGRICOLA, in persona del suo Amministratore e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO

FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato CONTESTABILE GIOVANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARTEI Roberto, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

MARITATO Lelio, ANTONIETTA CORETTI, LUIGI CALIULO, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 556/2007 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

4/07/07, depositata il 25/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..

La Corte d’appello di Perugia, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dalla “Fattoria Novelli”, società semplice di Novelli Torquato e Fratelli, contro l’Inps, diretta a conseguire la restituzione di contributi corrisposti a causa del mancato godimento della riduzione contributiva prevista in favore delle aziende agricole dal D.L. n. 536 del 1987, con riferimento al contributo dovuto per ogni dipendente al servizio sanitario nazionale. Deduceva, infatti, la cumulabilità di questo beneficio con le riduzioni contributive a favore delle aziende operanti in zone montane o svantaggiate, di cui l’azienda aveva usufruito.

La Corte osservava che la questione controversa era stata risolta dalla norma interpretativa di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44.

L’azienda agricola ricorre per cassazione con quattro motivi. L’Inps resiste con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Le questioni sollevate con il ricorso ormai sono state esaminate numerose volte da questa Corte, che le ha ritenute infondate con sentenze che hanno fatto applicazione del seguente principio di diritto: “In tema di agevolazioni e benefici contributivi previsti per le aziende agricole, non sono tra loro cumulabili, a norma della L. n. 67 del 1988, art. 9, comma 6, la riduzione contributiva prevista dal comma 5 dello stesso art. 9 (integrato dal D.L. n. 86 del 1988, art. 2, comma 6, convertito, con modificazioni, nella L. n. 160 del 1988, e poi sostituito dalla L. n. 537 del 1993, art. 11), in favore dei datori di lavoro del settore agricolo operanti in aree del territorio nazionale qualificate, in base ad apposite leggi, “territori montani” e “zone agricole svantaggiate”, e le riduzioni contributive previste dai commi 5 (sostitutivo della L. n. 64 del 1986, art. 14, comma 1) e del D.L. n. 536 del 1987, art. 1, comma 6 (convertito, con modificazioni, nella L. n. 48 del 1988) in favore, rispettivamente, dei datori di lavoro del settore agricolo operanti nei territori del Mezzogiorno e dei datori di lavoro del settore agricolo in genere. Una pluralità di convergenti criteri ermeneutica conduce al divieto di cumulo anche a prescindere dall’incidenza del sopravvenuto del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 326 del 2003, che, con norma di interpretazione autentica, ha interpretato l’anzidetto della L. n. 67 del 1988, art. 9, comma 6, nel senso del divieto di cumulo tra riduzioni contributive. Ne consegue che la questione di costituzionalità della norma di interpretazione autentica, di cui al citato art. 44, prospettata sotto il profilo della asserita violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, per l’incidenza sui giudizi in corso di norma con effetti retroattivi, deve ritenersi irrilevante nel giudizio “a quo”, giacchè la eventuale declaratoria di incostituzionale del predetto D.L. n. 239 del 2003, art. 44, comma 1, sarebbe priva di ogni concreta influenza circa l’interpretazione delle norme che trovano applicazione ai fini della decisione della controversia” (Cass. 21692/2008, 28271/2008 e altre).

Con le stesse decisioni si è rilevato che l’irrilevanza delle questioni di illegittimità costituzionale del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, si estende anche a quelle prospettabili sotto il profilo del non giustificato ricorso al decreto legge. Si è anche osservato, quanto al riferimento alle norme costituzionali di tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, di tutela dell’iniziativa economica privata e a favore delle zone montane, che dai relativi principi costituzionali non si desumono argomenti ermeneutici a sostegno di un possibile dubbio di legittimità costituzionale della ritenuta esclusione del cumulo dei benefici contributivi, in considerazione della indubbia discrezionalità del legislatore nel graduare i provvedimenti a favore delle zone montane (o di zone altrimenti svantaggiate) e del fatto che lo speciale regime circa la misura dei contributi dovuti dalle imprese agricole ivi operanti tutela queste ultime e il lavoro nelle stesse anche senza l’ulteriore vantaggio del preteso cumulo di benefici.

Sulla base del riportato principio e di queste ulteriori considerazioni, fatte proprie da tutta la più recente giurisprudenza in materia di questa Corte, il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.

Le spese vengono compensate in relazione della complessità delle questioni e della sostanziale coincidenza dell’epoca della proposizione del ricorso con quella della pubblicazione delle prime sentenza di questa Corte che hanno dato inizio all’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2010

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