Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5059 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 25/02/2020), n.5059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22454-2018 proposto da:

V.D., L.P., T.S.,

D.G.G., I.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

LUNGOTEVERE DEI MELLINI 3, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

ADRAGNA, rappresentati e difesi dall’avvocato LUDOVICO LA GRUTTA;

– ricorrenti –

contro

A.G.M., rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO

GALATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1121/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 25/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L.P., V.D., D.G.G., T.S. e I.G. hanno proposto ricorso articolato in due motivi (1: violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c.; 2: violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., e art. 115 c.p.c.), avverso la sentenza n. 1121/2018 del 25 maggio 2018 resa dalla Corte d’Appello di Palermo.

Resiste con controricorso A.G.M..

La causa ebbe inizio con domanda del 23 maggio 2012 di A.G.M., il quale convenne davanti al Tribunale Marsala L.P., V.D., D.G.G., T.S. e I.G., chiedendone la condanna a rimuovere i box/garage realizzati nell’area condominiale adibita a parcheggio dell’edificio di (OMISSIS), nonchè al risarcimento dei danni. Il Tribunale respinse le domande dell’attore. La Corte d’Appello, in riforma della prima sentenza, ha ordinato a L.P., V.D., D.G.G., T.S. e I.G. di rimuovere i box auto dall’area di parcheggio condominiale, dando per superati i limiti di cui all’art. 1102 c.c., in quanto una porzione cospicua dello spazio comune risultava occupata stabilmente con quei manufatti, con conseguente sottrazione dello stesso all’uso collettivo.

Il primo motivo di ricorso evidenzia che l’area condominiale in questione era stata destinata a parcheggio dal costruttore e che la realizzazione dei box non avrebbe affatto alterato tale destinazione, nè impedito agli altri condomini il pari uso. Il secondo motivo di ricorso censura il difetto di prova dell’impedimento o del disagio correlati alla chiusura dell’area mediante i box.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi.

La Corte d’Appello ha accertato in fatto, con apprezzamento spettante ai giudici del merito e sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che una porzione cospicua dell’area condominiale adibita a parcheggio dell’edificio di (OMISSIS), fosse stata occupata stabilmente dai box/garage realizzati dai ricorrenti, con conseguente sottrazione della stessa all’uso comune, e perciò violazione del principio stabilito dall’art. 1102 c.c..

La decisione della Corte di Palermo è conforme all’orientamento di questa Corte, secondo il quale i cortili (ed esplicitamente pure le stesse aree destinate a parcheggio, dopo l’entrata in vigore della L. n. 220 del 2012), rispetto ai quali manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, rientrano tra le parti comuni dell’edificio condominiale, a norma dell’art. 1117 c.c., (Cass. 8 marzo 2017, n. 5831), e la loro trasformazione, sia pure solo in parte, in un’area destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di box o autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, comporta sia un’alterazione della consistenza strutturale della cosa comune, sia una sottrazione della destinazione funzionale della stessa (Cass. Sez. 2, 21/05/1994, n. 4996; Cass. 9 dicembre 1988, n. 6673; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6817; Cass. 16 febbraio 1977, n. 697). Secondo sempre l’interpretazione di questa Corte, l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell’art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto. Pertanto, si è ritenuto che configuri un abuso agli effetti dell’art. 1102 c.c., altresì la condotta del condomino consistente nella stabile occupazione – mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura – di una porzione del cortile comune, poichè impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (Cass. Sez. 2, 24/02/2004, n. 3640; Cass. Sez. 6-2, 18/03/2019, n. 7618).

Peraltro, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, che è quello che lamenta il ricorrente nel secondo motivo, non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile neppure nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio).

Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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