Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5056 del 05/03/2018
Civile Ord. Sez. L Num. 5056 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: DE MARINIS NICOLA
ORDINANZA
sul ricorso 16591-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.E. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
4214
KL55:5C)
AIQ,
elettivamente demiciliato
n ROMA, VIA
P. EMILIO 57, presso lo studio dell’avvocato ENRICO
PICCHIARELLI, che lo rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 05/03/2018
avverso
la
sentenza
n.
4185/2011
della
CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/06/2011 R.G.N.
9802/2007.
RILEVATO
che, con sentenza del 28 giugno 2011, la Corte d’Appello di Roma,
confermava la decisione resa dal Tribunale di Viterbo ed
accoglieva la domanda proposta da Fabio Russo nei confronti di
Poste Italiane S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di nullità
del contratto a termine concluso tra le parti relativamente al
in concomitanza di assenze per ferie” ai sensi dell’art. 8 del CCNL
del 26.11.1994 e dei successivi accordi integrativi, sancendo la
conversione a tempo indeterminato del rapporto, la riammissione
in servizio ed il diritto al risarcimento del danno commisurato alle
retribuzioni maturate dalla data di messa in mora;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa
ritenuto infondata l’eccezione di risoluzione del rapporto per
mutuo consenso; illegittimo il contratto per il giudicato a riguardo
formatosi in ragione della mancata impugnazione della statuizione
del giudice di primo grado che in tal senso si era pronunciato
motivando in relazione al superamento del limite temporale, 30
aprile 1998, di operatività della clausola collettiva ammissiva della
facoltà di assunzione a termine; preclusa, per effetto
dell’intervenuto giudicato interno, l’applicabilità dello
ius
superveniens;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando
l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il
Russo;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, comma 1, 1175,
1375, 2697, 1427, 1431, c.c. e 100 c.p.c., lamenta la non
conformità a diritto della statuizione resa dalla Corte territoriale in
ordine all’eccezione relativa alla risoluzione del rapporto per
mutuo consenso;
periodo 5.7/30.9.2000 “per necessità di espletamento del servizio
-
che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di motivazione in
una con la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., la
Società ricorrente deduce l’incongruità logica e giuridica dell’iter
valutativo in base al quale la Corte territoriale è giunta a ritenere
non impugnata la statuizione del giudice di prime cure circa
l’illegittimità della causale giustificativa dell’apposizione del
questione;
–
che, nel terzo motivo, rubricato con riferimento al vizio di
motivazione e alla violazione e falsa applicazione dell’art. 32, I. n.
183/2010, la medesima censura è prospettata con riferimento alla
statuizione in base alla quale la Corte territoriale ha ritenuto
essersi formato il giudicato interno sulla questione concernente le
conseguenze
sanzionatorie
della
dichiarata
nullità
con
conseguente preclusione dell’applicazione dello ius superveniens;
–
che il primo motivo deve ritenersi palesemente infondato alla luce
del consolidato orientamento di questa Corte, di recente ribadito
dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 27.10.2016, n.
21691, secondo cui la mancata impugnazione della clausola
appositiva del termine viene considerata indicativa della volontà di
estinguere il rapporto di lavoro tra le parti a condizione che la
durata di tale comportamento omissivo sia particolarmente
rilevante e che concorra con altri elementi parimenti significativi
della predetta volontà abdicativa, così che la stessa risulti in modo
univoco, valutazione questa rimessa al giudice del merito e, se,
come nel caso di specie, congruamente motivata, avendo la Corte
territoriale in effetti congruamente motivato circa l’irrilevanza
degli elementi ulteriori dedotti dalla Società ricorrente, sottratta al
sindacato del giudice di legittimità;
–
che parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo stante la
genericità dell’impugnazione, risoltasi nella domanda di integrale
riforma della sentenza gravata, senza riferimento alcuno alle
termine e così precluso, per effetto del giudicato, l’esame della
argomentazioni poste a fondamento della pronunzia medesima e,
dunque, in carenza dell’esposizione delle ragioni della proposta
censura;
che, di contro, il terzo motivo merita accoglimento alla luce del
principio accolto da questa Corte a sezioni unite (cfr. Cass., sez.
un., 27.10.20169 secondo cui, ove sia stato proposto appello,
l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, non è
configurabile il giudicato in ordine al capo concernente le
conseguenze risarcitorie , legato al primo da un nesso di causalità
imprescindibile, atteso che in base al combinato disposto degli
artt. 329, comma 2 e 336, comma 1, c.p.c., l’impugnazione nei
confronti della parte principale della decisione impedisce la
formazione del giudicato interno sulla parte da essa dipendente;
che, dunque, respinti gli altri motivi di ricorso, va accolto il terzo e
la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di
Roma, in diversa composizione, la quale dovrà limitarsi a
quantificare l’indennità spettante ex art. 32 cit. per il periodo
compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del
provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione
del rapporto di lavoro (cfr. per tutte, Cass. n. 14461/2015) con
interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi dalla data
della pronuncia giudiziale dichiarativa dell’illegittimità della
clausola appositiva del termine (cfr., per tutte, Cass. 3062/2016),
disponendo altresì per l’attribuzione delle spese del presente
giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa
la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’Appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso i
a camerale del 26 ottobre 2017
sebbene limitatamente al capo della sentenza concernente