Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5057 del 16/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 16/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 16/02/2022), n.5057
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32071-2020 proposto da:
INDUSTRIA CALCE CASERTANA SRL, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA 7, presso
lo studio dell’avvocato PASQUALE IANNUCCILLI, che la rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
INTESA SANPAOLO SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore,
domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA
CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA PACE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1086/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 10/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO
TERRUSI.
Fatto
RILEVATO
che:
la s.r.l. Industria calce casertana ha impugnato per cassazione la sentenza della corte d’appello di Napoli del 10 marzo 2020 che, in accoglimento del terzo motivo di gravame proposto dal Banco di Napoli (oggi incorporato da Intesa SanPaolo s.p.a.), ha riformato la decisione di primo grado, del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in ordine alla quantificazione della somma da restituire alla società, quale effettivo saldo (alla data di chiusura) del conto corrente da essa acceso presso l’istituto;
ha dedotto un solo motivo;
la banca ha replicato con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato una memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1284 e 1842 c.c., nonché della L. n. 154 del 1992, artt. 4 e 5, e del D.Lgs. n. 383 del 1993, art. 117 (cd. T.u.b.), in quanto la corte d’appello avrebbe erroneamente dedotto dalla inapplicabilità retroattiva della nuova disciplina bancaria ai contratti anteriormente sorti anche la inapplicabilità della disciplina dei tassi d’interesse alle obbligazioni sorte dopo il 1992; specificamente la corte del merito avrebbe errato nel ritenere che la mancanza della forma scritta del contratto costituisse il criterio in forza del quale dovesse applicarsi il tasso legale, non essendo prevista per tale fattispecie di nullità l’applicazione dei tassi sostitutivi di cui all’art. 117 T.u.b.;
II. – il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c.;
in tema di contratti bancari, questa Corte va ripetendo che le norme che prevedono la nullità delle clausole negoziali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, introdotte con la L. n. 154 del 1992, art. 4, poi trasfuso nel citato T.u.b., art. 117, non sono retroattive, al pari di quelle in materia di interessi usurari (sul che v. Cass. Sez. U n. 2467517); tale irretroattività opera anche per la previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale dettata dal legislatore (Cass. n. 34740-19, Cass. n. 28302-05);
III. – ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, la nullità di una singola clausola del contratto di conto corrente comporta la sua sostituzione con la disciplina prevista da norme imperative, qual è l’art. 1284 c.c., con applicazione degli interessi legali;
la corte d’appello di Napoli si è attenuta al principio (fatto proprio anche da Cass. n. 31934-19, citata nell’impugnata sentenza e non massimata), giacché ha rideterminato il saldo giustappunto semplicemente epurandolo dall’applicazione del tasso sostitutivo di cui all’art. 117 T.u.b., al posto di quello legale, e condividendo in tal senso il calcolo specificato nella consulenza della banca;
IV. – il ricorso non contiene argomenti tali da indurre a un mutamento di giurisprudenza;
le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.600,00 EURO, di cui 100,00 EURO per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022